14 genn – La corte penale di Beni Suef (115 Km a sud del Cairo) ha condannato al carcere un’intera famiglia per conversione al cristianesimo. Nadia Mohamed Ali e suoi figli Mohab, Maged, Sherif, Amira, Amir, e Nancy Ahmed Mohamed abdel-Wahab dovranno passare 15 anni carcere. Altre sette persone coinvolte nel caso sono state condannate a cinque anni di carcere.
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Il caso della famiglia di Nadia Mohamed Ali inizia nel 2004 quando, dopo la conversione, lei i suoi figli decidono di sostituire i loro nomi musulmani sulla carta di identità con nomi cristiani e di cambiare città di residenza. Per fare ciò la donna viene aiutata da sette impiegati dell’ufficio dell’anagrafe.
Nata cristiana, la donna aveva cambiato religione per sposare il marito Mohamed Abdel-Wahab Mustafa. Dopo la morte dell’uomo nel 1991, Nadia decide di ritornare alla religione di appartenenza e di spingere alla conversione anche i suoi sette figli. Nel 2006 uno dei ragazzi viene fermato dalla polizia in un centro di informazioni della città di Beni Suef. Insospettiti dai documenti del giovane, che aveva cambiato nome in Malak Bishoy Abdel-Massih, gli agenti lo interrogano per ore fino a che egli confessa la sua conversione al cristianesimo voluta dalla madre. I magistrati decidono in seguito di arrestare non solo la donna, ma anche tutti i suoi figli e i sette funzionari dell’ufficio anagrafico, responsabili del cambio di documenti.
Sulle carte di identità egiziane è segnata la fede religiosa. I cristiani, convertiti per varie ragioni all’islam che tentano di ritornare alla religione di appartenenza hanno enormi difficoltà a correggere i loro nomi sui documenti. Ciò spinge molte persone a contraffarli, rischiando il carcere. Il processo inverso, cioè il passaggio dal cristianesimo all’islam non è ostacolato e in molti casi è favorito dagli stessi funzionari dell’anagrafe. asianews