ROMA, 17 LUG – Il Cavaliere aveva un cavallo, in groppa al quale galoppava sciolto. Poi decise di cambiarlo col cammello. Gli piacque poco, e ripensò al cavallo.
Quelli della fu An non ci stanno.
Perché abbandonare il cammello per il cavallo, or che il deserto dobbiamo attraversare?
Ma Silvio insiste col cavallo, perché il cammello (glielo chiamano anche cammella) non lo vuole più.
Il problema sta tutto nel nome da dare alla neo cavalcatura.
Gli americani, col loro pragmatismo, dicono:”Se il quadrupede ha la morfologia del cavallo, ha il muso del cavallo, ha la criniera del cavallo, ha il nitrito del cavallo, ha la coda del cavallo, perché vorreste chiamarlo cammello?”. Gli viene risposto che così vogliono gli ex aennini.
I quali sarebbero anche disposti a scendere in piazza, ma non dal ”cavallo”, pur di chiamarlo cammello.
Morale della favola: il cavallo di Silvio diventa il cavillo di La Russa e della Meloni, di Alemanno e di Gasparri.
Cosa mai penseranno gli elettori?
Come potranno appassionarsi alla nuova dialettica della semantica politica dove un cavallo, per un cavillo, dovrebbe chiamarsi cammello o, al limite, Furia (cavallo del West ) o Bucefalo? Ma non cavallo.
Una ragione in più per far crescere Grillo o il partito del ”Non voto”.
Italia, Paese di santi, di poeti, di navigatori e di grandi rompicoglioni.
Crolla il mondo finanziario, l’Unione europea sta diventando una fetecchia, grazie alla Merkel, ma anche a Mariuccio; e quelli che fanno?
Cavillano!
guglielmo donnini