Riscaldamento globale: anatomia di una TRUFFA

di John Truman Wolfe – Come, perché e da chi è stato inventato il riscaldamento globale – Gli architetti del male del ventesimo secolo vendono ancora la loro mercanzia a chi ha un’insaziabile sete di potere.
IL CLUB DI ROMA – La madre del Movimento Ambientalista
La coppia ammuffita ha qualcos’altro in comune. Entrambi sono stati membri attivi di un gruppo di esperti internazionali della parte oscura della forza chiamato Club di Roma. Costituito nel 1968 nella tenuta di Rockefeller a Bellagio, sul lago di Como, conta tra i confratelli e le consorelle Al Gore, David Rockefeller, la Regina Beatrice d’Olanda e Mikhail Gorbachev. (Leggi Gorby, Gran Maestro dei Verdecroce ndr)
Nessuno meglio di Gorby può fornire una breve descrizione dell’ordine del giorno del Club:

La minaccia di una crisi ambientale causata da ‘un disastro interno’ sarà la chiave che aprirà le porte al Nuovo Ordine Mondiale“.

Chi ha fatto uscire questo tizio dalla Lubyanka?

La loro meta dichiarata è, più precisamente, il controllo demografico. La soluzione? Creare una catastrofe ambientale come, diciamo, “il riscaldamento globale” e attribuirne la colpa alla canaglia più odiosa del pianeta: l’uomo stesso.

Ma sentiamolo dalle loro parole:

Cercando il nuovo nemico che ci avrebbe uniti, siamo giunti alla conclusione che inquinamento, minaccia di riscaldamento globale, carenza d’acqua, carestia e cose simili avrebbero fatto al caso nostro… Ma indicandoli come il nemico, cadiamo nella trappola sulla quale abbiamo già messo in guardia, vale a dire confondiamo i sintomi con la causa. Tutti questi pericoli sono causati dall’intervento umano e potranno essere superati solo cambiando gli atteggiamenti e i comportamenti dell’uomo. Il vero nemico, quindi, è l’umanità stessa“.

Sembrerebbe un buon piano . . . se tu fossi Darth Vader.

Nel 1972 il Club conquistò la scena mondiale con la pubblicazione di un libro la cui stesura era stata commissionata a un gruppo di scienziati del MIT. Si intitolava The Limits to Growth (Rapporto sui limiti dello sviluppo, meglio noto come Rapporto Meadows – il titolo della traduzione italiana è improprio: avrebbe dovuto essere Rapporto sui limiti della crescita, NdT). Esaminando la crescita della popolazione mondiale in rapporto alle risorse disponibili, il rapporto giungeva alla conclusione che entro i successivi 100 anni il pianeta avrebbe esaurito le risorse, sfociando in un declino catastrofico in popolazione e produzione industriale.

Come dice un critico, gli autori esaminano

“… l’impatto dell’umanità sull’ecologia mondiale e i risultati dei passi intrapresi per porre rimedio al sempre più rapido avvicinarsi di un disastro che è l’«impronta» mal gestita e incontrollata dell’umanità sull’ambiente del pianeta”.
Ciononostante, sosteneva il rapporto, queste tendenze e le loro conseguenze avrebbero potuto essere modificate; dovevamo diminuire di numero, fare di meno e avere di meno. Il marchio di questa via Orwelliana al salvataggio planetario era lo sviluppo sostenibile.

Promosso in modo massiccio, il libro esplose in tutto il pianeta come l’Harry Potter dell’ambientalismo e raggiunse gli opinion leader dei circoli politici, scientifici ed economici. Fu venduto in 12 milioni di copie in trenta lingue, nonostante il fatto che la ricerca avesse lo stesso rigore scientifico del compitino trimestrale scopiazzato di una matricola di una classe di biologia.

“Un errore non diventa verità attraverso l’ampiezza della sua diffusione, né la verità diventa errore per il fatto che nessuno la vede”. — Mohandas Gandhi

La ricerca era estremamente scadente e fu attaccata dai maggiori scienziati. Il Professor Julian Simon, esperto demografico e scrittore, disse: «Il Rapporto sui limiti dello sviluppo è stato tacciato di stupidità o frode da quasi tutti gli economisti che l’hanno letto attentamente o che l’hanno recensito».

L’economista di Yale Henry Wallich recensì il libro dicendo: «… il contenuto quantitativo del modello è frutto dell’immaginazione degli autori, anche se non hanno mai rivelato l’equazione che hanno usato».

Questo è un mondo basato sulle PR e con la pubblicazione di questo libro ebbe origine il movimento ambientalista moderno. Sebbene partorito dentro una coltre di falsità, fu tuttavia salutato come il salvatore, non dell’umanità ma del pianeta che, asseriva, era destinato a diventare una frittura croccante per effetto dell’emissione incontrollata di anidride carbonica da parte dell’umanità.

La frode scientifica è la sua malizia, ma furono pochi quelli in grado di vedere la strategia sottostante, cioè che il libro sarebbe servito come base per una campagna globale di relazioni pubbliche che avrebbe ipnotizzato legislatori, educatori e un’infinità di organizzazioni di buona volontà e che alla fine avrebbe preparato il terreno per la più grande rapina nella storia dell’uomo. Ma sto correndo troppo avanti.

Questa era la Truffa N° 1: la base scientifica del libro, che ha lanciato il movimento ambientalista, chiedendo lo “sviluppo sostenibile” e la riduzione dell’emissione di anidride carbonica da parte dell’uomo, quasi una lebbra per il pianeta, era ed è tuttora un raggiro, una truffa, una falsità: una ciarlataneria ambientale.

“Ogni violazione della verità non è solo una specie di suicidio del bugiardo, ma è anche una pugnalata alla salute della società umana”. — Ralph Waldo Emerson

Il che ci porta al secondo pezzo del puzzle: la Truffa N° 2. Chi l’avrebbe mai detto. . .

IL PETROLIO – – Non è un combustibile fossile

Il funzionario dell’immigrazione a Sheremetyevo prese il mio passaporto e lo studiò con attenzione. Non disse nulla; lo sfogliò pagina dopo pagina, poi scrutò lo schermo di un computer per un tempo interminabile prima di mettere il timbro e di lasciarmi proseguire, con un grugnito, verso la dogana.

Il KGB stava ancora presidiando i confini, la prima volta che mi recai a Mosca poco dopo la caduta del Comunismo. Permettere agli Americani di metter piede liberamente nella Madre Russia senza sorveglianza ufficiale era molto irritante per le guardie, ma dovevano trattenersi dal dimostrarlo.

In effetti, il Comunismo era morto ufficialmente solo da pochi mesi quando le truppe d’attacco del Capitalismo iniziarono a riversarsi attraverso i cancelli dell’ex Unione Sovietica per sfruttarne le opportunità. Gli spettri di Marx, Lenin e Stalin si agitavano con orrore nei saloni del Politburo mentre gli imprenditori di Stati Uniti, Giappone ed Europa cercavano di spuntare contratti per ogni bene della Madre Russia che fosse disponibile. Banche, industria alberghiera, legname e metalli preziosi furono presi d’assalto da strane partnership tra capitalisti occidentali e ruffiani usciti dal vecchio potere del KGB. Durante quei primi anni, quando Yeltsin (Dio l’abbia in gloria) e la sua vodka erano in carica, fu una baraonda.

La corsa ai terreni dell’Oklahoma nell’ultimo decennio dell’800 era niente rispetto alla Mosca del 1992.

Tuttavia, anche allora, l’industria petrolifera era rimasta sotto il controllo statale, direttamente o indirettamente. Di fatto, fino al 2003, l’ex colonnello a-torso-nudo del KGB e attuale primo ministro, presto presidente della Russia… ancora una volta – Vladimir Putin – soffocò un tentativo di acquisizione della Yukos da parte della Exxon, la più grande azienda del mondo.

Per capirne la ragione, torniamo per un momento ai primi giorni della Guerra Fredda, quando un’isolata Unione Sovietica incaricò i suoi migliori scienziati di individuare la vera fonte del petrolio. Non certo un compito da fine settimana. Dopo notevoli ricerche, nel 1956, lo scienziato russo Professor Vladimir Porfir’yev annunciò che “il petrolio crudo e il gas naturale da petrolio non hanno alcuna connessione intrinseca con materia biologica avente origine in vicinanza della superficie terrestre. Si tratta di materiali primordiali [che hanno avuto origine con la formazione della terra] che sono stati eruttati da grande profondità”.

Se non vi sono usciti gli occhi dalle orbite leggendo l’ultima frase, forse dovreste rileggerla.

Egli disse che il petrolio non deriva da alcunché di biologico, non deriva, come si racconta, dai resti fossili di dinosauri e/o di antica materia vegetale. Deriva dalle abissali profondità della terra ed è creato da una reazione biochimica che ha sottoposto gli idrocarburi (elementi contenenti carbonio e idrogeno) a estrema temperatura e intensa pressione durante la formazione della terra.

Lo so, era facile dirlo da parte di Porfir’yev. Ma si dà il caso che era più di una semplice teoria.

Infatti, poco dopo che i Russi fecero questa scoperta, iniziarono a perforare pozzi ultra-profondi e a trovare petrolio a 10 e 13 chilometri di profondità sotto la superficie terrestre. Queste sono profondità sbalorditive, molto al di sotto della profondità a cui si può trovare materia organica, che è di 6 km.

Interessante, eh?

I Russi applicarono la loro teoria abiotica e la loro tecnologia di perforazione ad alta profondità al bacino Dnieper-Donets, un’area che da mezzo secolo era nota come priva di petrolio. Di 60 pozzi perforati usando la tecnologia abiotica, 37 divennero commercialmente produttivi, un tasso di successo del 62% rispetto al tasso di successo di circa il 10% delle perforazioni in aree di non accertata produttività. Il petrolio trovato nel bacino compete con il North Slope dell’Alaska.

Possiamo dire che hanno avuto una giornata fortunata.

Ma la cosa non finisce lì, tutt’altro. Dai tempi delle prime scoperte, le principali compagnie petrolifere russe, senza clamore, hanno perforato oltre 310 pozzi ultra-profondi che sono entrati in produzione.

Il risultato? La Russia ha sorpassato l’Arabia Saudita come maggior produttore mondiale di petrolio.

Forse hanno intuito qualcosa.

Sebbene ci siano documenti scritti ai primi tempi di questa ricerca, sono quasi tutti in russo e pochi sono giunti in occidente. Quelli che ci sono arrivati sono stati derisi.

Oggi non più. Con il rifiuto della Russia di approvare l’affare Exxon-Yukos (Putin non ha voluto che questa tecnologia e gli esperti abiotici prendessero la strada dell’occidente) e l’accesso alle informazioni oggi disponibili su Internet, la voce ha iniziato a spargersi rapidamente in occidente. Eppure, non ha ancora preso piede.

Perché no? Questa è una cosa enorme. Il petrolio non è un combustibile fossile! Ed è rinnovabile! Wow!

Qui ci sono un paio di fattori in gioco.

Le grandi compagnie petrolifere hanno un interesse di parte nel diffondere l’idea che il petrolio sia scarso, difficile da trovare e perciò costoso da produrre, il che, naturalmente, significa maggiori entrate e profitti. Questa è in sé una spiegazione, ma non è il centro principale dell’attenzione.

Più rilevante, nella nostra storia, è il fatto che una pietra miliare del movimento ambientalista sia questa: il petrolio è un combustibile fossile, un combustibile fossile che è scarso e di cui le scorte sono limitate e in calo. Per di più, la sua produzione genera anidride carbonica. Perciò il suo utilizzo, praticamente per tutti gli scopi produttivi – produzione agricola, costruzione di edifici, trasporti via auto, camion, treni e aerei, distribuzione di gas ed elettricità, riscaldamento, raffreddamento, comunicazioni e così via – tutte queste cose devono essere ridotte.

Secondo il trentennale aggiornamento del libro I limiti dello sviluppo:

«Un primo esempio di una risorsa non rinnovabile è costituito dai combustibili fossili, i cui limiti dovrebbero essere ovvi, sebbene molte persone, tra cui eminenti economisti, neghino questo fatto elementare. Oltre l’80% dell’utilizzo di energia commerciale dell’anno 2000 viene da combustibili fossili non rinnovabili: petrolio, gas naturale e carbone. Le riserve sotterranee di combustibili fossili stanno scendendo continuamente e inesorabilmente…
Il picco di produzione del gas avverrà certamente nei prossimi 50 anni, il picco di produzione del petrolio avverrà molto prima, probabilmente entro questa decade».

Cose che mettono paura. Ma false quanto il sorriso di una prostituta.

Il petrolio non è un combustibile fossile. Ed è “rinnovabile”.

Sebbene non sia mai stato un ammiratore di Putin il Macho, i Russi hanno dimostrato l’accuratezza della loro teoria nel solo luogo che conta: i campi petroliferi. Il petrolio non solo è abiotico, ma continua a popolare campi che erano noti per essere a secco di petrolio quanto il vento del deserto. Di fatto, alcuni scienziati sono convinti che la forza centrifuga dovuta alla rotazione del pianeta spinga il petrolio abiotico verso la superficie del pianeta su base continua.

Ci sono alcune cose che il pubblico generale non ha bisogno di sapere e non dovrebbe sapere. Sono convinta che la democrazia fiorisca quando il governo possa intraprendere passi legittimi per mantenere i suoi segreti e quando la stampa può decidere se pubblicare ciò che conosce”. – la fu Katherine Graham, proprietaria del Washington Post

Perciò la Truffa N.2 è che il petrolio sia un combustibile fossile (che non è), che sia scarso e che si stia consumando (che non è), che non sia rinnovabile (che non è) e che, di conseguenza, si profili una catastrofe (che non è) a meno che non riduciamo drasticamente il consumo di petrolio.

Tutte bugie, che ci portano alla più vecchia delle truffe: la Truffa N.3:

IL RISCALDAMENTO GLOBALE – IL CAMBIAMENTO CLIMATICO

La figura straziante di un orso polare solitario che si aggira in solitudine da qualche parte in un Artico che si scioglie rapidamente è diventata lo spot più commovente del movimento ambientalista. Lo spot, tuttavia, è fasullo. Gli orsi stanno prosperando.

Secondo il Wall Street Journal :«Quasi tutti sono d’accordo che ci sono più orsi polari ora di quando gli scienziati hanno iniziato a contarli: le stime collocano la popolazione tra le 20.000 e le 25.000 unità, cresciuta di parecchie volte rispetto a 50 anni fa. In Canada, dove vivono i due terzi degli orsi del mondo, durante gli ultimi due o tre decenni la maggior parte delle popolazioni sono aumentate. Gli abitanti dell’Artico dicono che ora si imbattono negli orsi dovunque vadano».

Il “dibattito” sull’orso polare è una pugnalata al cuore del fondamento su cui poggia il movimento ambientalista: il riscaldamento globale.

Mentre l’appello del Club di Roma per uno “sviluppo sostenibile”, contenuto in I Limiti dello sviluppo, si è dimostrato assai debole quanto a credibilità scientifica, e la teoria che il petrolio è un combustibile fossile che scarseggia ed è in rapido esaurimento non è vera, il santo graal del movimento ambientalista è il Riscaldamento Globale o Cambiamento Climatico, come l’hanno ribattezzato a causa dell’imbarazzante abbassamento delle temperature negli ultimi undici anni.

È il credo sul quale si erge il movimento.

La sacra scrittura è la seguente: la combustione dei combustibili fossili produce anidride carbonica che, con altri gas “serra”, provoca il riscaldamento globale che distruggerà il pianeta.

Cioè, la produzione di questi gas deve essere “limitata”.

Un primo gradino è legiferare per sopprimere il loro uso. Poiché l’uomo produce questi gas, la risposta vera è il controllo demografico, una riduzione della popolazione del pianeta. Meno gente significa meno gas serra. Meno gas serra significa meno riscaldamento globale. Meno riscaldamento globale significa che la terra è salva.

Amen.

Incidentalmente, sono gas serra tutti i gas nell’atmosfera, come il vapore acqueo e l’anidride carbonica, che si dice contribuiscano all’effetto serra.

Effetto serra è il nome del fenomeno sopradescritto, dove l’atmosfera terrestre trattiene i raggi del sole surriscaldando il pianeta. In base alla teoria, questi gas nell’atmosfera permettono il passaggio della luce del sole fino alla terra, ma poi assorbono il calore irradiato dalla superficie del pianeta.

E voilà! Riscaldamento globale.

Sembra sensato. Eliminando il CO2 si salva il mondo.

È un male identificato con chiarezza con un piano d’azione per risolverlo.

Una specie di Inquisizione: friggendo gli eretici si purifica la fede.

Oggi gli eretici del riscaldamento globale sono bruciati nei media, non sul rogo, ma il dogma è altrettanto stridulo, altrettanto autoritario e altrettanto dispotico.
Scientificamente provato

Al Gore è il Mosè del riscaldamento globale. Assieme all’alto clero del movimento, la Commissione Intergovernativa sul Cambiamento Climatico delle Nazioni Unite (United Nations’ Intergovernmental Panel on Climate Change – IPCC), ha dichiarato che la ricerca scientifica sul riscaldamento globale provocato dall’uomo è “conclusiva”. Non c’è nient’altro di cui discutere: il riscaldamento globale è reale; la causa è il CO2 prodotto dall’uomo; la produzione di carbonio deve essere limitata. Punto.

Al e l’IPCC (ONU) la pensano allo stesso modo, il che è fantastico. Armonia nei ranghi.

La petizione dell’Oregon

Ma ecco la questione: 31.486 scienziati hanno firmato un documento chiamato Petizione dell’Oregon che accusa la ricerca scadente alla base del riscaldamento globale, dichiarando molto semplicemente che “… non è stato dimostrato alcun apporto umano al cambiamento climatico”.

Questa non è una gang di politici prezzolati, o di “attivisti” finanziati da George Soros. Nossignori, tra i firmatari ci sono 3.667 scienziati dell’atmosfera, dell’ambiente e della Terra, 4.796 chimici, 2.924 biologi e agronomi, 903 matematici e informatici e 9.992 altri tecnici e scienziati.

Di questi, 9.092 hanno un dottorato di ricerca.

La petizione dichiara che non ci sono prove scientifiche convincenti che l’emissione di anidride carbonica e di altri gas serra da parte dell’uomo stia provocando o provocherà il riscaldamento globale.

Continua dicendo che c’è una sostanziale prova scientifica che dimostra come l’anidride carbonica dell’atmosfera produca innumerevoli effetti benefici sulle popolazioni vegetali e animali della Terra. (In uno dei più spettacolari tocchi di magia ambientale, Madre Natura converte l’anidride carbonica e la luce del sole in ossigeno, sapete, quella roba che respiriamo.)
Comitato del Senato per l’Ambiente

Nel marzo del 2009 il Comitato del Senato per l’Ambiente e i Lavori Pubblici ha reso noto un rapporto di oltre 700 scienziati internazionali che dissentono dalla teoria del riscaldamento globale prodotto dall’uomo. Molti di coloro che hanno contribuito a questo erano membri o ex-membri dell’IPCC.

Molti altri gruppi di scienziati hanno pubblicato dichiarazioni che criticano con veemenza l’assenza di credibilità scientifica a sostegno della teoria secondo cui la produzione di anidride carbonica e di altri gas serra da parte dell’uomo contribuisce al riscaldamento globale. Tra queste troviamo la Dichiarazione dei Meteorologi sui Gas Serra, la Dichiarazione di Lipsia sul Cambiamento Climatico e l’Appello di Heidelberg.

L’IPCC (ONU) falsifica i rapporti

Se leggete degli articoli sull’ambiente noterai che i “fatti” riguardanti il riscaldamento globale citano immancabilmente come fonte l’IPCC.

In breve, la Commissione Intergovernativa sul Cambiamento Climatico delle Nazioni Unite (IPCC) è l’opinion leader planetario sul soggetto del cambiamento climatico causato dall’uomo. Perlomeno lo erano.

Il 19 novembre 2009, sui media internazionali, è scoppiato uno dei più grandi scandali scientifici della storia, allorché è trapelato il contenuto di centinaia di e-mail, smascherando l’impudente manipolazione dei dati sul clima da parte dell’organizzazione. Le e-mail hanno mostrato che l’IPCC ha distorto enormi quantità di informazioni sul clima per promuovere l’idea che il riscaldamento globale sia il risultato dell’aumento di anidride carbonica e di gas serra prodotti dall’uomo.

Non si trattava di un manipolo di matricole universitarie fatte d’erba che, durante l’esame di Geologia elementare di metà anno, si passavano risposte scopiazzate. Questi bei tipi, riconosciuti come le principali “autorità” mondiali sul cambiamento climatico, sono stati colti in flagrante in un complotto internazionale per fuorviare i gruppi ambientalisti, i governi e il grande pubblico sullo stato attuale e futuro della temperatura del pianeta.

Questo breve estratto del canadese National Post racconta piuttosto bene la faccenda.

“Le email del Climategate descrivono come una piccola banda di climatologi abbia falsificato i dati per far sembrare che l’ultimo secolo sia stato pericolosamente caldo.
Le email descrivono anche come la banda abbia cospirato per riscrivere la storia e la scienza, in modo particolare eliminando il Periodo Caldo del Medioevo, un periodo di 400 anni che iniziò attorno all’anno 1000.
Le email del Climategate rivelano anche qualche cos’altro: l’arruolamento della fonte di informazioni più letta al mondo, Wikipedia, per riscrivere questa storia su grande scala.”

Il periodo del caldo medievale

Come il ritornello di una scadente band di Las Vegas, il culto pernicioso del cambiamento climatico coltivato dall’IPCC cercò disperatamente di nascondere il Periodo Caldo Medievale (Medieval Warm Period – MWP), di seppellirlo, di farlo scomparire. Questo fu il periodo più caldo registrato nella storia moderna, ed è ben noto ai climatologi.

Tentando un gioco di illusionsimo degno dei numeri di Houdini, l’IPCC ha inventato un grafico fasullo delle temperature nella storia, e voilà, il Periodo Caldo Medievale è svanito! Ingegnoso.

Vedete? Le temperature durante il Periodo Caldo Medievale erano molto più alte di quelle attuali. L’agricoltura fioriva e i norvegesi, approfittando dello scioglimento dei ghiacci nei mari, colonizzarono la Groenlandia. Non ci sono prove che a quel tempo il livello del mare sia aumentato. Nessuna. E le lastre di ghiaccio intorno alla Groenlandia erano pressoché assenti. La Groenlandia, capito?

Le temperature erano salite rapidamente, ma dov’era l’anidride carbonica prodotta dall’uomo? Il petrolio doveva ancora essere scoperto, le fabbriche non erano state costruite e la prima Ford Modello T sarebbe venuta parecchi secoli dopo.

Poi seguì una mini era glaciale, e intorno al 1500 gli stanziamenti in Groenlandia erano spariti e il Tamigi ghiacciò fino a Londra.

In nessuno di questi eventi c’era alcun fattore “prodotto dall’uomo”. Questi flussi e riflussi della temperatura terrestre erano il prodotto dell’avvicendarsi di fenomeni naturali, come viene discusso in dettaglio più avanti.

Ma per quanto riguarda l’IPCC, “I dati di ricerca sul cambiamento climatico non mostrano che l’uso umano degli idrocarburi è dannoso. Al contrario, ci sono prove che l’aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera aiuta l’ambiente.” – La Petizione dell’Oregon

Gli allarmisti

Di fatto, la stessa forma mentis che ora sta promuovendo le conseguenze catastrofiche del riscaldamento globale, usava, solo alcuni decenni fa, gli stessi argomenti, quasi parola per parola, per promuovere le conseguenze nefaste dell’abbassamento della temperatura.

Nel 1975 Reid Bryson scrisse su Global Ecology:

“Il continuo rapido raffreddamento della terra fin dalla Seconda Guerra Mondiale va di pari passo con l’aumento globale dell’inquinamento dell’aria che accompagna industrializzazione, meccanizzazione, urbanizzazione ed esplosione demografica.”

Sì, cari miei! Il CO2 sta causando il raffreddamento globale.

Oppure prendiamo in considerazione Kenneth Watt, che nel 1970 scriveva sull’Earth Day:

Se l’attuale tendenza continua, nel 1990 la temperatura media globale planetaria sarà di circa quattro gradi più fredda, mentre entro il 2000 sarà inferiore di undici gradi… Questo è circa il doppio di quanto basterebbe per riportarci in un’era glaciale.”

Ben detto, Ken. Ce ne sono altre, ma avete afferrato il concetto.

Queste persone, ora come allora, sono allarmiste. Trovano qualche tipo di gioia perversa nello spaventare la gente. In questo caso, spaventarla per far sì che accetti la più grande truffa di tutti i tempi.

Sentite come i mercanti del caos climatico recensiscono il libro di un terrorista del riscaldamento globale, James Hansen, che sottotitola il suo libro “La verità sull’imminente catastrofe climatica e la nostra ultima possibilità per salvare l’umanità”.

“Il Dr. James Hansen è il Paul Revere che presagisce la tirannia del caos climatico.” -Robert F. Kennedy, Jr.

(Paul Revere, patriota della guerra d’indipendenza americana, è famoso per la sua storica cavalcata per avvisare i rivoltosi dell’imminente attacco inglese. NdT)

“Hansen, con autorevolezza e senso d’urgenza, incita i lettori a prendere la parola, scendendo per le strade se necessario, per proteggere la Terra dalla calamità per il bene dei propri figli e nipoti.” -Kirkus Reviews

Calamità, caos e catastrofe: ecco la cocaina dei media estremisti del riscaldamento globale.

Statistiche

La cricca della crisi e della catastrofe non ama parlare del fatto che il vapore acqueo (non l’anidride carbonica) rappresenta il 95% dei gas serra. Questo è vapore acqueo di origine naturale: il 99,99% del “gas serra” vapore acqueo è naturale. Solo lo 0,01% (un centesimo dell’uno percento) del vapore acqueo è prodotto dall’uomo.

Tuttavia l’anidride carbonica è il colpevole designato in questa storia. Deve essere davvero potente, poiché il CO2 ammonta solo al 3,6% dei gas serra. E qui c’è il trucco: solo il 3% di anidride carbonica – il 3% del 3,6% – è prodotta dall’uomo. Ciò significa che lo 0,1% (un decimo dell’uno percento) è CO2 prodotta dall’uomo.

Questo, secondo i messaggeri del funesto destino climatico, è ciò che conduce alla “catastrofe climatica”. Si tengono conferenze internazionali, i governi stanziano miliardi e i dipartimenti di PR inondano i programmi ambientalisti in uno tsunami universale tinto di verde.

È come se qualcuno avesse sguinzagliato sul pianeta un culto programmato di sacerdoti del riscaldamento globale per strillare sugli orrori dell’anidride carbonica a una popolazione che non sa o non è in grado di affrontare l’assordante pazzia di quello che dicono.

A loro volta i tirapiedi dei media rigurgitano il caos e la calamità a milioni di persone. La loro unica aspirazione è quella di riempire le menti del pubblico di morte, distruzione, sudiciume e depravazione nel minor tempo possibile. Senonché, da qualche parte nella loro anima collettiva, loro sanno … e muoiono di vergogna.

“Noi permettiamo che le menzogne più atroci pronunziate da prostitute della politica e della moralità passino senza contestazione. Queste bugie vengono riciclate senza fine nei media commerciali, finché si radicano nella coscienza pubblica come verità.”-Charles Sullivan, scrittore e filosofo

Posso aggiungere un “Amen”?

La relazione con il sole

Sono un californiano. Amo il sole. Durante le vacanze di primavera al college, io e alcuni miei amici facevamo surf lungo la costa occidentale del Messico, prendendo un colore caffè, e tornavamo al campus come bronzei dei arrostiti al sole. Le ragazze svenivano… Okay, forse non svenivano, ma avere un appuntamento era decisamente più facile.

Non mi è mai venuto in mente, in quei giorni felici, che il sole avrebbe giocato un ruolo chiave in un articolo che avrei scritto più tardi sul riscaldamento globale. Ma è così.

Il fatto è che la Terra ha attraversato cicli naturali di riscaldamento e raffreddamento durante tutta la storia conosciuta, cicli che hanno spinto le temperature molto più in alto di qualunque cosa stiamo sperimentando oggi.

Qual è la causa di queste fluttuazioni della temperatura terrestre? Il vapore acqueo? No. L’anidride carbonica? Eh… spiacente. La lacca per capelli? Stai scherzando.

L’origine dei cambiamenti di temperatura sulla terra è… il sole.

Gli scienziati hanno scoperto che le macchie solari hanno un’attività ciclica. Le macchie solari sono aree della superficie del sole di intensa attività magnetica: più macchie solari ci sono, più il sole è “attivo”.
L’attività delle macchie solari e delle radiazioni solari va virtualmente di pari passo con i cambiamenti di temperatura sulla Terra. Già, la causa dei cicli di riscaldamento e raffreddamento globali è il sole, non il CO2 prodotto dall’uomo.

Se i gas serra fossero la causa del riscaldamento globale, com’è che dal 1940 al 1975, dove ci fu un drammatico aumento della produzione di CO2, la terra ha sperimentato un notevole periodo di raffreddamento?

I periodi di surriscaldamento sulla Terra sono il risultato di un aumento delle radiazioni solari che impedisce la formazione delle nuvole. La formazione delle nuvole ha un effetto refrigerante sul pianeta. Ciò è ulteriormente avvalorato dal fatto che gli altri pianeti del nostro sistema solare sembrano riscaldarsi negli stessi periodi di tempo. Eppure non si guidano Chevrolet su Plutone né si brucia carbone su Marte.

Questa, quindi, è la Truffa N° 3: il Riscaldamento Globale è una enorme campagna strategica di PR, nient’altro. Non è un fenomeno della temperatura planetaria. Spiacenti, Al.

“I più grandi mali che l’uomo ha inflitto all’uomo sono accaduti attraverso persone del tutto sicure di qualcosa che, di fatto, era falso.” -Bertrand Russell

Allora, qual è il problema? Come mai tutte queste informazioni fuorvianti e questa isteria da cambiamento climatico?

Lascia che ti presenti la Truffa N° 4. . . .

Biocombustibili

Un mio amico a tarda notte fa il giro dei ristoranti e raccoglie olio vegetale usato. Lo usa nella sua Mercedes diesel, talmente vecchia che l’anno prossimo potrà usufruire di Medicare, il servizio sanitario statale per anziani. Lui ha convertito la Mercedes per usare l’olio vegetale come combustibile.

I biocombustibili sono una delle soluzioni per la “crisi dell’anidride carbonica”.
I biocombustibili sono essenzialmente combustibili prodotti con le piante.
Ci sono due tipi base di biocombustibili. L’etanolo, che può essere usato come la benzina e viene prodotto con mais, canna da zucchero, barbabietole, frumento e altri cereali, e il biodiesel che è prodotto con semi oleosi, frutti secchi (come noci e mandorle) od olio esausto (come per la vecchia Mercedes di prima).

Si suppone che i biocombustibili siano puliti, convenienti e non emettano carbonio. Ma non esaminateli troppo da vicino perché le conseguenze per l’ambiente del loro utilizzo sembrano uscire da un romanzo di Stephen King.

Deforestazione

Le foreste pluviali tropicali del pianeta vengono annientate come se qualche frenetico Gigante Verde (nel testo inglese Jolly Green Giant, NdT) stesse azionando un immenso tagliaerba in Amazzonia.
I biocombustibili sono ampiamente promossi come soluzione alla produzione di anidride carbonica. Ma un esame più attento rivela che danneggiano l’ambiente su due fronti: il primo è l’imponente deforestazione del pianeta.
Le foreste tropicali sono i più grandi giacimenti di anidride carbonica del pianeta. In altre parole, esse catturano e conservano l’anidride carbonica più efficacemente di qualsiasi altra risorsa.

Abbattendo le foreste, non solo si libera nell’atmosfera un’enorme quantità di anidride carbonica, ma si elimina la riserva di anidride carbonica e un generatore di ossigeno (di nuovo, a beneficio di quelli che hanno dormito durante i corsi di biologia dell’università, o che, come me, non hanno mai avuto il coraggio di seguirli, le piante usano l’anidride carbonica e la luce solare per produrre ossigeno).

Le direttive dei governi e l’avidità delle multinazionali promuovono la cultura dei biocombustibili in modo così intenso che le foreste tropicali stanno svanendo dal pianeta a una velocità spaventosa.

L’Unione Europea, per esempio, ha imposto per legge una riduzione di anidride carbonica del 20 percento entro il 2020. Questo deve essere ottenuto in parte rendendo obbligatorio che il 10 percento dei veicoli vada a biocombustibile. Gli incentivi finanziari, che esamineremo in dettaglio più avanti, hanno portato gli investimenti nei biocombustibili da miliardi di dollari. Tutti, da George Soros alla British Petroleum alla Shell, sono attori di questo mercato.

Come risultato, vaste porzioni di foresta pluviale dell’Amazonia, in Brasile, sono state distrutte per coltivarvi soia e canna da zucchero.

Un rapporto degli Amici della Terra ha svelato che tra il 1985 e il 2000, lo sviluppo delle piantagioni di palma da olio in Malesia è stato responsabile dell’87 percento della deforestazione del paese. Ottantasette percento! Infatti, ora si parla dell’olio di palma come del “diesel della deforestazione”.

In Sumatra e nel Borneo, 4 milioni di ettari di foresta sono andati perduti a favore delle piantagioni di palma da olio (9,8 milioni di acri, quasi il doppio dello stato del New Hampshire).

Come se fosse un parassita aggiunto a Madre Natura, la deforestazione ha portato all’estinzione di specie come un Olocausto. Le foreste della Malesia e dell’Indonesia sono la dimora di orangutan, rinoceronti di Sumatra, tigri, gibboni, tapiri, scimmie con la proboscide e centinaia di altre specie, molte delle quali sono seriamente minacciate di estinzione dalla perdita del loro habitat.

C’è poi questo piccolo problema: mentre i biocombustibili generano minori emissioni di anidride carbonica rispetto al petrolio, lo fanno sostituendo la vegetazione e il terreno, che assorbono una quantità persino maggiore di anidride carbonica. In altre parole, l’assorbimento di anidride carbonica che si è perso radendo al suolo le riserve naturali per coltivare i biocombustibili è di gran lunga maggiore dei vantaggi ottenuti usando i combustibili puliti.

La “verità scomoda” è che la mania del biocombustibile sta distruggendo la natura e, incidentalmente, sta aumentando l’anidride carbonica sul pianeta, non la diminuisce.

Inquinamento degli oceani e zone morte

Se vi è capitato di costeggiare uno specchio d’acqua e avete notato un odore acre, avete sentito gli occhi bruciare oppure avete visto che era ricoperta da una spessa coltre di vegetali rossi, blu o verdi, probabilmente avete avuto la sfortuna di incappare in un HAB, Harmful Algal Bloom (fioritura di alghe nocive).

Con il termine harmful algae si intendono tutte quelle specie fitoplanctoniche che possono provocare effetti negativi sull’ambiente, come discolorazione della superficie del mare (maree colorate o red tide), mucillagini, moria di pesci e altri organismi, contaminazione della catena alimentare tramite produzione di biotossine.

In quasi tutti i casi la produzione di biocombustibili è accompagnata dall’uso di azoto, fosforo, diserbanti, pesticidi, insetticidi, ecc.
L’azoto, assieme ad altri materiali tossici, si diffonde verso il basso nella falda acquifera e riesce ad arrivare ai fiumi, ai corsi d’acqua e infine all’oceano. Lì l’azoto e, in misura minore, i pesticidi generano una massiccia “fioritura di alghe” molto tossiche e anomali, che decadono rapidamente in enormi aree di alghe morte succhia-ossigeno. Questo è altamente distruttivo per la vita marina.

La coltivazione del mais fa il più ampio uso di fertilizzanti e pesticidi. Nessuna sorpresa, quindi, che nella zona di coltivazione del mais degli USA ci sia la più grande concentrazione di queste tossine. Il risultato? L’azoto e altre tossine finite nel sistema del fiume Mississippi si sono riversate senza pietà nel Golfo del Messico creando una zona morta di 22.000 chilometri quadrati (un’area grande all’incirca come il New Jersey). Non si tratta solo del Golfo del Messico. Il numero di zone morte oceaniche si è propagato nel pianeta come un cancro ambientale.

Dall’inizio della moda del biocombustibile negli anni ’80, il numero di zone morte è aumentato del 450 percento.

Ma non è tutto.

Estinzione delle Specie

Attualmente ci sono circa 405 zone morte sul pianeta, di cui la più grande, di 70.000 chilometri quadrati (più grande dello stato della Virginia), si trova nel Mar Baltico. L’estinzione delle specie è una conseguenza diretta di queste zone. Negli ultimi 10 anni, i corpi di 14.000 tra foche e delfini sono stati trovati arenati sulle coste della California e 650 balene grigie si sono spiaggiate. In Florida centinaia di lamantini sono stati uccisi e l’80 percento della scogliera corallina nei Carabi è stata soffocata. In California il 75 percento della foresta di fuco ricca di pesce è stato rovinato e il problema sta cominciando a influenzare la disponibilità di pesce per il consumo umano.

Sul pianeta sono state identificate circa 1,7 milioni di specie di piante e animali. Secondo alcuni rapporti, l’estinzione delle specie avanza alla media di 20.000 – 30.000 all’anno. Quale che sia il numero, solo l’anno scorso l’elenco delle specie in pericolo è aumentato del 150 percento. Il singolo maggior motivo di tutto questo è la distruzione dell’habitat e l’inquinamento, la maggior parte dei quali è il risultato della produzione di biocombustibile.

Vi sentite accaldati dappertutto, non è vero?

Esaurimento dell’ossigeno

Non so voi, ma io sono piuttosto favorevole al respirare. Conferisce alla vita una certa consapevolezza.
Perciò il fatto che la produzione di biocombustibile stia consumando l’ossigeno del pianeta è un po’ più che un piccolo problema.

Suona allarmistico, vero? Forse perfino un po’ complottista. Come potrebbe una delle più efficaci soluzioni al riscaldamento globale distruggere la scorta di ossigeno del pianeta?

Gli oceani sono il maggior serbatoio di anidride carbonica (le foreste pluviali sono il più efficace serbatoio di anidride carbonica, gli oceani il più grande). Sono le alghe degli oceani che assorbono il grosso del CO2 terrestre. Proprio così, le spugne principali della terra per il CO2 sono le alghe negli oceani. Poi le alghe convertono la luce del sole e il CO2 dell’oceano in ossigeno.

Dal 70 all’80 percento dell’ossigeno del pianeta viene prodotto dalle alghe negli oceani. Tuttavia l’azoto, i fosfati e altre sostanze chimiche riversate negli oceani in tutto il mondo, come conseguenza della produzione di biocombustibile, stanno distruggendo l’elemento stesso che produce il grosso dell’ossigeno: le alghe negli oceani.

Questa è la Truffa N° 4: i biocombustibili non riducono l’anidride carbonica; distruggono le foreste pluviali e consumano l’aria che respiriamo. Il che porta alla domanda: questa gente si è bevuta il cervello, è semplicemente malvagia o… c’è qualcos’altro in gioco?

E questo ci porta all’ultimo pezzo del rompicapo e alla truffa finale.

I CREDITI CARBONIO

(I crediti carbonio valgono ciascuno una tonnellata di anidride carbonica. In un ambiente dove viene assegnato un limite all’emissione totale di gas a effetto serra, i crediti vengono venduti da chi emette meno del suo massimo consentito a chi non rientra nei limiti. – NdT)

So che rimarrete scioccati, quando vi dico che i bankster (i banchieri gangster) hanno affondato i loro denti nei programmi sul cambiamento climatico come dei pitbull imbottiti di “ice” (metanfetamina).

In America si sente il mantra “il pianeta è un forno spaziale che sta fondendo le calotte polari, distruggendo gli orsi polari e trasformando Des Moines (capitale dell’Iowa, alla confluenza tra due fiumi) in una località balneare”.

La soluzione? Approvare leggi che “disincentivino” la produzione di anidride carbonica tassandone l’uso. Ah, trasformare poi la tassa in derivati in modo che Goldman Sachs e i suoi amici possano farsi una grande abbuffata (vedi il capitolo “The Goldman Connection” nel mio e-book Crisis by Design, presso www.behindthewizardscurtain.com.)

La gente del marketing ha chiamato questo complotto “crediti carbonio”.

Il Protocollo di Kyoto

Kyoto si staglia all’orizzonte punteggiata di molti dei templi buddisti più antichi del Giappone. Uno di questi antichi santuari è costruito su un lago. L’acqua del lago è talmente incontaminata che il modo migliore per distinguere il tempio dal suo riflesso è gettare un sasso nell’acqua e vedere quale delle due immagini si increspa.
Questa introduzione allegorica serve a indicare che le cose non sono sempre come sembrano, persino nella terra dei molti Budda.
Nel 1997 a Kyoto fu firmato un accordo internazionale per limitare le emissioni di gas serra. Prese il nome dalla città ospite e utilizza un termine più adatto a un romanzo di Robert Ludlum: il Protocollo di Kyoto.

Il Protocollo di Kyoto e una successiva intesa detta Accordi di Marrakech stabiliscono dei limiti o quote alla quantità massima di gas serra che ogni nazione può emettere. A sua volta, ogni nazione deve assegnare delle quote di emissione alle aziende e altre organizzazioni, che prendono il nome di operatori.

Perciò, si suppone che ogni azienda in ogni nazione che ha firmato il Protocollo di Kyoto abbia una dotazione di “crediti carbonio”. Le aziende che eccedono la loro dotazione devono comprare crediti carbonio. Questi possono essere acquistati dalle aziende “verdi” che non hanno usato la loro allocazione di carbonio o possono essere acquistati a una “borsa del carbonio”.

Prendiamo ad esempio una fabbrica di mobili. La fabbrica emette 125 tonnellate di anidride carbonica all’anno, ma la sua dotazione è 100 t. Ora la fabbrica deve tagliare la produzione per allinearsi alla quota di 100 t, oppure acquistare 25 crediti, per esempio, da un’azienda di biocombustibili che produce combustibilii “carbonio neutri”, una visione interamente diversa della follia dei biocombustibilii.

Man mano che la popolazione cresce, che si creano nuove aziende e che quelle esistenti espandono la loro produzione, l’uso di energia (e quindi i combustibilii basati sul carbonio e le emissioni) aumenterà. Le quote per nazione, tuttavia, saranno abbassate.

Naturalmente, più le quote (i limiti) vengono abbassate, più aumenta il valore dei crediti carbonio.

Ora hai il quadro: le regole dell’offerta e della domanda prevarranno e il costo dei crediti carbonio contiene in sé il meccanismo di aumento del prezzo.

Legislazione Cap-and-Trade

(Cap: la quota massima di emissioni assegnata, trade: il commercio dei crediti carbonio – NdT)

Per di più, mentre gli USA non hanno firmato il Protocollo di Kyoto e il vertice di Copenhagen si è rivelato poco più di una tempesta cacofonica di comunicati stampa, il presidente Obama si è impegnato sull’obiettivo di ridurre le emissioni di anidride carbonica al 17% sotto i livelli del 2005 quest’anno e di ridurle dell’80% per il 2050.

Questo è esattamente il mandato della legislazione “cap-and-trade” approvata alla Camera dei Rappresentanti USA nel giugno 2009.

Proprio così, lo stesso numero da circo che l’anno scorso ha portato agli americani un deficit di budget di 1,5 trilioni di dollari ha approvato una legge per costringerli a usare meno energia, perché la CO2 causa il riscaldamento globale.

Senonché non esiste alcun riscaldamento globale; le temperature hanno continuato a diminuire nel corso dell’ultimo decennio e, anche in caso contrario, l’anidride carbonica prodotta dall’uomo non ha niente a che fare con alcun cambiamento climatico dannoso: nada, zero, nulla.

Riuscite a immaginare le conseguenze di questo tipo di legislazione per l’industria e il commercio?

Per capire l’intera portata degli effetti di questa follia, considerate la Gran Bretagna. Il Segretario di Stato all’Ambiente del Regno Unito ha promesso una legislazione che stabilirà emissioni di carbonio, vincolanti per legge, inferiori del 60% per il 2050. Ha anche condotto uno studio di fattibilità per fornire una “carta di credito” sul carbonio a ogni cittadino in un sistema nazionale di razionamento del carbonio.

Con questo piano, ciascuno riceverebbe una dotazione annuale di carbonio che potrebbe spendere per prodotti come cibo, energia e viaggi. Gli individui dovrebbero strisciare la loro carta carbonio a ogni acquisto di carburante, pagamento di bolletta o prenotazione di un volo.

Forza, rileggetelo pure. Tanto le parole non cambiano.

Il Parlamento Britannico, che sembra essere affetto da una malattia mentale collettiva, si è spinto così in là da concedere ai burocrati locali il potere di irrompere senza mandato in casa dei cittadini e, tra le altre cose, verificare se ci sono frigoriferi privi delle certificazioni di categoria eco-amichevole.

Qui abbiamo davanti agli occhi un sistema che sta letteralmente impazzendo.

I limiti di emissione di carbonio e la conseguente compravendita dei “crediti” (il cosiddetto commercio Cap-and-Trade) sono soluzioni create per fronteggiare un problema catastrofico – sebbene inesistente – creato da ciò che è palesemente la campgna di PR meglio orchestrata della storia.

La soluzione non soltanto stabilisce un sistema di controllo economico planetario attraverso l’imposizione di limiti per ciascuna azienda (e nel Regno Unito per ciascun cittadino), ma renderà i suoi creatori e i loro alleati ricchi oltre ogni immaginazione.

A un livello tattico, il Cap-and-Trade fa tre cose: sopprime la produzione aumentando così la disoccupazione; spinge gli interessi dei biocombustibilii (in funzione dei crediti carbonio) che stanno distruggendo l’ecosistema della terra e, se ciò continuerà, distruggeranno l’aria stessa che respiriamo; crea un nuovo massiccio schema Ponzi internazionale con sommo godimento delle grandi banche d’affari.

Sono già stati orchestrati cinque “cambiamenti climatici” che hanno a che fare con la compravendita dei crediti carbonio. Le due maggiori borse sono il Chicago Climate Exchange (CCX), che è l’unica ditta USA che afferma di scambiare i crediti carbonio, e in Europa l’European Climate Exchange (ECX), per metà di proprietà del CCX.

C’è il mercato azionario, dove sono scambiate azioni e obbligazioni, e c’è un mercato delle materie prime dove si scambiano cose come oro, argento, granoturco, frumento e soia. Ora arriva la borsa del carbonio, dove i crediti carbonio saranno comprati e venduti sotto forma di derivati.

E i derivati di sicuro ci hanno reso un ottimo servizio l’anno scorso, non è vero?

In breve, i derivati sono essenzialmente contratti che impacchettano qualche tipo di prodotto in uno strumento finanziario che può essere commerciato: comprato e venduto. Un contratto per 100 once d’oro è un derivato, perché il contratto non è l’oro effettivo.

Le banche e altre entità compreranno i crediti carbonio, impacchettandoli e vendendoli a trilioni. Questo è già ben avviato in Europa, dove i carbon offset (crediti dovuti a compensazioni o neutralizzazioni delle emissioni di carbonio da parte di “attività verdi”) sono scambiati dal 2005.

La previsione del mercato del carbonio è dell’ordine dei trilioni e negli USA avrà inizio nell’istante in cui il Senato approva la proposta di legge sul cap-and-trade. Tale legge dovrà passare al vaglio della Camera ed essere inviata al presidente Obama, che ha fatto di questa legislazione un’iniziativa politica chiave seconda sola al servizio sanitario.

Tutti sono organizzati e pronti a partire. Le grandi banche hanno investito in imprese carbonio-amichevoli: Goldman Sachs, J.P. Morgan, Bank of America e Citigroup sono alcuni dei giocatori. Per non rimanere indietro, la Banca Mondiale è entrata nel CCX e ora gestisce un Fondo Carbonio per l’Europa che aiuta le nazioni a soddisfare i requisiti del Protocollo di Kyoto.

Non è straordinario?

Grandissime aziende, tra cui le principali compagnie petrolifere, sono forti sostenitrici della legislazione cap-and-trade e sono anche membri di queste borse del carbonio. Perché a una compagnia petrolifera dovrebbe interessare questo gioco?

Come generatori di grandi quantità di CO2, le compagnie petrolifere dovranno acquistare un gran numero di crediti carbonio. Se il prezzo del petrolio va alle stelle, ottengono notevoli profitti dal commercio del petrolio. Tuttavia, man mano che il prezzo del petrolio sale, altrettanto sale il prezzo dei crediti carbonio. Vedete, più il petrolio diventa costoso, più la gente si rivolge alla meno costosa energia prodotta dal carbone. Il carbone genera circa il doppio di CO2 del petrolio, il che significa che la domanda di crediti carbonio aumenterà per compensare le emissioni da carbone.

In tal modo la compagnia petrolifera vince in entrambi i modi. Trae profitto sia dal petrolio sia dall’aumento di valore del proprio portafoglio di crediti carbonio.

Vedete, questo è un mercato che può essere creato solo se i governi (o gli organismi internazionali autorizzati) impongono per legge degli standard sulle emissioni. Così facendo, essi creano istantaneamente un mercato del carbonio, visto che molte aziende dovranno acquistare i carbon offset.

Se i governi impongono dei limiti sulle emissioni di carbonio, arriverà il mercato. Altrimenti, no.

I mercati del carbonio in Europa hanno avuto un crollo dopo che la conferenza di Copenhagen ha mancato di stabilire limiti di emissione legalmente vincolanti per le principali nazioni industrializzate.

Vedete come funziona?

E ricordate, gli standard sulle emissioni non aumentano con la crescita della popolazione o l’incremento del numero di impianti o di fabbriche o della loro produzione. Essi vengono assoggettati a limiti che in seguito sono ulteriormente abbassati. Perciò i crediti carbonio continueranno a salire di prezzo man mano che l’offerta continuerà a scendere, spingendo in alto la domanda. L’escalation di profitti è intrinseca, se i governi impongono gli standard.

E prontissimo a diventare il primo miliardario del carbonio è niente di meno che …
Albert Arnold Gore, Jr.

Non è difficile immaginare Al Gore con il collare da pastore protestante.

Dopotutto, ha frequentato la Vanderbilt Divinity School da giovane, un atto di “purificazione”, come ebbe a dire in seguito sua moglie.

E lui ha chiamato i gas serra “una questione morale … profondamente non etica”, che deve essere il motivo per cui mette in guardia dall’Armageddon ambientale con tale zelo religioso:

“… a meno che agiamo audacemente e rapidamente per occuparci delle cause alla base del riscaldamento globale, il nostro mondo subirà una successione di terribili catastrofi, tra cui uragani in numero crescente e più violenti di Katrina…

“Oggi sentiamo e vediamo gli spaventosi avvertimenti della peggiore catastrofe potenziale nella storia della civiltà umana: una crisi climatica globale che sta diventando più profonda e che sta rapidamente diventando più pericolosa di qualunque cosa abbiamo mai affrontato”.

Cosa facciamo, Fratello Al? Come risolviamo la “peggiore catastrofe potenziale nella storia della civiltà umana”?

“Cap-and-trade, figlio mio, cap-and-trade”.

C’è solo una piccola cosa che si dovrebbe sapere sul sermone di Fratello Al: se i governi impongono la legislazione cap-and-trade che lui sostiene, Al il Virtuoso, Al il Morale, Al l’Etico si prepara a guadagnare miliardi.

Vedete, mentre spinge i governi di tutto il mondo a mettere un limite alle emissioni di carbonio, il che costringerà le aziende ad acquistare i crediti carbonio, lui è anche il presidente e fondatore di una società di private equity (una società privata di investimenti aperta a investitori istituzionali o a individui ad alta consistenza patrimoniale) chiamata Generation Investment Management (GIM), che investe in … hai indovinato … crediti sull’anidride carbonica.

L’articolo di Matt Taibbi su Rolling Stone ne delinea la struttura in modo eccellente.

“La caratteristica di questo piano, che ha un fascino speciale per gli speculatori, è che il ‘cap’ (il tetto) sul carbonio continuerà a essere abbassato dai governi, il che significa che i crediti carbonio diventeranno sempre più scarsi ogni anno che passa. Ciò significa che questo è un nuovissimo mercato delle materie prime dove la principale merce da scambiare è certo che crescerà di prezzo nel tempo. Il volume di questo nuovo mercato sarà superiore al trilione di dollari all’anno; per fare un paragone, le entrate totali annue combinate di tutti i fornitori di elettricità degli Stati Uniti sono 320 miliardi di dollari“.

Un blog del Settore Privato della Banca Mondiale si entusiasma regolarmente riguardo a Fratello Al, i cui partner in GIM sono quegli alti sacerdoti di rito Wall Street: i banchieri in bretelle di Goldman Sachs. Il cofondatore della società è David Blood (letteralmente Davide Sangue), ex direttore generale di Goldman Sachs Asset Management; altri ex Goldmaniti da novanta comprendono Mark Ferguson e Peter Harris. Ad assistere Al nella creazione della sua casa d’investimenti “etica” è stato niente di meno che il padrino dei derivati di Wall Street, che ha alimentato la crisi finanziaria globale ed è stato la star del salvataggio da un trilione di dollari delle banche d’affari del 2008: l’ex Segretario al Tesoro degli USA, Hammering (il martellatore) Hank Paulson.

Goldman da molto tempo spinge la legislazione cap-and-trade, avendo speso 3,5 milioni di dollari in lobbyng sulle questioni climatiche nel 2008. Inoltre la banca possiede il 10% del Chicago Climate Exchange (CCX) sopra menzionato. Il CCX è l’unica ditta americana che afferma di scambiare i crediti carbonio e, come sopra notato, possiede il 50% della borsa sorella in Europa, l’European Climate Exchange (ECX).

I membri del Chicago Climate Exchange, oltre a GIM, includono Ford Motor Company, Amtrak, DuPont, Dow Corning, International Paper, Motorola e altre aziende di prima categoria che emettono anidride carbonica. Questo dà loro non solo una “casa” da cui acqusitare i loro crediti offset, ma anche la possibilità di investire in crediti a scopo speculativo.

Se passa la legislazione cap-and-trade, gli affari e le entrate del CCX andranno alle stelle e i suoi membri ne trarranno profitto golosamente.

E chi è il maggiore azionista del Chicago Climate Exchange? Esatto, la Generation Investment Management di Fratello Al.

Amen, Fratello Al. Amen.

La gente sa che è l’avidità che scorre nelle vene di Goldman Sachs. Sono in una categoria tutta loro, a saccheggiare i mercati finanziari come pirati dei vecchi tempi. Ma che dire di Al l’Etico?

Pensate che ci sia un conflitto d’interessi nel suo incessante avvisare che avverrà la peggiore catastrofe della storia umana se il Congresso non legalizza le restrizioni sul carbonio, quando la sua società d’investimenti è la maggiore azionista dell’unica borsa americana del carbonio e la stessa società investe solo in opportunità derivanti dai carbon offset?

Pensate forse che Al abbia assunto il colore dei suoi partner predatori?

Un altro dei partner di Gore in GIM (costui silenzioso) è Maurice Strong, un uomo che molti accreditano come il padrino del movimento ambientalista. Strong è nel consiglio d’amministrazione del Chicago Climate Exchange ed è noto per avere – come dovremmo chiamarle? – vedute ambientaliste estreme.

Una volta Strong raccontò a un reporter la trama di un romanzo in cui i paesi ricchi del mondo rifiutavano di firmare un accordo per ridurre l’impatto sull’ambiente. Allo scopo di salvare il pianeta, un piccolo gruppo di leader mondiali decideva che l’unica speranza per l’umanità era il collasso delle civiltà indistrializzate.

La trama che Strong asserisce immaginaria trova la sua eco nella vita reale per opera degli estremisti del movimento ambientalista. Paul Ehrlich, professore di Studi sulla popolazione a Stanford, disse: «Si deve lanciare una massiccia campagna per de-sviluppare gli Stati Uniti. De-sviluppo significa portare il nostro sistema economico in linea con le realtà dell’ecologia e della situazione delle risorse mondiali».

E Michael Oppenheimer, dell’Environmental Defense Fund (Fondo per la Difesa dell’Ambiente), disse:«L’unica speranza per il mondo è assicurare che non esista un’altra nazione come gli Stati Uniti. Non possiamo permettere che altre nazioni abbiano lo stesso numero di automobili e la quantità di industrializzazione degli USA. Dobbiamo bloccare questi paesi del Terzo Mondo proprio lì dove si trovano».

Fortunatamente, queste non sono le vedute della maggior parte degli ambientalisti. La maggior parte di loro sono persone preoccupate nel vedere i corsi d’acqua diventare tossici per via dei veleni chimici, le foreste pluviali essere annientate, le specie estinguersi a migliaia, e sono abbastanza interessate da voler fare qualcosa a riguardo.

Il problema è che gli sono state fornite informazioni ingannevoli e altamente fuorvianti e che cercano di realizzare soluzioni a un problema che non esiste, soluzioni che rendono le cose infinitamente peggiori.

Ci SONO problemi ambientali critici su questo pianeta che, se non risolti, possono causare conseguenze devastanti. Ma il riscaldamento globale non è uno di essi e le solizioni che vengono spinte dagli interessi di parte non solo sono fasulle, ma causano proprio i problemi di cui si preoccupano gli ambientalisti.

Questo, dunque, è un breve sommario degli elementi chiave della truffa:

La teoria del riscaldamento globale del Club di Roma e il loro ingannevole appello allo “sviluppo sostenibile” si basano su scienza spazzatura.

L’ansia globale sull’esaurimento dei combustibili fossili del pianeta si basa su una menzogna. La scarsità di petrolio è un mito. Il petrolio non è un combustibile fossile ed è una risorsa rinnovabile.

Il riscaldamento globale è un’invenzione. Il pianeta si sta raffreddando da oltre un decennio, ha sperimentato temperature molto più calde molto tempo prima che esistessero l’industrializzazione e l’emissione di carbonio per causa umana, inoltre l’anidride carbonica è ciò che le piante usano per creare ossigeno.

I biocombustibilii non sono una soluzione ai problemi ambientali del pianeta, anzi sono altamente distruttivi per la vita sulla Terra.

I crediti carbonio sono una perfida truffa. Prodotti finanziari resi possibili solo da imposizioni politiche, si basano su un problema inesistente e distruggeranno le economie del mondo, arricchendo i grandi banchieri internazionali e l’elite globale al di là di ogni immaginazione.

Sebbene i veri ambientalisti non abbiano le vedute draconiane di Michael Oppenheimer o di Paul Ehrlich, se si permettesse alle leggi sul cap-and-trade di entrare in vigore, le loro visioni di un’apocalisse industriale diventerebbero del tutto possibili.

SOLUZIONI

1. Si dovrebbero fare tutti gli sforzi possibili per annullare immediatamente i crediti carbonio. Questo è vero sia su base locale, che nazionale o internazionale. Per esempio, c’è un disegno di legge cap-and-trade presso il Senato USA che ha grande importanza nel programma del governo federale.

Gli ambientalisti male informati, o gli “ambientalisti” che traggono vantaggi dal programma dei crediti carbonio, stanno spingendo la legislazione con la passione che nasce dall’ignoranza o dalla sete sfacciata di potere e ricchezza.

“Questo sistema, che può sembrare libero mercato, è qualcosa che solo un burocrate può immaginarsi. L’imbroglio è che il mercato del carbonio esiste solo perché l’imposizione di un tetto da parte del governo crea una scarsità artificiosa nella facoltà di produrre energia.” -Deborah Corey Barnes, the PoliReport, Washington, D.C.

Gli effetti dannosi di una legge simile sull’economia degli USA, o sull’economia di qualsiasi nazione che adotta una legislazione di questo tipo, sono ovvi e la legge deve essere fermata, o abrogata nel caso che fosse già in vigore. In California, ad esempio, è già stata approvata una legge che decreta un taglio del 25 percento delle emissioni entro il 2020. Nessuno è stato abbastanza “scontato” da bollare la legge come “sterminatrice dell’economia” dello stato, quindi qui lo farò io.

2. Le nazioni dovrebbero ritirarsi dal Protocollo di Kyoto e renderlo nullo, assieme agli accordi correnti fatti a Copenhagen.

Ciò si applica in modo simile a tutte le nazioni sottosviluppate, anche se da una prospettiva differente. La semplicità della cosa è che i crediti carbonio distruggono le economie, gli ambienti e la vita. Ma i paesi del terzo mondo hanno un potere considerevole: se loro si ritirano dal Protocollo di Kyoto e proibiscono i crediti carbonio, il sistema dei crediti carbonio fallirà, nonostante le leggi approvate negli USA o in EU. È richiesta la cooperazione sia dei paesi sviluppati che di quelli sottosviluppati, poiché hanno le risorse per compensare il carbonio (foreste pluviali, ecc).

È importante che comprendano che se aderiscono al sistema per fare dei guadagni facili nell’immediato, faranno qualche soldo nel breve termine vendendo crediti; ma quando gradualmente si industrializzeranno, dovranno ricomprarli, e quale sarà allora il costo? L’Unione Africana ha la facoltà di imporre tutto ciò.

3. Si dovrebbe legiferare contro la produzione di biocombustibile, perché come risorsa di energia vitale è insignificante e perché crea maggior distruzione ambientale di tutte le cause convenzionali precedenti.

4. Sono necessarie delle azioni efficaci per proteggere realmente l’ambiente: ridurre l’uso di fertilizzanti dannosi e gradualmente sostituirli con prodotti innocui (eliminando la produzione di biocombustibili produrrebbe un miglioramento maggiore e immediato).

5. Ridimensionare la deforestazione proibendo la produzione di biocombustibile, il che porterebbe anche ad un miglioramento ambientale immediato e alla preservazione delle specie.

Non serve un grande intuito per vedere quanto controllo può essere esercitato da ogni governo del pianeta sull’economia nazionale, su un’attività o su una casalinga mettendo in vigore un sistema standard per le emissioni di anidride carbonica. Come un osservatore sopra ha notato, questo non è niente di meno che completo controllo della produzione di energia.

Quando Gorbachev, parlando per il Club di Roma, disse: «La minaccia di una crisi ambientale causata da ‘un disastro interno’ sarà la chiave che aprirà le porte al Nuovo Ordine Mondiale», il tipo di Nuovo Ordine Mondiale che intendeva erano proprio i crediti carbone.

Dato che, in ultima analisi, il riscaldamento globale non è nient’altro che una campagna PR del governo globale.

Dobbiamo agire rapidamente e in modo deciso. Il Club di Roma ha un grande vantaggio e controlla la maggior parte dei media. Non dobbiamo trascurare le nostre responsabilità, se per noi il potere di scelta, la libertà di produrre e l’auto-determinismo economico sono dei valori da tenere in considerazione.

Riponiamo questo joker nella scatola e teniamolo lì. La civiltà non ne ha bisogno.

Anno  2010 by John Truman Wolfe.
Traduzione a cura di NSOE.

http://www.nsoe.info/anatomia-di-una-truffa