Caro Ferrara, sono anch’io un italiano che “rigetta Monti” e le spiego perché

(*La lettera aperta di Giovanni Formicola è indirizzata al direttore del Foglio, Giuliano Ferrara)

vampiro

Gentilissimo Signor Direttore*,

sono anch’io un “italiano panciafichista [per vero lavoro dal 1980 ininterrottamente, inoltre faccio il padre di cinque figli e il responsabile regionale di un’associazione: almeno tre lavori] e cazzone [questo può essere, se non ho pagato l’IMU perché non ho nulla per cui pagare] che vota [purtroppo anche quest’anno in mancaza di meglio] Berlusconi”. E poi che “rigetta Monti”. Ma non come oggi Lei pretende “per timore delle riforme, delle liberalizzazioni”, eccetera eccetera.

No Signor Direttore. E’ vero proprio il contrario.

Lo rigetto, proprio perché le riforme non le ha fatte – in particolare la riforma delle riforme: la riduzione dello Stato e della sua spesa ai minimi termini (ed invece ne ha ampliato il potere e la presenza a dismisura, trasformandolo in Stato non ideologicamente, ma fiscalmente totalitario) – e quelle che ha fatto sono pessime e risibili insieme, come la riforma del lavoro, che invece di eliminare lacci e lacciuoli li ha moltiplicati. E ciò nonostante l’enorme potere di cui godeva, lo stato di soggezione della classe politica, il sostegno unanime del sistema mediatico nazionale e internazionale, e il consenso bancario-europeo.

Lo rigetto, perché non mi sento in niente liberalizzato, ma ancora più gravato di divieti e di obblighi. Come il divieto di usare denaro (ma che è, droga, che deve circolare clandestinamente?). Come l’obbligo di pagare – le banche e le società che gestiscono carte di credito – per pagare ed essere pagato; di assicurarsi per forza, per questo e per quello; di conservare scontrini, fatture e ogni altra specie di cartacce del genere, perché siamo tenuti a dar conto di ogni passo della nostra vita; di pagare una sanzione pecuniaria annua quando si è commesso il delitto di possedere una, due, tre, cento case, o un’autovettura (che un giorno varrà meno dell’importo del pizzo annuo che si deve per essa allo Stato), o addirittura un televisore. E potrei continuare per pagine e pagine.

Lo rigetto, perché oggi ha definito “gloriosa” la storia, infame come tutte le storie di tutti i partiti comunisti, del Pci.

Lo rigetto, perché ha dichiarato guerra a quel friedmaniano eroe civile che è l’evasore – contro il quale vorrebbe scatenare i due minuti d’odio -, quando è solo difensore della libertà, del risparmio e del futuro dei propri figli, che cerca di sottrarre alle grinfie dello stato, che pretende lavori gratis sei, sette, otto, nove mesi all’anno per lui.

Lo rigetto, perché, come se il governo italiano che nell’occasione rappresentava stesse al di sopra del Vicario di Cristo, s’è rifiutato d’inchinarsi davanti al Papa e di baciargli l’anello.

Lo rigetto, perché ha fatto lega con due figuri della politica nazionale e perché non intende prendere posizione sui principi non negoziabili, in perfetta sintonia con il suo sodale preferito, un altro cattolico fai da te, a tutt’altro interessato fuorché alle priorità indicate dalla Chiesa e dal suo supremo magistero.

Lo rigetto, perché è al servizio di un’Europa che ha rifiutato le radici cristiane e usa la sua cupa burocrazia – bancaria, giudiziaria e amministrativa – per togliere sovranità ai popoli, ma soprattutto ai principi della civiltà. Mi riferisco alla tutela della vita, della normalità familiare, della libertà d’educazione, in un quadro di libertà religiosa ed economica, quest’ultima fondata sul diritto di proprietà, che non si può nullificare con una tassazione selvaggia che colpisca il reddito, il risparmio, il patrimonio e il consumo contemporaneamente.

Lo rigetto, per la sua albagia professorale, arrogante e presuntuosa, propria di chi evidentemente con la vita e con Dio non ha mai lottato.

Lo rigetto, perchè è stato scelto da un vecchio comunista mai pentito.

No, Signor Direttore. Non ha salvato l’Italia il Suo professore. In questo suo anno, tutti gl’indicatori economici – TUTTI! – sono peggiorati. Forse, però, non c’era proprio niente da salvare, ma solo trasferire la crisi dalla finanza e dallo stato alla società. E c’è riuscito benissimo. La spesa pubblica non è diminuita di un centesimo – quella privata, invece, è rattrappita e intimidita – e lo stato, dopo il redditometro e l’inversione dell’onere della prova, è sempre più uno spaventoso Moloch cui si deve solo obbedienza totale.

E’ vero, non è Dracula. E’ peggio. Perché almeno il principe Vlad III di Valacchia difendeva la sua gente dall’islam, per quanto discutibili fossero i suoi metodi. Mentre lui con metodi altrettanto discutibili non ci ha difeso, ma consegnati a banche e potentati europei. Certo che a Bruxelles, dal punto di vista di Bruxelles, ha fatto bene…

“Che cosa ci ha fatto questo Monti?”, Lei si chiede retoricamente. E che altro doveva farci? A me le ali, che lui vuole tagliare, piacciono: senza non si vola. Persino quella sinistra può dialetticamente servire: fa capire quanto è profondo l’abisso del male, che invece la palude al centro occulta finché le sue sabbie mobili non t’inghiottono.

“Voglio cambiare gl’italiani”, disse qualche tempo fa il professore. Vaste programme? No, temibile programma, che affligge il nostro popolo almeno dall’epoca della Rivoluzione italiana, altrimenti detta Risorgimento. Ci hanno provato in tanti. E ci hanno fatto solo male.

Lei si stupisce: il popolo prima l’ha voluto (ma davvero? a me non risulta…) e poi lo danna (speriamo). E’ proprio vero. Così non va. Questo popolo che non capisce andrebbe cambiato.

Nonostante tutto, con stima e cordialità

Giovanni Formicola

(*La lettera aperta è indirizzata al direttore del Foglio, Giuliano Ferrara)