BOLOGNA 18 GIU – Dai primi di luglio diventano esecutivi i tagli delle Poste italiane. La società sta comunicando a vari comuni le chiusure degli uffici. Poste Spa è la più grande azienda di servizi italiana. Solo in Emilia Romagna saltano 120 uffici e 500 portalettere principalmente nelle zone montane ma anche le aree urbane verranno toccate dai tagli. Cgil, Cisl, Uil dichiarano lo sciopero. I tagli avverranno anche nelle aree del terremoto anche se le Poste hanno garantito la copertura del servizio per le località maggiormente colpite.
La drastica chiusura degli uffici postali è un processo in corso in tutto il Paese. Non si conoscono ancora i dettagli comune per comune ma si è saputo che solo in Emilia Romagna ne chiuderanno 120 su 849 attivi. A questi seguono i tagli dei portalettere. Ne salteranno 500 solo in regione.
I dati sui singoli comuni restano incerti ma si conoscono con maggiore precisione quelli dei lavoratori. 140 portalettere saltano a Bologna, 87 a Modena, 53 a Parma, 41 a Reggio Emilia, 34 a Ferrara, 33 a Ravenna, 31 a Piacenza; 29 a Rimini e 21 a Forli’-Cesena.
Sono questi i numeri complessivi della drastica dieta dimagrante delle Poste. Fino a poche settimane fa era certo il taglio per 500 portalettere ma adesso l’azienda Poste comunicano le chiusure che avverranno anche per gli uffici postali, soprattutto nelle zone di montagna. I sindacati di Cgil, Cisl e Uil si sono detti pronti allo sciopero. “E’ una decisione sbagliata”, hanno attaccato questa mattina in conferenza stampa.
Poste italiane è una società per azioni privata ma anche pubblica, all’italiana, diciamo così. Il capitale della Spa è detenuto al 100% dallo Stato attraverso il Ministero dell’Economia e delle Finanze. La società è posta sotto il controllo e la vigilanza del Ministero dello Sviluppo Economico ed ha un organico di circa 150 000 dipendenti. I sindacato emiliani erano soprattutto preoccupati delle conseguenza sulle aree tra Ferrara, Modena, Reggio Emilia e Mantova colpite dal terremoto. Ma la “riduzione” delle poste è la diretta conseguenza della contrazione del “settore servizi” in tutta la penisola.
In attesa di eventuali aperture di trattative la decisione viene data come esecutiva e difficilmente condizionabile, vista anche la continuità della crisi in cui versa l’economia.
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