Gli ospedali italiani devono adeguarsi a diverse religioni dal vitto alla cura

7 agosto – Le strutture sanitarie accoglieranno al meglio chi non è cattolico adeguando gli ospedali italiani con regole e prassi in linea con le “altre” fedi.
In questi giorni un gruppo di lavoro, istituito dal ministro della Sanità, sta progettando le linee guida nei Servizi Sanitari Regionali per l’accoglienza multi religiosa all’interno dei servizi e presidi ospedalieri e distrettuali.

Il gruppo di lavoro sarà composto, anche da rappresentanti delle varie fedi religiose (Buddhismo, Comunità Bahá’í, Comunità Sikh, Chiesa Cattolico-Romana, Chiese della Riforma aderenti al Consiglio Ecumenico delle Chiese, Chiesa Ortodossa Romena, Unione Italiana delle Chiese Cristiane Avventiste del 7° Giorno, Ebraismo, Induismo e Islam), dalle Regioni, e dagli Ordini nazionali dei Psicologi e degli Assistenti sociali.

Lo scopo è quello di facilitare gli operatori sanitari in una relazione con i cittadini malati basata sulla comprensione profonda ed il reciproco rispetto.

Nel documento è contenuta tutta una serie di raccomandazioni per gli operatori, suddivise per culto e per comunità di appartenenza, riguardo la gestione delle cure, le differenze di genere, l’assistenza spirituale e religiosa durante la degenza, i riti funebri, i periodi di digiuno (ove previsti), le esigenze relative ai momenti di preghiera, le festività e le norme alimentari da rispettare nei menu.

Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” obiettivo è quello di limitare le incomprensioni e conflittualità tra operatori e pazienti che possono condizionare l’efficacia della cura e dilatare a dismisura la richiesta di procedimenti diagnostici dai costi molto elevati, sviluppando talora il fenomeno patologico della cosiddetta ‘medicina difensiva’. (informazione.it – comunicati stampa)