Da Libero del 11/09/2012, pag. 1-16, riportiamo l’articolo di Andrea Morigi dal titolo “Ora ci vergognamo dell’11 Settembre”.
Celebrazioni sotto tono, nell’undicesimo anniversario degli attentati alle Torri Gemelle. Salta perfino l’inaugu – razione, già prevista per oggi, del museo dedicato alla strage. Appuntamento all’anno prossimo, a causa delle polemiche fra il sindaco di New York City, Michael Bloomberg, e il governatore dello Stato di New York, Andrew Cuomo, divisi da un conflitto burocratico fra le rispettive amministrazioni. Le vittime, le loro foto, i video, gli audio, gli effetti personali e le testimonianze possono attendere. Dopotutto la sicurezza nazionale è stata declassata a tema secondario della campagna elettorale per le presidenziali. Anche all’agenzia di stampa statunitense Associated Press risulta che il terrorismo sia finito ormai in fondo alla lista delle preoccupazioni degli americani, certamente dietro la crisi economica.
L’AMERICA IN GUERRA
È sotto Barack Obama, in fondo, che Osama Bin Laden è stato eliminato. Quindi, il problema sembra risolto una volta per tutte. Dalla Casa Bianca, nei giorni scorsi, è partito un messaggio dai toni rassicuranti: «Abbiamo decimato la leadership » jihadista e «la nostra nazione è più forte, più sicura e più rispettata nel mondo», si vanta il presidente, precisando di aver «sempre detto che l’America è in guerra con Al Qaeda e i suoi affiliati – e non saremo mai in guerra con l’Islam o qualsiasi altra religione». Hanno combattuto come se i nemici dell’America e dell’Oc – cidente fossero una Spectre, hanno vinto militarmente contro un’organizzazione di pochi uomini, ma sono stati sconfitti culturalmente. Proprio come in Vietnam. Che un numero sterminato di musulmani si consideri in guerra con gli Stati Uniti, non appare più come il problema centrale. Debellata la minaccia della violenza domestica, tutto sembra tranquillo, anche se in realtà il carcere di Guantanamo non è stato chiuso e il processo contro i cinque imputati per gli attentati è ancora bloccato alle prime udienze. Invece rimane tuttora operativo il piano strategico dei fondamentalisti: fuori gli infedeli dai territori islamici, istituzione del califfato, conquista del mondo degli infedeli. La prima e la seconda delle tre tappe avanzano di pari passo con le rivoluzioni arabe in Tunisia, Egitto, Libia, Siria, con le stragi di cristiani in Nigeria, la presa del potere in Mali. Intanto i talebani sono più forti in Afghanistan, in Somalia e nello Yemen il terrorismo islamico avanza, l’Iraq è ancora in preda alla guerra civile fra musulmani e l’Iran dà gli ultimi ritocchi alla bomba atomica con cui intende colpire Israele. E con la sua guerra dei droni, Obama non ha risolto proprio un bel nulla. Anzi, ha fatto di tutto perché la tragedia fosse dimenticata. E nel messaggio di commemorazione, ha evitato ogni riferimento a Dio e alla preghiera comune, pur chiedendo ai suoi connazionali di partecipare alle cerimonie civili per onorare i caduti di undici anni fa. Per anni, le immagini dei Boeing che penetravano i grattacieli, il fumo che si alzava, il crollo e le macerie sono state oscurate: politicamente troppo scorrette. Alla fine è passata la linea politica del regista Michael Moore e degli autolesionisti, dei self hating, coloro che si auto-odiano per le colpe dei bianchi, dei capitalisti, dei colonialisti e degli sfruttatori.
SENSO DI VUOTO
Così, a forza di esami di coscienza, gli americani non hanno saputo trovare un senso per quel tremendo lutto nazionale. Ecco perché ora, a Ground Zero, rimane più che altro un grande vuoto, sul quale svettano i due nuovi grattacieli dell’One World Trade Center a rispecchiarsi sul Reflecting Absence, il memoriale della tragedia del 2001 realizzato dall’ar – chitetto israeliano Michael Arad e dall’americano Peter Walker. I nomi delle tremila vittime degli attacchi sono incisi su parapetti di bronzo, come un elenco inutile. Nel luogo dove sorgevano gli edifici distrutti, sorgono due piscine, ognuna larga quattro chilometri quadrati, circondate da cascate, accanto a un bosco formato da oltre 400 alberi di quercia. Simboli del nulla, della dispersione di ogni significato. Nessuno si ricorda più nemmeno dell’annunciato progetto di moschea da costruire nei paraggi. Sono praticamente svaniti nel nulla, con l’irrilevanza delle loro teorie, perfino i complottisti. E manca all’appello soprattutto la denuncia ruvida di Oriana Fallaci, scomparsa il 15 settembre 2006 poco dopo il quinto anniversario dell’attac – co all’America. Almeno lei una spiegazione l’aveva cercata fino in fondo.