29 dic – L’orgoglio del potere si è manifestato in tutta la sua vanità, pubblicamente davanti ad una schiera di adulanti concelebranti nella tanto attesa conferenza stampa di fine anno del Capo del governo tecnico, tenutasi domenica mattina, 23 dicembre, a Palazzo Chigi e durata più di due ore.
I commenti della stampa sono molto discordi. I più critici hanno subito detto che ha parlato senza dire nulla di utile per far capire le prossime mosse. Altri, come il sottoscritto, hanno capito solo una delle reali intenzioni di Monti, o meglio, quella che è stata più evidente, a mano a mano che lui macinava tempo in auto-complimenti conditi con dosi omeopatiche di simpatia. E’ un politico raffinato e spietato, dotato di una padronanza di linguaggio e di un auto controllo elevatissimo, che rivela la sua vera natura: è un democristiano, di rito doroteo. Come tecnico riscuote un consenso molto incerto, specie da chi prova sulla sua pelle gli effetti delle sue maldestre manovre, cioè buona parte degli italiani.
Però, è uomo di potere, per cui attrae, ha il fascino perverso del bastone del comando. Possiede una tecnica oratoria raffinata, un po’ old style ma efficace, riesce a tenere il bandolo del discorso per ore senza rispondere all’unica domanda che giustificava un tale dispiegamento di personalità alla conferenza stampa, ovvero su quale fosse la sua posizione rispetto alla imminenti elezioni politiche, se sarà in campo o meno e in che modo. Visto che in tanti si richiamano alla sua figura, alla famosa “Agenda Monti”, e mancano due mesi esatti al voto, la questione non è secondaria.
Alla fine non ha detto nulla, anche se ha tagliato l’erba sotto i piedi a tutti, compreso il presidente Napolitano, al quale ha detto di aver riferito una sola frase, un lapidario ”missione compiuta”.
Uno dei commenti più duri è quello di Marco Travaglio su Il Fatto, che dice tutto già nel titolo “La scimmia, la mummia, la sfinge e la volpe”, che ha così definito Grillo, Berlusconi, Monti e D’Alema commentando l’incredibile domenica in TV. Si è visto il dilagare dei politici sulla scena televisiva, con Berlusconi scatenato e D’Alema a Rai3 da Fazio.
La gara per l’occupazione dei media è stata vinta, senza alcun dubbio, da Mario Monti, che ha rifilato un secco 2 a 1 al suo predecessore a palazzo Chigi. Risultato che non ammette discussioni, il sistema televisivo è prono al nuovo vincente. Qualcuno potrebbe dire che chiodo scaccia chiodo, ma qui si è in presenza di mosse ardite al limite del consentito in una democrazia parlamentare matura come la nostra. Alcuni esponenti politici hanno lanciato l’allarme, come Magdi Allam che sul Giornale di lunedì 24 dicembre ha scritto che:
“Monti sta perpetrando il crimine di trasformare uno Stato ricco in una popolazione povera, imprese creditrici in imprenditori falliti. Nonostante il maggior gettito fiscale grazie al più alto livello di tassazione al mondo e al regime di polizia tributaria che sta condannando a morte le imprese e le famiglie, il debito pubblico è aumentato di 153 miliardi e il Pil è calato del 2,4 per cento. Tutto ciò non accade perché Monti è un incapace ma all’opposto perché sta deliberatamente perpetrando il crimine di distruggere l’economia reale per offrirla in pasto alla speculazione finanziaria globalizzata.
Gli 878.000 miliardi di dollari di titoli tossici creati dalle banche d’affari per inverarsi devono riciclarsi, così come avviene con il denaro sporco della Mafia, possedendo beni reali che, dato l’esorbitante ammontare pari a 12 volte il Pil mondiale, necessita del controllo dei governi. Quando il 16 gennaio 2011 Monti giurò sulla Costituzione di servire l’interesse nazionale dell’Italia, giurò il falso perché di fatto quel giorno lui era ancora nel direttivo della Goldman Sachs, di Moody’s, del Gruppo Bilderberg e della Commissione Trilaterale, i poteri forti dietro alle quali si cela la speculazione finanziaria globalizzata.”
Questa situazione politica è stata dunque forzata in diversi passaggi, per ultimo nella conclusione anticipata della legislatura. Una riprova è nel discorso Monti all’inizio della conferenza stampa, quando ha giustificato il fatto di aver chiuso anzi tempo i lavori parlamentari per le critiche espresse da Alfano alla Camera. Da un punto di vista di regole democratiche il ragionamento non sta in piedi, come ha dimostrato l’ex-presidente del Senato Pera in vari interventi. Infatti, si sono ben guardati dal far svolgere il benché minimo dibattito o anche solo una comunicazione in aula, visto che siamo in una democrazia parlamentare, per cui un po’ di rispetto della forma e della sostanza non guasta.
Con la salita al Colle dell’8 dicembre, per chiedere le elezioni anticipate e chiudere bottega, non si è capito subito che era in corso un “colpo di mano”, come ho scritto nell’ultimo articolo apparso su questo giornale. Rimaneva ancora misteriosa la spiegazione di tanta fretta, cioè il motivo dell’improvvisa accelerazione che ha spiazzato tutti, da destra a sinistra.
Ora, dopo aver sentito la campana del senatore a vita, è possibile fare qualche congettura. La principale è quella sulla convenienza di tale mossa, a chi può servire.
Negli intrighi classici, l’assassino e quasi sempre il maggiordomo infedele, che cerca di impossessarsi di ciò che gestisce per nome e per conto del padrone. In questo caso, con tutto il rispetto dovuto, la figura del gestore è quella di Monti, come lui ha sempre detto e ribadito, visto che i referenti sono i partiti della sua strana maggioranza (PD, PDL e UDC) che lo hanno sostenuto in quell’incarico.
I suoi “padroni” sono stati blanditi con l’idea della chiusura anticipata, che comporta il mantenimento del sistema elettorale delle liste bloccate, il porcellum, eludendo così la tanto sospirata riforma elettorale. Le segreterie dei partiti sono state ben felici di avere ancora una volta la possibilità di decidere gli eletti in Parlamento, di sostituirsi al giudizio popolare.
Se non che domenica Monti ha fatto intravvedere, con molto tatto, che il maggior beneficiario di tutta l’operazione è proprio lui. Mi spiego meglio: il presidente Napolitano ha sempre sostenuto che un suo coinvolgimento diretto nella competizione elettorale non sarebbe stato possibile, perché ci aveva già pensato lui nominandolo senatore a vita prima di affidargli l’incarico di premier. Invece non è così, nelle pieghe della attuale legge elettorale esiste una grossa opportunità per l’inquilino di palazzo Chigi: la figura del “capo-coalizione”.
Nella legge elettorale approvata nel 2005 c’è proprio tale figura che sta sopra ai partiti che formano una coalizione, per questo Monti parla di salire in politica, sale sopra ai partiti e ne diventa il capo. La legge al riguardo è molto generica, perché in quel momento è stata scritta pensando a Prodi e Berlusconi. Nessuno degli estensori è stato sfiorato dal dubbio che una tale opportunità potesse essere utilizzata diversamente, per cui la figura del capo della forza politica è molto generica.
E’ quasi indefinita, non è previsto alcun requisito. Potrebbe essere un galantuomo come un pregiudicato, un cittadino comunitario oppure un extracomunitario, forse anche minorenne. Tutto è possibile, quindi che sia anche un senatore a vita.
La normativa attuale consente questo escamotage, per cui può legittimamente concorrere alle prossime elezioni politiche del 24 febbraio 2013 come leader di una coalizione e mantenere il suo seggio al Senato.
Questa sembra una delle più consistenti ragioni che ha condotto alle elezioni anticipate, ovvero l’idea di non fare la riforma elettorale per sfruttare a pieno i trucchi del “porcellum”, che altrimenti si sarebbero persi.
Berlusconi, Bersani e la 2° edizione della sua “gioiosa macchina da guerra”, con i centristi, hanno fiutato il trucco e stanno correndo ai ripari, ma ormai è tardi per fermare il meccanismo, a loro non rimane altro che minacciare verbalmente di terribili ritorsioni il “maggiordomo infedele”.
E’ appena iniziata la campagna elettorale e già si assiste ad un rovesciamento di fronte, che prelude ad altri colpi di scena.
Monti, tra le tante cose dette alla conferenza, ha involontariamente rimarcato la differenza simbolica con il Natale, sottolineando che la politica è in “alto”. A Natale la Divinità si fa carne, umilmente scende tra la gente per portare pace e serenità. Invece, l’uomo di potere, che ha molte responsabilità nel Paese, sostenuto da corpose elite, orgogliosamente ”sale” in politica.
di Daniele Comero – ioamolitalia