29 ago – Dall’inizio della crisi alla fine di giugno di quest’anno, i fallimenti in Italia hanno sfiorato le 46.400 unita’. E’ quanto stima la CGIA di Mestre secondo la quale poco meno di 14.400 (poco piu’ del 30%) sono maturati a causa dell’impossibilita’, da parte di questi imprenditori, di incassare in tempi ragionevoli le proprie spettanze.
Lo Stato che non ti paga fino a farti fallire
Dalla CGIA ricordano che secondo i dati di Intrum Justitia, ”la percentuale di aziende che in Europa falliscono a causa dei ritardi dei pagamenti e’ pari al 25% del totale. Dato che nel nostro Paese i ritardi superano la media europea di circa 30 giorni, la CGIA ha stimato che la media italiana di aziende che falliscono a causa dei ritardi si attesta intorno al 31% del totale. Indubbiamente anche la crisi economica ha contribuito ad aggravare questa situazione, anche se, tra i principali Paesi dell’Unione europea, l’Italia e’ l’unico ad aver registrato, tra il 2008 ed i primi mesi del 2012, un aumento dei tempi effettivi di pagamento: + 8 giorni nelle transazioni commerciali tra le imprese private, + 45 giorni nei rapporti tra Pubblica amministrazione ed imprese”.
”Drammatica” secondo la Cgia, la situazione per quelle attivita’ che lavorano per lo Stato centrale o per le Autonomie locali. Se in Italia il pagamento avviene mediamente dopo 180 giorni, in Francia le aziende vengono saldate dopo 65 giorni, in Gran Bretagna dopo 43 giorni, mentre in Germania il pagamento avviene dopo appena 36 giorni.
”Nonostante il Governo Monti abbia messo in campo alcune misure che entro la fine di quest’anno dovrebbero sbloccare una parte dei pagamenti che i privati avanzano dalla Pubblica amministrazione – commenta Giuseppe Bortolussi, Segretario della CGIA di Mestre – e’ necessario che venga recepita quanto prima la Direttiva europea contro il ritardo nei pagamenti.
La mancanza di liquidita’ sta facendo crescere il numero degli ”sfiduciati’, ovvero di quegli imprenditori che hanno deciso di non ricorrere all’aiuto di una banca. E’ un segnale preoccupante che rischia di indurre molte aziende a rivolgersi a forme illegali di accesso al credito, con il pericolo che cio’ dia luogo ad un incremento dell’usura e del numero di infiltrazioni malavitose nel nostro sistema economico”. asca