28 nov – Il presidente egiziano Mohammed Mursi come l’Ayatollah iraniano Khomeini. Ad azzardare il paragone è l’analista, giornalista ed ex responsabile delle news della televisione di Stato egizianza Abdel Latif Fouad el-Menawy, che sta seguendo i recenti sviluppi in Egitto per il ‘Times’. Secondo l’esperto, i due leader sono accomunati da un periodo trascorso all’estero e dalla volonta’ di instaurare una dittatura religiosa nei loro Paesi una volta rientrati in patria.
Turchia: Erdogan, seguiremo le orme dei sultani ottomani
”Il nuovo decreto costituzionale di Mohammed Mursi, che gli da’ il pieno controllo sugli apparati dello Stato, gli garantisce piu’ autorita’ di qualunque altro leader dopo i Faraoni”, ha scritto Menawy. ”Gli egiziani hanno sperato che Mursi avrebbe usato il potere per tenere unita una nazione che aveva partecipato alla rivoluzione per rovesciare il presidente (Hosni, ndr) Mubarak lo scorso anno. Nel suo primo discorso, (Mursi, ndr) aveva garantito che avrebbe governato per tutti i cittadini di qualsiasi setta”, ha aggiunto Menawy.
L’analista spiega quindi come il ruolo di ”star” conquistato da Mursi grazie al successo della mediazione egiziana nella Striscia di Gaza nella crisi tra Israele e Hamas lo abbia autorizzato a estendere i suoi poteri. Ma le mancate promesse sul fronte interno gli hanno fatto perdere molta della credibilita’ che gli egiziani gli avevano riconosciuto. L’articolo di Menawy si conclude ricordando che ”quando l’Ayatollah Khomeini era sull’aereo che lo portava da Parigi a Teheran dopo la caduta dello Shah, disse ai gioralisti che ‘gli uomini di fede non vogliono governare’. Infatti…”. aki