24 lug – ”I musulmani d’Europa vogliono interagire con gli altri europei e partecipare alla vita della societa’ come membri a pieno titolo, ma si scontrano sistematicamente con diverse forme di pregiudizio, discriminazione e violenza che rafforzano la loro esclusione sociale”. E’ la conclusione di un insieme di ricerche condotte di recente da diverse organizzazioni internazionali e Ong e sostenuta dal Consiglio d’Europa.
”I commentatori della Primavera araba hanno sfortunatamente perso un’occasione storica di smantellare gli stereotipi dannosi secondo cui l’Islam sarebbe incompatibile con la democrazia, preferendo invece enfatizzare il rischio di migrazioni verso l’Europa”, ha dichiarato Nils Muiznieks, Commissario per i diritti umani del Coe, nel suo ultimo Human Rights Comment pubblicato oggi.
Dagli attentati terroristici dell’11 settembre, l’opinione pubblica ”collega in modo inscindibile i musulmani al terrorismo”.
”Alcuni partiti maggiori hanno sfruttato la diffidenza nei confronti dei musulmani appoggiando misure legislative restrittive dirette contro di essi. Dal 2011 il Belgio e la Francia hanno promulgato leggi che prevedono multe o un corso di formazione alla cittadinanza per le donne che indossano un velo integrale nei luoghi pubblici. In Italia – continua il Coe – alcune autorita’ locali hanno fatto ricorso ad una vecchia legge antiterroristica che vieta, per ragioni di sicurezza, di coprire interamente il viso, per punire le donne che indossano un velo integrale. Iniziative simili sono state discusse anche in Austria, Bosnia-Erzegovina, Danimarca, Spagna, Svizzera e nei Paesi Bassi”.
Inoltre, secondo un rapporto che e’ appena stato pubblicato da Amnesty International, molte donne musulmane ritengono di non aver alcuna possibilita’ di trovare un impiego a causa di politiche che limitano la possibilita’ di indossare simboli o abiti religiosi o culturali.
Secondo il Consiglio d’Europa ”i governi dovrebbero abbandonare leggi e misure che prendono di mira i musulmani e vietare la discriminazione basata sulla religione o sulle convinzioni in tutti i settori. Dovrebbero inoltre permettere a dei mediatori e a organismi indipendenti di promozione dell’uguaglianza di esaminare le denunce, di fornire assistenza legale alle vittime e di rappresentarle in sede di giudizio, di partecipare all’elaborazione delle politiche e di condurre ricerche sulla discriminazione nei confronti dei musulmani e di altri gruppi religiosi. Tali ricerche dovrebbero basarsi sulla raccolta di dati suddivisi per origine etnica, religione e sesso”. asca