Di Michael Sfaradi – Tel Aviv 15 dicembre 2012
15 dic – Chi conosce bene Israele o semplicemente l’ha frequentata per un periodo leggermente più lungo di una semplice vacanza sa che lo Stato Ebraico fra i suoi punti di eccellenza ha anche una popolazione poliglotta, non è un caso, infatti, incontrare persone che conoscano due, tre o più lingue. Questo è il frutto e la convergenza, o meglio ancora l’intreccio, fra ciò che i bambini imparano sia a scuola che a casa.
Le lingue delle nazioni di provenienza di molti israeliani di oggi sono state conservate nel patrimonio culturale delle comunità originarie anche a distanza di diverse generazioni ed è l’ennesima prova che il popolo ebraico, un po’ per tradizione e un po’ per mantenere le radici del passato recente e lontano, da sempre fa tesoro di ogni retaggio culturale.
Inoltre sta lì a dimostrare che Israele, fin dalla sua indipendenza, è stata la nazione di riferimento di tutti gli ebrei del mondo ogni volta che si sono sentiti minacciati nei posti dove vivevano, magari da secoli. Chi conosce Israele sa anche che il centralino di qualsiasi ente pubblico risponde in ebraico, ma poi permette, in caso non lo si conoscesse, di scegliere l’interlocutore in modo da poter parlare in lingue diverse.
Fino a una decina di anni fa i centralini avevano nelle loro possibilità tre lingue, oltre all’ebraico c’era anche l’arabo e l’inglese. Quest’ultimo, in particolare, era ad uso e consumo dei turisti e degli immigrati, per lo più giovani, che arrivavano da ogni parte del mondo e che usavano la ‘lingua internazionale’ durante lo stretto tempo necessario ad imparare l’ebraico e ad inserirsi in maniera definitiva nel tessuto sociale.
Negli anni novanta, in corrispondenza della caduta dell’U.R.S.S., circa un milione di ebrei, ex cittadini sovietici che per anni avevano vissuto sotto il tallone del comunismo reale, sono finalmente arrivati in Israele. In questo caso però non si trattò di un’immigrazione alla spicciolata di soli giovani che nel giro di pochi mesi si potevano inserire, ma di un esodo di massa che comprendeva, anche e soprattutto, persone anziane che non sarebbero mai riuscite ad arrivare ad una conoscenza tale dell’ebraico da permettere loro di potersi confrontare in maniera adeguata con le esigenze di una nazione moderna. Dal quel momento la lingua russa apparve nei centralini degli enti pubblici e, dopo quasi venti anni, il servizio è ancora attivo per tutti coloro che ne necessitano.
La novità degli ultimi mesi è la lenta ma progressiva comparsa di un’altra lingua, il francese, che si è andato ad aggiungere, un po’ dappertutto, come quinta possibilità. Certo non stiamo assistendo a un’immigrazione di massa e veloce come fu quella dall’ex Unione Sovietica, ma negli ultimi anni numerosissime famiglie hanno lasciato la Francia e si sono trasferite in Israele. La presenza del francese poi come possibilità di dialogo all’interno degli uffici pubblici sta anche a significare la presenza di persone un po’ avanti con gli anni e che hanno oggettive difficoltà di inserimento, almeno dal punto di vista della lingua.
Cosa significa tutto questo? Cosa c’è dietro a questo fenomeno che fino a cinque o sei anni fa era impensabile? C’è, inutile negarlo, la recrudescenza violenta del più bieco e ottuso antisemitismo che prende spunto dalla forte presenza araba nella nazione e risveglia i sentimenti antiebraici mai sopiti. Si potrebbe obbiettare che invece dietro a questo fenomeno ci potrebbe essere la fortissima crisi economica con un Europa che, vittima dell’EURO e dello Spread, sta andando rovinosamente a fondo e che questi spostamenti verso Israele siano solo il conseguente ‘si salvi chi può’ che ha portato gli ebrei francesi a una scelta drastica, ma non è così. Infatti non è la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale che il vecchio continente si ritrova nel bel mezzo di una crisi finanziaria, magari non grave come quella attuale. Basta però sfogliare un qualsiasi libro di storia per rendersi conto che di crisi politiche ed economiche ce ne sono state e sono sempre state superate. Prendere per buona questa spiegazione sarebbe falsare la realtà e giustificare coloro che continuano a ignorare ciò che sta accadendo in tutto il continente e non solo in Francia, con la scusa della contestazione politica al governo israeliano.
In nessun caso del passato gli ebrei francesi, che sono la più importante e numerosa comunità ebraica europea, avevano mai reagito in questo modo, perché questa volta è diversa dalle altre? La risposta è semplice anche se ai politici che comandano nelle stanze del potere delle cancellerie europee conviene ignorare il problema. La risposta è che l’insofferenza verso l’ebreo si sta facendo sempre più perniciosa nelle mente di tutti coloro, sono tanti, più di quello che si vuole ammettere, che antisemiti di tutte le matrici lo sono sempre stati ma che per una sorta di pudore si nascondevano.
Oggi, con la scusa dell’antisionismo e la lotta alla politica del governo israeliano, stanno nuovamente uscendo allo scoperto con tutti gli stereotipi classici dell’antisemitismo, in ogni sua variante. Stereotipi che nascono spontanei in Europa o che dal mondo arabo, dove sono sempre stati presenti senza soluzione di continuità, rimbalzano e trovano fertile terreno nelle menti di coloro che non aspettavano altro che l’occasione per potersi lavare la coscienza, sporca da secoli di orrore e repressione nei confronti delle popolazioni ebraiche e, mentre si sciacquano, infangano nuovamente l’ebraismo con infami menzogne usando come scudo problematiche di politica internazionale.
Abbiamo avuto negli ultimi mesi esempi lampanti di quanto sua grave la situazione. Nell’ottobre del 2012, ultimi in ordine di tempo, sono stati profanati i cimiteri ebraici di Kroeplin in Germania, Auckland in Nuova Zelanda e di Hartford nel Connecticut U.S.A. In Danimarca la ditta BISCA ha messo sul mercato un nuovo prodotto che si chiama: “Il biscotto dell’ebreo cotto al forno”, si diceva che fosse un falso, ma la ditta da me contattata non ha mai smentito.
In Estonia abbiamo avuto il caso delle pillole dimagranti del dott. Mengele, con tanto di fotografie di deportati ridotti a scheletri umani usate come materiale pubblicitario, e della ditta di gas Gasterm che ha pensato bene di mettere il primo piano del cancello di Auschwitz sempre come immagine pubblicitaria.
In India un negozio di abbigliamento da uomo e in Corea del sud un pub hanno il nome Adolf Hitler sull’insegna esterna e mentre Henry Kissinger prevedeva, durante un’intervista rilasciata a un giornalista della FOX TV la fine di Israele entro i prossimi 10 anni, dichiarazione poi smentita dal suo staff ma confermata dalla redazione NEWS, in Inghilterra, Irlanda e Germania, si è continuato senza dare risalto agli episodi, non sia che mai le coscienze dovessero svegliarsi, di barbaro teppismo come l’interruzione degli spettacoli di artisti israeliani.
Il governo tedesco ha ripubblicato il Mein Kampf di Adolf Hitler, con commenti a margine e ampie spiegazioni dei massimi storici contemporanei, allo scadere del termine legale dei diritti di autore, questo per evitare pubblicazioni massicce e selvagge da parte di editori o gruppi eversivi che si ispirano all’ideologia nazista. Se Berlino è corsa ai ripari per tempo, nel mondo arabo, invece, lo stesso libro ha sempre avuto grande seguito ed è stato più volte tradotto e pubblicato nel corso degli anni insieme all’altro classico dell’antisemitismo mondiale, e cioè il falso zarista “I protocolli dei savi di sion”.
Se a tutto questo aggiungiamo che in Gran Bretagna la Shaaria musulmana è entrata a far parte della legislatura civile corrente del Regno Unito, che gli ultimi ebrei norvegesi, lasciati soli dal loro governo davanti ai continui atti di antisemitismo e profanazione dei luoghi sacri, si sono visti costretti ad abbandonare il paese creando il primo pezzo d’Europa ‘Judenfrei’ realizzando, De Facto, la prima parte del grande sogno del dittatore nazista il quadro si fa inquietante.
Il governo danese, pochi giorni fa, con una nota ha sconsigliato l’esposizione di simboli a carattere ebraico per evitare aggressioni e in Svezia il sindaco di Malmö ha consigliato alla comunità ebraica locale di trasferirsi a Stoccolma perché non può più garantirne la sicurezza dopo anni di attacchi da parte dei nuovi immigrati arabi e teppisti locali.
Ma non finisce qui, perché gli attacchi antisemiti in Francia, bomba contro un negozio di prodotti kosher e uccisione di un insegnante e tre bambini in una scuola ebraica, hanno preceduto solo di pochi giorni l’ennesimo atto di profanazione di una delle più importanti sinagoghe parigine.
Anche in Italia le cose non vanno bene, infatti abbiamo visto sfilare personaggi di estrema sinistra e di estrema destra in manifestazioni contro la politica israeliana inneggiando alla distruzione dello stato ebraico, e nelle manifestazioni di ambedue gli schieramenti c’era sempre una forte presenza di immigrati arabi che urlavano slogan non contro la politica israeliana, ma contro gli ebrei in quanto tali. Le sinagoghe di Livorno, Genova e Mantova, con la scusa della politica israeliana, sono state sporcate con vernice rossa o scritte infamanti e anche se le autorità italiane sono sicuramente più attente a certe problematiche, lo tzunami di ignoranza e odio represso che sta colpendo l’Europa non potrà non arrivare con tutto il suo carico distruttivo e, purtroppo, già se ne sentono i primi effetti.
Sono decine, solo nell’ultimo anno, le famiglie che stanno partendo dall’Italia e si stanno trasferendo in pianta stabile in Israele, e la previsione per i prossimi anni è che questo trend sia in aumento. L’incompetenza criminale di chi ha gestito l’immigrazione in Europa dai paesi nord africani e sub sahariani ha inciso e sta incidendo in maniera devastante sugli equilibri europei, con la conseguenza che il volto del vecchio continente sta cambiando sotto il lento e continuo martellare di alcune minoranze che anziché integrarsi con gli usi e costumi locali, li vogliono cancellare per far posto a una nuova cultura estranea al mondo occidentale.
Le democrazie stanno dimostrando in pieno la loro debolezza, ottusità e impotenza, abbandonando a loro stesse decine di comunità presenti da secoli sul territorio. Lo spostamento sempre più massiccio delle comunità ebraiche europee verso Israele è solo il primo passo dello sgretolamento in atto di un sistema democratico e progressista che, se non si prenderanno in tempo serissimi provvedimenti, vedrà presto cancellare in maniera aggressiva il mondo che conoscevamo. Che non siano solo gli ebrei nel mirino lo dimostra il fatto che quest’anno in diverse scuole italiane crocifissi, presepi e alberi di Natale non hanno trovato diritto di cittadinanza.
Un pezzo davvero eccezionale, Michael. Coraggioso, chiaro, che va direttamente al cuore del problema. C’è di nuovo un mostro che si aggira per l’Europa.Stiamo abdicando alla nostra cultura. Non se ne leggono in giro di articoli così.