E’ Pieta di Kim Ki-Duk ad aggiudicarsi il Leone d’Oro della 69° edizione della Mostra internazionale di Arte cinematografica di Venezia. Questo il giudizio unanime della Giuria, presieduta da Michael Mann e composta da Marina Abramovic, Laetitia Casta, Peter Ho-Sun Chan, Ari Folman, Matteo Garrone, Ursula Meier, Samantha Morton e Pablo Trapero.
«Non è stato facile arrivare a questo verdetto. Molte ore, non solo un meeting, ma tanti», ha dichiarato Mann motivando il premio. E la Abramovic ha aggiunto: «Veniamo da culture diverse. Quando abbiamo visto Pieta siamo tutti rimasti colpiti, con lo stesso sentimento».
In segno di ringraziamento, Kim Ki-Duk ha intonato una canzone popolare coreana che s’intitola Arirang, come il suo documentario premiato nella sezione “Un Certain Regard” del Festival di Cannes del 2011, prima di salutare la platea della Sala Grande con il pugno chiuso.
Il film del regista coreano, uno fra i più apprezzati dal pubblico e dalla critica in queste ultime giornate della Mostra, ha superato gli altrettanto favoriti The Master di Paul Thomas Anderson e Bella addormentata di Marco Bellocchio.
Al primo sono andati il Leone d’Argento per la migliore regia e la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile, assegnata sia a Philip Seymour Hoffman che a Joaquin Phoenix, al “nostro” il Premio Marcello Mastroianni ad un giovane attore emergente, assegnato a Fabrizio Falco e condiviso con il film E’ stato il figlio di Daniele Ciprì.
Il molto discusso Paradies: Glaube di Ulrich Seidl si aggiudica il Premio speciale della Giuria.
Momenti di imbarazzo quando Mann inverte i due riconoscimenti destinati ad Anderson e a Seidl. Tutto sembra concludersi in maniera brillante con una risata e con uno scambio di statuette fra i legittimi vincitori, ma per la fretta di tornare sul palco a Hoffman il Leone d’Argento scappa pure di mano.
La sorpresa per l’Italia, però, non è finita: all’esordio “da solista” di Ciprì va anche il Premio per il migliore contributo tecnico e per la fotografia.
Luca Balduzzi