Bruxelles, 8 gen. – Condanna della Corte per i diritti umani del Consiglio d’Europa per il sovraffollamento delle carceri in Italia. I sette detenuti che hanno presentato ricorso per le condizioni delle delle carceri di Busto Arsizio e Piacenza hanno diritto a un risarcimento, da parte dello Stato italiano, di 99.600 euro per danni non materiali.
Quattro dei sette detenuti avranno inoltre diritto a un risarcimento di 1.500 euro ciascuno per il rimborso delle spese affrontate nel procedimento. La Corte ha deciso di esprimere un “giudizio pilota”, per denunciare la situazione delle carceri italiane, definendola “strutturale e sistemica”, sulla base del ricorso dei sette.
Secondo la sentenza pubblicata oggi l’Italia ha un anno di tempo per decidere misure di compensazione per quei cittadini “vittime del sovraffollamento nelle prigioni italiane”, che la Corte definisce “strutturale e sistemico”.
Sono 65.701 i detenuti nelle carceri italiane, di cui ben 25.696 in attesa di giudizio definitivo. Questi i dati, aggiornati al 31 dicembre scorso, del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.
Nei 206 istituti di pena del Paese vivono dunque oltre 65mila persone, a fronte di una capienza regolamentare di 47.040 unita’. Gli stranieri presenti nei penitenziari italiani sono 23.492. Per effetto della legge ‘svuota carceri’, approvata nel novembre 2010, che prevede l’esecuzione ai domiciliari dell’ultimo anno di pena, sono usciti dai penitenziari 9mila detenuti (9.005), di cui 2.492 stranieri.
Secondo la Corte dei diritti dell’Uomo, con il sovraffollamento delle carceri l’Italia viola l’articolo 3 della Convenzione europea sui diritti dell’Uomo, che proibisce la tortura e il trattamento inumano o degradante. “Questo problema strutturale – si legge nel giudizio – e’ ora ben conosciuto a livello nazionale. La corte chiede alle autorita’ di realizzare entro un anno misure che rimedino le violazioni della Convenzione relative al sovraffollamento”.
Il giudizio si e’ basato sul ricorso di 7 persone detenute nelle prigioni di Busto Arsizio e Piacenza. Ciascuno ha denunciato di aver diviso una cella da 9 metri quadrati con due altre persone, per 3 metri quadrati a testa, di aver sofferto per la mancanza di acqua calda e in qualche caso anche per una illuminazione inadeguata. La Corte di Strasburgo ha ribadito che “la detenzione non comporta la perdita dei diritti garantiti dalla Convenzione” e ha stabilito che lo spazio a disposizione dei detenuti in questione non era conforme agli standard richiesti per un’accettabile detenzione, pari ad almeno 4 metri quadrati per persona.
Il problema, ha riconosciuto la Corte, e’ stato accentuato dalla mancanza di acqua calda per lunghi periodi e di illuminazione nel carcere di Piacenza. La scelta di esprimere un “giudizio pilota” e’ determinata dal fatto che “il sovraffollamento delle carceri in Italia non riguarda soltanto i cittadini che hanno presentato il ricorso”: infatti, “la natura strutturale e sistemica del sovraffollamento e’ emersa chiaramente in occasione della dichiarazione di uno stato di emergenza nazionale da parte del presidente del consiglio nel 2010”, ed e’ confermata anche dalle “diverse centinaia di denunce pendenti presso la Corte” sull’argomento.
Anche se Strasburgo non puo’ determinare le scelte di politica penale degli Stati, o su come devono organizzare i loro sistemi detentivi, la Corte “incoraggia giudici e inquirenti a fare un maggiore uso, laddove possibile, delle misure alternative alla detenzione e cercare di ridurre il ricorso al carcere, per affrontare il problema della crescita della popolazione carceraria”. agi