di Antonino Marotta
21 agosto – I proprietari dell’ILVA di Taranto e tutti gli altri indagati si preparino a sopportare un processo penale in cui verrà chiesta una condanna pesante, ultradecennale, per vari reati ambientali commessi con coscienza e volontà di uccidere persone e devastare una città intera, seppur con dolo eventuale.
Pare non si sia visto nessuno, armato di pistola, ammazzare direttamente un operaio o un cittadino di Taranto. Le affermazioni del Tribunale del riesame sono “toni forti” gli stessi utilizzati dal GIP, per significare il dolo nell’ ipotesi di non aver voluto impedire un evento che si aveva l’obbligo giuridico di impedire, quindi cagionandolo, ma si va al di là indicando la precisa volontà di nuocere gravemente, esito di una forsennata ricerca del profitto che si persegue a prescindere dal danno che questa corsa avrebbe, ed ha, provocato.
Siamo allle soglie dell’omicidio volontario.
Come si giustifica questo accanimento se non con l’appannamento ideologico applicato alla giustizia?
Insomma, l’ILVA ed i suoi padroni sono degli assassini travestiti da imprenditori, a cui non importa nulla di lasciare cadaveri per terra, da sacrificare nell’altare del profitto.
Sembrerebbe un ragionamento esagerato ma tale è!!!!!!!
I fatti vengono “piegati” a supportare questa tesi, ci sono intercettazioni dove si intuisce che i dirigenti dell’ILVA, pagando tangenti, intendevano sottrarsi ai loro obblighi.
Tutto come da copione trentennale che si recita quotidianamente nelle aule di giustizia, salvo poi verificare che esattamente le cose non stanno così e se a Taranto si è giunti a questa situazione la responsabilità non è certo da ascriversi unicamente agli ultimi arrivati, i privati, ma sono resnponsabilità che vanno ripartite tra diversi soggetti che negli anni hanno operato nello stabilimento. Non ultime le istituzioni, e tra queste ci metto anche i giudici, i quali per anni non hanno controllato nulla in una sorta di “lassair faire” spalmato in tutti quei campi di responsabilità che sono stati invece irresponsabili cagionando il disastro che si poteva evitare se cisacuno avesse fatto il suo dovere, e non lo ha fatto.
Ora si è trovato il capro espiatorio, gli ultimi pagheranno per tutti e molti la faranno franca tanto il “pesce più grosso” è stato acchiappato.
Tornando all’appannamento ideologico, con in medesimo criterio a Torino sono stati condannati i dirigenti della Tyssengroup, anche lì omicidio volontario con dolo eventuale, non si è visto nessuno armato che ha ucciso .
Questi sono i casi più eclatanti, ma il fanatismo giudiziario si sta espandendo a macchia d’olio su tutto il territorio nazionale e qui non è più soltanto l’eterna lotta di potere tra magistratura e politica, è qualcos’altro di più preoccupante.
Si pretende di imporre la propria ideologia, ambientalista o altro che sia, ma anche morale e puritana attraverso l’azione giudiziaria che, a questo punto perde i suoi connotati essenziali, degenerando per volgere al suo definitivo declino.
Antonino Marotta