2 giu – La ricchezza della nostra lingua rende affascinante il gioco lessicale e semantico intorno a una parola.
È questo il caso del lemma “parata”, da quando è in atto la bagarre contro quella del 2 giugno. Tanto per la cronaca, i telespettatori di Sky hanno dato una maggioranza bulgara al “NO”, con il 97%.
La parata, per quanto attiene alle forze armate, è, o dovrebbe essere, l’esibizione solenne della potenza armata di un Paese. Stride perciò l’aggettivo “sobria” scelto da Napolitano per definire la tignosa conferma della kermesse.
Del resto, tra semiologia costituzionale e presidenza della Repubblica non corre buon sangue, da un po’ di tempo a questa parte.
Gli equilibrismi dialettici sulla Costituzione materiale e formale si sprecano e rivelano la smaccata partigianeria di certi costituzionalisti in ossequio all’inquilino del Colle.
Avremo così la paratina del 2 giugno unicamente per compiacere alla tigna di Giorgio, quasi alle soglie del semestre bianco. Egli intende giocare con i soldatini a spese nostre e dei terremotati, che è peggio; essendo in pratica una gaffe quella di voler esibire l’orgoglio militare del Paese in memoria delle vittime del terremoto.
La smettano una buona volta di prenderci per il culo e di fornire a Beppe Grillo l’ennesima occasione di sberleffo.
Guglielmo Donnini