Sembrano assai lontane le prime conferenze di alcuni anni fa, dove pazientemente spiegavo ad ascoltatori perplessi concetti allora alieni ai più: che il sistema finanziario ed economico occidentale non poteva reggere ancora per molto, perché il denaro al momento della sua emissione non apparteneva agli stati ed alle loro popolazioni, ma al sistema delle banche centrali, spesso private, e le nazioni per ottenerlo si dovevano indebitare verso di esse; che le quote proprietarie della Banca d’Italia stessa non fossero dello stato italiano, ma soprattutto di banche private, a partire dai gruppi San Paolo ed Unicredit; che la globalizzazione nei fatti fosse ben diversa dalla panacea che ci era stata presentata, e come il nostro paese nel dopoguerra avesse saputo e potuto ricostruire la sua economia, compensando le sue inefficienze verso paesi più forti con una politica di progressiva svalutazione della sua moneta, e come la meccanica dei cambi bloccati dall’euro favorisse invece la Germania condannando i paesi manifatturieri più deboli, a partire dal nostro. Rivedo anche i miei articoli di quella epoca, che spiegavano come economie già appesantite da una moneta comune, attaccate da fenomeni speculativi, sarebbero poi state ulteriormente penalizzate dalle difficoltà nel collocamento del loro debito pubblico di competenza, e si sarebbero dovute indebitare a tassi di interesse ben più elevati di quelli delle economie più forti, aggravando ulteriormente la loro situazione.
Quello che esponevamo allora sta purtroppo diventando chiaro a tutti, dopo che la grande speculazione, a partire dall’autunno 2011, ha preso di mira come prevedibile anche il nostro paese: i susseguenti aumenti dei tassi di interesse sui nostri titoli pubblici hanno aperto falle nei bilanci dello Stato, e tutti gli interventi del nostro governo per colmarle hanno aumentato una tassazione già intollerabile, sottraendo denaro ad un sistema economico già carente di liquidità, e deprimendo ulteriormente ogni attività produttrice di ricchezza. Non si è nel contempo effettuato alcun taglio significativo agli enormi sprechi (veri) del sistema Italia, ed il pacchetto di misure per lo sviluppo, aldilà della fanfara dei grandi importi propagandati … porta purtroppo a ben pochi investimenti concreti!
Non possiamo attenderci alcun vero aiuto da un’Europa che non intende riscrivere le regole sue e dell’euro, e neppure ha voluto interagire per proibire le vendite allo scoperto dei titoli di stato, con le quali i grandi speculatori hanno trasformato in bisca quel sistema finanziario che avrebbe invece dovuto supportare quello economico. La cosiddetta regolamentazione europea che sta andando in essere per il “short selling” di titoli di debito pubblico, è infatti assolutamente insufficiente.
Se non v’è possibilità di aiuto esterno, dobbiamo essere capaci di riprendere nelle nostre mani il nostro destino: mentre si deciderà la sorte dell’euro, la nostra priorità è quella di dare liquidità al sistema. Se lo Stato non può più indebitarsi verso il sistema bancario per disporre di altro denaro, potrebbe però emettere una sua moneta parallela a quella europea: una nuova lira di valore nominale uguale all’euro, che sul nostro territorio si sommi alla massa monetaria in euro ancora in circolazione.
Questo sembrerebbe ora contro i nostri accordi di adesione all’Unione Europea: ma i trattati si possono e si debbono rivedere, anche perché… siamo in una posizione di forza ben più di quanto sembra. Fuori dall’euro noi avremmo infatti problemi solo sul breve periodo, ma senza l’Italia non vi sarà più l’euro, e con esso il modo d’essere di un’Europa costruita in modo diverso da come volevamo.
In ogni caso … nulla vieterebbe all’Italia (come misura transitoria o per integrazione) neppure forme alternative per aumentare la sua massa monetaria anche con surrogati della moneta che manca: chi ha la mia età, o qualche anno di più, si ricorda come nel nostro paese negli anni ’50 e ’60 vi fosse ben poco denaro, e come l’Italia del boom economico si sia ricostruita… con le cambiali!
Se erano accettabili dei “pagherò” di individui, a maggior ragione lo saranno quelli del nostro Stato: allora… perché lo Stato italiano, non certifica i € 100 miliardi che la Pubblica amministrazione deve a privati ed imprese, suddividendo gli importi più grossi in tagli più piccoli, e permette che questi suoi certificati di debito vengano girati da azienda in azienda, da persona a persona, esattamente come si faceva (ed ancora si fa) con le cambiali? Vedo questa come una soluzione immediata e transitoria per fare fronte all’emergenza della mancanza di liquidità, mentre si definiscano ed attuano le modalità di emissione delle nuove lire, a parità di valore legale con l’euro, con le quali il debito della P.A. verrebbe poi definitivamente saldato.
Per evitare che il nostro sistema economico collassi, mentre l’euro e questa Europa corrono incontro al loro destino, noi dobbiamo quindi ridare al nostro sistema economico la liquidità necessaria al suo funzionamento: che il nostro Ministero del Tesoro (senza indebitarsi verso il sistema bancario) inizi quindi ad emettere una nostra moneta parallela a quella europea, e si consenta la libera circolazione, in luogo di moneta, del debito che la Pubblica Amministrazione ha verso imprese e privati, in attesa che esso venga così saldato!
Per fare questo, in Italia ci vogliono però una politica ed un governo diversi da quelli attuali, succubi di un’Europa finanziaria che, avendo creato il problema, proprio in questi giorni ci propina ed impone le sue soluzioni: più accentramento, un governo economico europeo, più poteri alla BCE, mercato unico bancario: solo con la sensibilizzazione, il coraggio, l’impegno e la mobilitazione di tutti riusciremo a voltare pagina, imporre la rotta di un nostro cambiamento e riscrivere il nostro futuro.
Poiché nulla di quanto sta avvenendo rappresenta una sorpresa, accludo qui di seguito il mio articolo ”Economie europee ed euro. Un binomio indissolubile?” pubblicato da alcuni siti parecchi mesi prima che la grande speculazione internazionale prendesse di mira il nostro paese.
Pier Luigi Priori