Lettera aperta a Mario Monti – di Stefano Davidson

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31 genn – Questa mia inizia subito con un problema non di poco conto, mi chiedo infatti quale dovrebbe essere la prima parola con cui partire.

In tutta sincerità, considerato il suo agire (e la minuscola in “suo” non è casuale) faccio fatica a pensare ad un “Egregio” poiché le qualità espresse da questa parola, che significa nobile o insigne, non le ritrovo affatto né nel suo modo di concepire l’etica, né la morale e tantomeno trovo qualcosa che possa essere così definito nel suo operato.
“Caro”, mi permetta ma non potrei utilizzarlo nemmeno sotto tortura, salvo che non ci si voglia rifare all’accezione del termine in senso avverbiale di “costoso” “di alto prezzo” dato quel che effettivamente la sua presenza al governo (e anche in questo caso la “g” minuscola è d’obbligo) è costata agli italiani in tutti i sensi.
“Gentile” mi parrebbe altrettanto una presa in giro, poiché salvo nei modi affettati, assolutamente costruiti e sostanzialmente freddi dovunque e comunque, non si può certo trovare traccia di gentilezza in lei, direi piuttosto l’opposto “indifferente” “duro”, quando poi non tocca i suoi picchi di presunzione e autocelebrazione narcisistica.
“Spettabile”, che a prima vista mi parrebbe buono, visto che solitamente si rivolge a un ente, e lei proprio quello mi pare essere, a un secondo e più attento esame è assolutamente impossibile da utilizzare, visto e considerato che altro non è che l’ abbreviazione di rispettabile.

Perché vede Monti, personalmente non solo non la rispetto, ma la disprezzo per quanto ha fatto al mio Paese (che sarebbe anche il suo ma mi pare non abbia mai dimostrato di amarlo nemmeno minimamente. Addirittura le ferie in Engadina, suvvia!!!) senza la minima remora, sapendo perfettamente cosa stava facendo e, nonostante ciò, continuando a farlo, considerando i suoi concittadini (perché questo all’anagrafe purtroppo risultiamo essere) solo carne da macello per gli interessi suoi e di chi ovviamente e palesemente le tira i fili.
La rispettabilità la si acquisisce con i propri comportamenti, con il proprio agire, dettato da etica e morale (per  lei “queste sconosciute”), e nel corso della sua brillante carriera, tra un cocktail al Club Bilderberg, un pranzo all’Aspen Institute e un brunch alla Trilaterale, lei sicuramente non l’ha acquisita. O meglio, sicuramente sarà considerato rispettabile, ma solo tra i membri della sua specie che con quelli della mia, e di quella della maggior parte della popolazione mondiale non hanno nulla a che vedere.

“Illustre”, ovvero l’aggettivo con cui qualificare chi gode di grande fama e notorietà per i suoi meriti e il suo valore penso proprio che sia nuovamente da evitare poiché, a parte lo scempio del suo Paese appena perpetrato, ricordo che alla fine degli anni ottanta lei era già lì, tra i politici a giocare a fare il “tecnico” e che fece parte dello staff dell’allora ministro del bilancio Paolo Cirino Pomicino. Tra il 1989 e il 1992, infatti, fu proprio lei tra i principali artefici dell’exploit dell’allora Ministero del Bilancio che causò l’esplosione del debito pubblico italiano portandolo dal 97,6 al 110,3%. In soldoni portandolo da 553 miliardi, 140 milioni e 900 mila euro attualizzati ad oggi, ai 799 miliardi, 500 milioni e 700 mila euro del giugno 1992.

La differenza assoluta fu  un incremento di 246 miliardi, 359 milioni e 800 mila euro. In termini percentuali la crescita del debito pubblico sotto i saggi consigli di Monti fu del 44,53% in tre anni, ed è fra i record assoluti della storia della Repubblica italiana.

Nel suo curriculum ufficiale (Università Bocconi, UE) e nemmeno sul sito Internet del Senato, v’è alcuna traccia di questa collaborazione (e tra l’altro fu membro di tre commissioni di rilievo, quella sul debito pubblico, quella sulla spesa pubblica e nel comitato scientifico della programmazione economica!). Sa spiegare come mai? Una dimenticanza di quegli sbadati dei suoi curatori d’immagine? Quelli che le consigliano una pettinatina sempre prima di andare in onda?
O forse la rispettabilità l’ha ottenuta nel 1999 quando è stato costretto, nella sua qualità di Commissario europeo sotto la presidenza Santer, a dare le dimissioni “per l’accertata responsabilità collegiale dei Commissari nei casi di frode, cattiva gestione e nepotismo” messi in luce dal Collegio di periti nominato appositamente dal Parlamento Europeo. Si ricorda la relazione di 140 pagine fatta dai Saggi (Andrè Middelhoek presidente, Inga Brit Ahlenius, Juan Antonio Carrillo-Salcedo, Pierre Lelong e Walter Van Gerven componenti) al Parlamento che, nonostante la prudenza del linguaggio ufficiale, avrebbe fatto paura anche ad Andreotti?

Immagino ricordi che in quella relazione si parla (tengo il verbo al presente indicativo perché è ancora agli atti) infatti dell’assoluta mancanza di controllo nella “rete di favoritismi nell’amministrazione”, di “ausiliari esterni” e di “agenti temporanei”, di “minibilanci espressamente vietati dalle procedure amministrative”, di “numerosissimi esterni fuori bilancio, ben noti all’interno della Commissione con il soprannome di sottomarini”, che operano con “contratti fittizi”, dietro “raccomandazioni e favoritismi”; di abusi che hanno comportato, con il sistema dei “sottomarini” l’erogazione non controllata di oltre 7,000 miliardi nell’ambito dell’Ufficio Europeo per gli Aiuti umanitari d’Emergenza (miliardi usciti dalle nostre tasche, naturalmente, e che dovevano andare, ma non ci sono arrivati se non in minima parte, ai bambini della Bosnia e del Ruanda che morivano di fame).
E questo c’è nel suo curriculum?

O forse c’è solo il salvagente che le fu lanciato dalla successiva Commissione, con presidente Romano Prodi, che le riconsegnò il posto di Commissario?
Cosa c’è di strano dirà lei del resto sono cose che succedono abitualmente nell’onestissimo ambito delle nostre istituzioni politiche. I semplici cittadini vanno sotto processo per gli ammanchi, o come minimo perdono l’incarico, lei no viene richiamato, salvato, richiamato, nominato Presidente del Consiglio… mah!

L’unico aggettivo che mi verrebbe in mente sarebbe “Banch.” (ovviamente da “Banchiere”, anche se lei effettivamente non lo è direttamente. Ma, suvvia, in fondo con un papà direttore di banca ed essendo pure nipote del banchiere pubblico Raffaele Mattioli, non sarebbe nemmeno così strano se venisse definito così. Se poi ci aggiungiamo i suoi trascorsi Goldman & Sachs, e quelli del figliuolo Giovanni che è stato addirittura vicepresidente della  Morgan Stanley, alla quale tra l’altro il 3 Gennaio 2012  ha fatto incassare un diluvio di quattrini, per la precisione 2 miliardi e 567 milioni di euro, dalle casse del Tesoro (nostro) senza che il governo italiano da lei presieduto (ad avviso di  molti, me compreso, incostituzionalmente e proditoriamente) abbia mai fornito alcuna spiegazione, e senza che i media (i soliti carissimi, collusissimi media) abbiano mai indagato, né chiesto alcunché, né sulla gestione delle operazioni in derivati da parte del Tesoro, né sul motivo per il quale tra tanti creditori si sia scelto di onorare il debito proprio con la Banca d’affari di cui suo figlio era stato vicepresidente.) Ma “Banch” non si può usare, pare non esista ancora come possibile appellativo, forse lo introdurrà Mario Draghi da qui a poco.
Capisce quindi perché già l’inizio di questa lettera per me sia così ostico?
Alla fine però in qualche modo si dovrà pure iniziare, e allora propendo per un asettico (come lei)

“all’attenzione di Mario Monti.”

Non mi chieda però di mettere “cortese attenzione” perché della sua cortesia nella lettura non può interessarmene di meno e, soprattutto, non mi chieda si mettere Sig. davanti al suo nome perché “signori”, un’altra volta, bisogna dimostrare di esserlo “sul campo”, nella vita quotidiana, e lei mi pare che di signorilità ne abbia ben poca. Perché dico questo? Mah, magari perché subito dopo aver varato la sua perla incostituzionale chiamata Imu sulla prima casa lei, come ci ricorda Franco Bechis, si è regalato una splendida proprietà sul lago Maggiore. Così mentre i suoi connazionali sceglievano come tirare la cinghia volenti o nolenti, lei insieme alla sua famiglia decideva di mettere mano al portafoglio

Il 24 marzo scorso infatti davanti al notaio Renato Giacosa di Milano ha acquistato intestandola ovviamente ai figli Giovanni Emilio Paolo e Federica Maria e riservandone l’usufrutto a sua moglie Elsa Antonioli la metà di una bella tenuta che la sua famiglia già da tempo abitava nei week end e nei periodi di vacanza a Lesa, sul lago Maggiore. Due ville separate e un villino di dependance, più un bell’appezzamento di terreno: circa tre ettari e mezzo di bosco ceduo e altri tre ettari e mezzo classificati come «vigneto». La tenuta oltretutto apparteneva alla famiglia di suo suoceri, che la lasciò in eredità alle due figlie: Elsa e Donata Beatrice, di cinque anni più giovane. È stata tenuta in comproprietà per lunghi anni, ma abitata di fatto dalla sua famiglia che gli stessi abitanti di Lesa conoscono da tempo e vedono ogni tanto la domenica a messa (mi raccomando teniamoci buono il clero, affamiamo una nazione ma l’ostia consacrata guai a negarsela!) quando sono da quelle parti.

Purtroppo con la stangata Imu da lei introdotta, per sua cognata Donata Beatrice si è fatto troppo oneroso mantenere il 50% della proprietà di un complesso immobiliare per altro non abitato dalla stessa se non saltuariamente. Così ha chiesto e ottenuto di vendere la sua quota ai comproprietari. Lei considerato che era già pieno di case e uffici a lei intestati sia a Milano che a Varese, ha scelto così di dividere in parti uguali il 50% appena acquistato fra i suoi due figli, riservando ad Elsa (e quindi di fatto a lei stesso) l’usufrutto. La sua signora  aveva per altro fatto accenno alla sua quota di proprietà della casa ereditata dalla famiglia nella dichiarazione di redditi e patrimonio recentemente depositata insieme a lei in Parlamento. Con grande sobrietà di linguaggio la signora Elsa l’aveva definita così: «Il 50% di casa di campagna con giardino a Lesa (Novara)».
La casa è certo di campagna, perché è subito alle spalle del Lago Maggiore, le cui rive si vedono bene dalla tenuta. Ma non è esattamente una casetta: le due ville hanno rispettivamente 14,5 e 10 vani (con la sua riforma del catasto sapremo anche i metri quadri effettivi). La dependance classificata come abitazione in villino ha invece 3,5 vani. I quasi sette ettari fra bosco e vigneto classificati al catasto sembrano a dire il vero qualcosina in più di un giardino. Complessivamente la tenuta dei Monti è forse meno prestigiosa, ma non è molto più piccola di quella che a mezzo chilometro di distanza si è scelto nel 2009 sulle rive del lago (nella parallela strada del Sempione) l’allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.

La cosa divertente (per lei, ovviamente, solo per lei) è  che la rendita catastale sul semplice appartamento di sua figlia Federica a Milano Fiera è superiore a quella – modesta – dell’intera nuova tenuta Monti sul lago Maggiore. Roba da matti eh?

Vede Monti, con i propri concittadini costretti a vendersi le case, i gioielli di famiglia, a chiudere le imprese a causa della sua operazione “austerità” non mi pare sia stato molto da “signore” un comportamento del genere, forse da “signorotto” o magari da “feudatario”. E non cito altri episodi per puro spirito di carità, cosa a lei assolutamente sconosciuta.
Per cui come detto:

all’attenzione di Mario Monti

quattro domandine semplici semplici, senza entrare in argomenti che puzzano di zolfo quali massonerie, skulls and bones, Bilderberg, NWO e altre cose da “maledetti complottisti”:

A) mi piacerebbe molto che spiegasse agli italiani come lei possa ritenere di aver risollevato le sorti del Paese e lo sbandieri in campagna elettorale quando i dati ufficiali parlano di:

1)      Calo abissale della produzione industriale da – 4,05 a – 5,07 (- 1,2)

2)      calo vertiginoso del pil da  – 0,51 a – 2,56 (- 2,05)

3)      crollo dei consumi della famiglie da – 1,59 a -3,69 (-2,10)

4)      calo delle retribuzioni da 1,48 a 1,38 (- 0,10)

5)      diminuzione dei mutui erogati per l’acquisto di prime case da -31,30 a -50 (- 18,70)

6)      diminuzione dei prestiti alle famiglie da 618,49 mld a 610,2 mld

7)      diminuzione dei prestiti alle aziende. Da 894 mld a 875,9 mld

8)      Aumento esponenziale della disoccupazione dal 9,30 al 10,80 (+ 1.50)

9)      Aumento clamoroso (soprattutto vista la “politica del rigore” che neanche Evaristo Beccalossi avrebbe gestito così) del debito pubblico da 1.916.401.800.000 a 2.023.306.874.412 (nel momento in cui scrivo)

10)  Rapporto debito pubblico su Pil che si avvia a toccare il massimo storico del 127,5% ( il record resisteva dal 1995!) con una crescita dell’1,3 per cento in più rispetto al trimestre scorso e il 7,4 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2011

Qualcuno credeva che il “cacciaballe” per eccellenza fosse solo il Cavaliere ma ora dovrà ricredersi e cominciare a stilare delle classifiche (io no, per la verità, sapevo perfettamente delle sue doti da fuoriclasse in questo settore, del resto come dimenticare il ritorno trionfante da Bruxelles a Luglio scorso, le dichiarazioni e i fatti subito susseguenti?)

B) Quando ha ratificato il MES ed il Fiscal Compact, assieme ai suoi complici in parlamento, come mai NON ha minimamente considerato che queste trappole che ci porteranno ad anni e anni di debiti nei confronti di chi vorrà imporceli, erano invece da rigettare poiché in netta violazione della Costituzione Europea? Già, questo poiché, come ha sottolineato l’eminente giurista Giuseppe Guarino, il Trattato sulla stabilità è in realtà, giuridicamente un accordo di diritto internazionale tra stati. Quindi non ha per l’Unione europea forza di diritto costituzionale pari a quella dei precedenti trattati. Questa soluzione è quindi stata usata come uno stratagemma per aggirare il fatto che non avevano la possibilità di riformare il Trattato dell’Unione europea, per l’opposizione della Gran Bretagna e della Bulgaria.

Ora, la vera sostanza del trattato sulla stabilità sta nell’articolo 3 nel comma A, dove dice: “la posizione delle pubbliche amministrazioni è in pareggio o in avanzo”.Che rappresenta il principio che poi è stato (indebitamente ndr) recepito nella nostra Costituzione.

Però, proprio in base a questo, se leggiamo l’articolo 2 del trattato sulla stabilità ci accorgiamo che esso dice: “il presente trattato si applica conformemente ai trattati su cui si fonda l’Unione e il diritto dell’Unione europea. La stessa cosa la ribadisce pure nel comma successivo, che dice: il presente trattato si applica nella misura in cui è compatibile con i trattati e il diritto europeo”. Caso forse unico: lo stesso concetto è ripetuto due volte.

Ma qui nasce un enorme problema di compatibilità poiché il succitato Trattato sull’Unione altro non sarebbe che il Trattato di Lisbona, del 2009, che recepisce letteralmente il Trattato di Maastricht.

E cosa dice questo rispetto alle politiche di bilancio?

Fissa i famosi parametri del 3% nei deficit di bilancio e del 60% nel debito pubblico.

QUINDI FISSARE UN OBBLIGO DI PAREGGIO O ATTIVO IN BILANCIO, CHE VUOL DIRE DEFICIT ZERO, È CONTRARIO ALLE DISPOSIZIONI E AL DETTATO DEL TRATTATO DELL’UNIONE.

Quindi non si può e non si deve applicare. “Ex ore tuo”, come dicono i giuristi, cioè in base a ciò che il trattato sulla stabilità stesso dice, quando dice che si applica solo in quanto conforme ai Trattati dell’Unione.

E ciò sarebbe già sufficiente per buttare questo delirio di un Fiscal Compact in un cestino.

Ma c’è dell’altro e riguarda nientepopodimeno che il diritto europeo, l’altra fonte di diritto nominata nel Trattato di stabilità. Si riferisce cioè ai regolamenti europei che sarebbero l’equivalente delle leggi ordinarie, che hanno comunque forza giuridica inferiore ai trattati.

Ça va sans dire anche a questo riguardo c’è un’evidente incompatibilità. Poiché l’ultimo atto legislativo esistente e a cui fa riferimento, lo stesso Trattato di stabilità è il regolamento 1175 del 16 novembre 2011. Ora se si analizza il comma 8 della premessa si legge che: “vista l’esperienza acquisita e gli errori commessi nei primi dieci anni.” Il che significa che questo regolamento sostituisce un regolamento anteriore, quello n. 1466 del 1997. E anche in quel caso, un’altra volta surrettiziamente – illegittimamente si potrebbe dire, perché in violazione con il Trattato – si era introdotta la stessa prescrizione sul bilancio in pareggio o in attivo. Cioè fu applicata una forzatura che si impose allora ai Paesi in difficoltà con il rispetto dei parametri, che erano in attesa dello scrutinio per l’ingresso nell’euro, in programma per il giugno del 1998.

Poi però per “magia” visti gli errori, come dice quella premessa – che va tradotto come: visti i problemi di stagnazione che stava producendo –  con il regolamento del 2011 quel riferimento al pareggio e all’attivo di bilancio vennero eliminati.

DUNQUE, ANCORA UNA VOLTA, QUEL PAREGGIO DI BILANCIO È INCOMPATIBILE, ANCHE CON IL DIRITTO EUROPEO IN VIGORE. UNA SECONDA RAGIONE PER CESTINARLO!!! PERCHE’ LEI NON LO HA FATTO SANTIDDIO??? (Non c’è bisogno di rispondere, lo sappiamo perfettamente.)

C) Sarei curioso di sapere come mai lei oltre che ignorare la celebre frase di Winston Churchill (che sicuramente era mooolto più statista di lei) “Una nazione che si tassa nella speranza di diventare prospera è come un uomo in piedi in un secchio che cerca di sollevarsi tirando il manico!”

ha avuto il coraggio di definire “affascinanti” i 13 mesi del suo governo (g minuscola), vorrei capire cosa c’era di AFFASCINANTE nello sguardo di chi perdeva il lavoro per colpa di una politica suicida, VOLUTAMENTE SUICIDA, criticata dai massimi economisti del pianeta, compresa una larga schiera di premi nobel per l’economia (Robert Solow Nobel per l’economia nel 1987, «per i suoi contributi alla teoria della crescita economica», Amartya Sen Nobel per l’economia nel 1998, per  aver messo in discussione per primo la classica economia del benessere, introducendovi un fattore fino ad allora inspiegabilmente ignorato: quello umano, Eric Maskin 2007  Nobel per l’economia per i contributi alla teoria sull’allocazione delle risorse in ambiente incerto, Gary Becker Nobel per l’economia nel 1992, per aver esteso il dominio dell’analisi microeconomica a un ampio raggio di comportamenti e interazioni , Jospeh Stiglitz Nobel nel 2001 per il suo contributo alla teoria delle “asimmetrie informative” e  Paul Krugman Nobel per l’economia nel 2008  per la sua analisi degli andamenti commerciali e del posizionamento dell’attività economica ) i quali da sempre hanno sostenuto ad esempio che:
A)    tutta questa austerità è la negazione della crescita. Serve invece un programma di stimolo.

B)    Pensare di risolvere il problema con l’austerity è un miraggio: questa crisi non è un problema statale e pensarla come tale riflette una debolezza di pensiero

C)    Ciò che stiamo soffrendo è la conseguenza di risposte inadeguate alla crisi. Il miglior modo di tagliare il deficit è di avere crescita economica

D)    La politica di austerità è stata introdotta in Europa troppo presto. Prima bisogna stimolare la crescita, poi pensare all’equilibrio di bilancio

E)     La politica dell’austerity è stata un fallimento: non solo non ha risolto la crisi dell’Eurozona, ma ha minato la partecipazione dei cittadini creando disaffezione verso la politica e le istituzioni

F)     Pur venendo dalla scuola di Chicago ed essendo un sostenitore della responsabilità fiscale, mi rendo conto che  a questo punto è chiaro che la ripresa non può venire con i tagli. La crescita va messa prima dell’austerità

G)    Nessuna grande economia si è rialzata da una crisi con un piano di austerity: sarebbe un disastro sia per l’Europa che per gli Stati Uniti

H)    Io non sono un socialista. Non ho nulla contro i soldi, tantomeno odio i ricchi. Voglio solo che paghino più tasse del ceto medio.

Ai quali lei dall’alto della sua presunzione non ha mai voluto dare ascolto nemmeno per un secondo.

(Non c’è bisogno che risponda, lo sappiamo tutti come ragiona il suo cervello da economista burocrate servo dei servi del denaro)

C) Considerata la sua reazione decisamente bellicosa con minaccia di querele a destra e a manca nei confronti di chi l’ha pubblicamente insultata sul web, dopo che lei ha avuto la splendida idea (complimenti si serve di veri geni della comunicazione!) di aprire un profilo Facebook, le chiedo: ma è più grave ricevere un insulto (per altro a mio avviso più che meritato visto il suo operato sopradescritto) o una denuncia penale?

Già, perché la sua reazione a delle semplici parole mi pare esagerata considerando che non ne ha avuta nessuna nei confronti delle centinaia di persone che l’hanno denunciata a varie Procure della Repubblica per la violazione degli artt.

241 c.p. attentato contro l’integrità, l’indipendenza o l’unità dello Stato;

270 c.p. associazioni sovversive;

283 c.p. attentato contro la Costituzione dello Stato;

287 c.p. usurpazione di potere politico;

289 c.p. attentato contro gli organi costituzionali;

294 c.p. attentato contro i diritti politici del cittadino;

304 c.p. cospirazione politica mediante accordo;

305 c.p. cospirazione politica mediante associazione.

con le aggravanti qui di seguito specificate:

1)      che il costrutto criminoso di cui si parla è interamente volto al profitto di oligarchie private il cui preciso interesse è di distruggere le conquiste democratiche, nel senso dei poteri sovrani di popoli e Stati, scaturite da oltre sue secoli di progresso umanistico e sociale in Europa. Tali oligarchie sono identificabili nei poteri Neomercantili industriali in particolare di Francia e Germania, nell’industria della speculazione finanziaria degli Hedge Funds europei e statunitensi, nei Vulture Funds europei e statunitensi, nelle maggiori banche d’investimento internazionali, nelle agenzie di Rating, nelle multinazionali dei servizi europee e statunitensi, negli investitori cosiddetti ‘nuovi rentiers’ che speculano sulla privatizzazione dei servizi essenziali per i cittadini et al.

2)      che il costrutto criminoso di cui si parla ha portato e sta portando a un preordinato impoverimento di milioni di famiglie, secondo le politiche oligarchiche cosiddette della Spirale della Deflazione Economica Imposta, meglio note ai cittadini come Politiche di Austerità. Tali politiche sono denunciate ai massimi livelli dell’accademia e persino dalla massima stampa finanziaria come veri suicidi economici, le cui conseguenze sono inenarrabili sofferenze umane di disoccupazione, sottoccupazione, scardinamento sociale delle nazioni, deterioramento della salute, aumento del crimine, dei conflitti sociali, quindi deterioramento della democrazia costituzionale. I destini di milioni di esseri umani vengono così artatamente e criminosamente consegnati a un futuro di servitù per l’esclusivo profitto di oligarchie predatrici, configurandosi ciò in un vero e proprio crimine sociale di proporzioni storiche.

Che ci sia forse il timore di entrare in un’aula di tribunale con gente che presenta carte e documenti ufficiali come prove mentre tutta la stampa registra, scrive e riprende? Mah?

D) Un ultima domanda un po’ leziosa, ma che mi incuriosisce perché mette in risalto l’effettiva mancanza di cultura (salvo forse quella economica, quella dei numerini, quella che ha portato come massimo sviluppo nella conoscenza umana all’esplosione dei derivati, degli Hedge fund e quant’altro, quella dei soldi virtuali sganciati da ogni normale giustificazione materiale nella loro esistenza, quella dei bit che trasmettono “nulla” da banca a banca che come per magia si trasforma in denaro): quando ebbe l’ardire di definirsi “statista” (in Russia l’estate del 2012 per la precisione), e scomodò persino De Gasperi esclamando compiaciuto che: “un politico guarda alle prossime elezioni, uno statista alle prossime generazioni” era al corrente (ma ne dubito, visto che la sua cultura probabilmente di umanistico ha la stessa percentuale che lei ha di umano) che la frase non è del nostro primo Presidente del Consiglio, bensì del politico americano James Freeman Clarke (1810– 1888) “A politician thinks of the next election; a statesman of the next generation. A politician looks for the success of his party; a statesman for that of the country”, “Daily Gazette”, 1870 ?

In conclusione, io capisco che a lei dei libri di Storia non gliene può interessare di meno, e che la storia la scrivono i vincitori e quindi, se riuscirete nel vostro intento tutto ciò “sparirà come lacrime nella pioggia”, anzi: “sparirà come le lacrime di chi ha perso un marito o un figlio suicida a causa della crisi, da lei forzata ai massimi livelli, assorbite dall’aridità dei cuori come il suo e di quelli come lei”, ma sappia che comunque ciò che ha fatto e sta facendo sarà tramandato, magari solo oralmente, e la gente lo ricorderà, ah se lo ricorderà! Credo che questo fatto sarà la sua più grande sconfitta, considerato il suo narcisismo e la sua necessità di credersi qualcuno quando altro non è (e nel suo intimo lo sa benissimo) che un burattino servo della peggior specie di umanità che da sempre abita il nostro pianeta. Per noi comunque sappia che sarà sempre e solo un traditore dell’Italia, sarà colui che ha permesso l’affondamento del nostro Paese senza muovere un dito anzi, spingendo la testa dei suoi compatrioti sott’acqua ogni volta che cercavano di prendere aria.
Sarà ricordato come il Kapò della Repubblica italiana, come quello che ha innalzato alle frontiere del nostro paese cancelli di ferro con la scritta:

“Sparmaßnahmen macht frei” (“L’austerità economica rende liberi”)

Contento lei!

Saluti

Stefano Davidson  www.ioamolitalia.it