Iran: torturato a morte il blogger e attivista Sattar Beheshti

8 nov – Il blogger iraniano Sattar Beheshti sarebbe morto in prigione per le torture subite. È quanto sostengono alcuni siti dell’opposizione, secondo i quali la famiglia dell’attivista avrebbe ricevuto ieri una telefonata dalle autorità del carcere, che chiedevano di portare via la salma dal centro di detenzione Kahrizak.

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La polizia aveva arrestato l’uomo nella sua città natale, Robat Karim, imprigionandolo con l’accusa di “minacce alla sicurezza nazionale”, il 30 ottobre scorso. Beheshti, 35 anni, era noto per il suo attivismo e la sua difesa dei diritti umani, che esprimeva attraverso Facebook. Nel suo ultimo post pubblicato sul social network, il blogger ha scritto: “Ieri mi hanno minacciato, [dicendo che] mia madre potrebbe vestirsi di nero perché io non tengo la bocca chiusa”.

Il sito Sahamnews, vicino a Mir Hossein Mousavi – leader dell’Onda verde da 22 mesi agli arresti domiciliari – sostiene che “secondo testimoni che hanno parlato con i familiari, Beheshti è stato picchiato e torturato più volte durante gli interrogatori nel carcere di Evin. Su corpo, viso e testa del prigioniero erano ben visibili lividi e ferite causati dalle torture”.

Secondo quanto riferito dalla sorella del blogger, il marito di lei ha ricevuto una chiamata da alcuni funzionari. Questi gli hanno ordinato di comprare una bara e di ritirare il corpo del cognato. La salma sarebbe stata trasferita nel centro di detenzione di Kahrizak. “Non sappiamo altro – afferma la sorella -. Non sappiamo perché lo abbiano ucciso, o cosa sia accaduto di preciso. Ci hanno detto che aveva problemi di cuore: ma mio fratello stava bene quando è stato portato via! Ha lasciato casa sui suoi piedi, era in salute, non ha mai preso neanche una pillola per il mal di testa…”.

Secondo l’opposizione, molti attivisti sono morti sotto tortura a Kahrizak, e tanti sostengono di essere stati stuprati. Un medico iraniano che aveva esaminato alcune vittime provenienti dal centro detentivo, è stato assassinato nel settembre 2010. Il centro di Kahrizak è diventato motivo di scandalo per il regime da quando si è scoperto che Mohsen Rouholamini, figlio di un ex leader delle Guardie della rivoluzione, è uno dei prigionieri morti nella struttura.

Creata nel gennaio 2011 per “prevenire spionaggi e sabotaggi”, la polizia cibernetica iraniana ha unità in tutte le province del Paese. Di recente, Teheran ha arrestato un numero consistente di attivisti che sfruttano Facebook per divulgare la loro protesta. Sebbene il social network sia bloccato nello Stato, milioni di iraniani vi accedono grazie a siti proxy o network privati.

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