25 OTT – Adottare una famiglia Rom o Sinti: e’ la provocazione lanciata alle chiese, ai credenti, dall’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, nella Lettera pastorale dedicata ai popoli nomadi che vivono in citta’.
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“Abbiate fiducia”, perche’ avere fiducia significa “non credere di risolvere i problemi della vita con la violenza o la delinquenza e l’illegalita”‘, ma piuttosto “affermare la dignita’ dei vostri popoli, quella che voi difendete con l’onore di una vita buona, rispettosa di voi stessi e degli altri”. Comincia cosi’ la lettera pastorale ‘Non stranieri, ma concittadini e familiari di Dio’ che l’Arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, dedica ai popoli nomadi, rom e sinti, che vivono in citta’.
Rivolgendosi prima di tutto ai nomadi, monsignor Nosiglia rimarca la necessita’ di superare diffidenze e divisioni del passato sottolineando che oggi “la realta’ e’ diversa, certe frontiere sono cadute per sempre. Anche per questo – sottolinea – non ha senso cercare di confinare i nomadi in un ghetto culturale”.
Poi, richiama istituzioni politiche e civili, ricordando che se molto e’ stato fatto, “il lavoro non e’ finito. Il cammino dell’integrazione e della convivenza si e’ avviato con l’accesso all’istruzione, alla salute, alle opportunita’ di lavoro, ma la vera equita’ di fonda sempre sul partire dall’ultimo e significa non scoraggiarsi mai, non lasciarsi trascinare dalla corrente del consenso. Bisogna coltivare il coraggio del futuro anche confrontandoci con il popolo nomade”.
”Chissa’ che qualcuno tra voi – scrive Nosiglia – non possa accompagnare amichevolmente, fraternamente, una famiglia a trovare casa, ad avviarsi al lavoro, a superare le difficolta”’. ”Non stranieri, ma concittadini”: cosi’ mons. Nosiglia definisce i nomadi.
“Nella crisi attuale (morale e culturale, prima che economica) le vittime – aggiunge Nosiglia – sono soprattutto i poveri e tra i poveri vi sono certamente i Rom e i Sinti.
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