18 agosto – I giovani imam predicano una forma di Islam diversa da quella diffusa in Albania, favorendo la nascita di nuove tensioni». È la denuncia di Peter Rettig, responsabile di «Aiuto alla Chiesa che soffre», associazione riconosciuta dalla Santa sede. Nella patria dell’eroe cristiano Skanderbeg, il nuovo clero islamico viene formato in Turchia e Arabia Saudita, paesi che incoraggiano l’espansione delle scuole coraniche (le madrasse).
In Albania l’80 percento della popolazione è islamico, ma poco religioso: nel 2009 erano registrate 638 moschee e templi sufi. Il movimento turco Gulen ha però aperto cinque scuole coraniche. E ong come Islamic relief finanziano la Haij Shamia school a Scutari, roccaforte cristiana, con 2.962 studenti l’anno. Nei villaggi più poveri operano ong e predicatori musulmani.
L’influenza wahabita dell’Islam duro e puro resta minoritaria, ma fa proseliti. Non a caso nel 2011 è stata aperta l’Università islamica di Tirana, per interrompere il flusso degli studenti verso il Golfo. Emblematica la guerra scoppiata fra imam pro Turchia e quelli pro Arabia Saudita. In marzo a Tirana sono stati esautorati l’imam e il predicatore della moschea della madrasa: una mossa della comunità musulmana albanese, controllata dalla fazione turca, contro la costola araba. Ma Riad non demorde e propone di finanziare l’edificazione del nuovo parlamento.
Fausto Biloslavo – Panorama
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