A Rimini il secondo summit dell’MMT. Per uscire dall’Euro e dalla crisi

Paolo Barnard

Lasciarsi alle spalle l’incubo di una moneta unica ristabilendo la sovranità monetaria del proprio paese. Puntare alla piena occupazione e al pieno stato sociale abbandonando l’inutile (e addirittura controproducente) obiettivo di raggiungere l’eccedenza di bilancio e il deficit zero. Uscire in questa maniera dalla crisi economica e finanziaria che ha investito i ventisette Stati membri del’Unione Europea.

E’ molto più che un semplice ragionamento teorico per gli economisti e gli imprenditori che sostengono la Modern Money Theory presentata per la prima volta dal tedesco Georg Friedrich Knapp nel 1895.
E che dopo il seminario del febbraio scorso –il primo in assoluto nel nostro paese– si sono dati ancora una volta appuntamento al Pala 105 di Rimini, chiamati a raccolta dal giornalista Paolo Barnard (nella foto).

Una due giorni di dibattiti che si concretizzerà nella redazione di un vero e proprio “manifesto di intenti” che i cittadini dei paesi membri potranno presentare ai loro Governi «per sconfiggere chi vuole distruggere l’economia europea».
Perché, come ha sottolineato Warren Mosler, economista statunitense fra gli sviluppatori della Modern Money Theory, «l’inflazione non è un problema se gestita con una moneta sovrana. Non è un problema neanche la piena occupazione. Essendo inesauribile, la Lira, come ogni moneta posseduta ed emessa da uno Stato sovrano, c’è la possibilità di dare un lavoro a tutti, garantendo uno stipendio decente per vivere bene ai lavoratori».

Mette qualche puntino sulle i anche Mathew Forstater, professore dell’Università del Missouri KC, e fra i protagonisti del salvataggio dell’Argentina dopo il default del 2001: «Sulla Mmt ci sono strane idee, si pensa che si miri a creare grandi deficit sempre, come cosa positiva, ma non è così: in realtà si dice che il deficit in sé per sé è irrilevante, quello che conta sono gli obiettivi di particolari politiche di bilancio».

E la critica della Modern Money Theory non risparmia neanche i padri fondatori della Comunità Europea. Secondo Alain Parguez, professore francecese già consulente del Presidente della Repubblica francese François Mitterrand, «Jean Monnet, ad esempio, speculava negli anni ’30. Era un cattolico ultraconservatore ed esponente di un cartello dell’acciaio che comprendeva aziende francesi e del Belgio, ma anche la famiglia Krupp, tedesca».
E sul futuro della moneta univa, Parguez rincara ulteriormente la dose: «Le persone devono capire che non c’è la minima speranza in cui possano confidare. Ritenere che ci possa essere un sistema migliore per l’Euro significherebbe accettare che sua santità Benedetto XVI affermi che Dio non c’è».

Luca Balduzzi