27 mag – La notizia e’ ufficiale: i Sindaci potranno aumentare l’aliquota ordinaria dell’Imu sui beni strumentali fino al valore massimo del 10,6 ‰. Se molti primi cittadini decideranno di ritoccare l’aliquota all’insu’, gli effetti sulle tasche dei commercianti, dei liberi professionisti, degli artigiani, delle imprese industriali e degli albergatori saranno pesantissimi.
Alcuni esempi? Con l’applicazione dell’aliquota massima, un laboratorio artigiano si trovera’ a pagare un importo medio nazionale pari a 801 euro l’anno, un negozio 1.017 euro, un ufficio 2.047 euro, un capannone industriale 3.844 euro ed un albergo ben 11.722 euro. Rispetto all’eventuale applicazione dell’aliquota ordinaria (7,6‰), tutte queste attivita’ verranno a pagare il +39,5% in piu’: una vera e propria stangata.
A lanciare l’allarme e’ la CGIA di Mestre dopo la lettura della nota esplicativa presenta nei giorni scorsi dal Dipartimento delle Finanze. In questo documento i tecnici del ministero hanno sottolineato che i Comuni potranno abbassare l’aliquota dell’Imu sui beni strumentali fino al 4‰ (notizia comunque gia’ nota a tutti), ma anche di aumentarla sino al 10,6‰. Possibilita’, quest’ultima, che e’ stata definitivamente chiarita con questa nota.
Dalla CGIA ricordano che la legge istitutiva dell’Imu prevede che il gettito sulla prima casa non portera’ nessun vantaggio economico nelle casse comunali, mentre dalle seconde/terze case e dalle attivita’ economiche i Sindaci incasseranno il 50% del gettito. A fronte di questa novita’ introdotta nel chiarimento redatto dal Dipartimento delle Finanze, molti primi cittadini potrebbero essere tentati, viste le difficolta’ economiche, ad applicare l’aliquota massima. ”Pertanto – dichiara il segretario della CGIA, Giuseppe Bortolussi – ci appelliamo al senso di responsabilita’ dei Sindaci.
Siamo consapevoli delle difficolta’ economiche in cui versano la stragrande maggioranza dei Comuni, tuttavia e’ bene che prima di deliberare eventuali aumenti di aliquota si dimensioni l’impatto economico che queste scelte avranno sulle attivita’ commerciali e produttive. Purtroppo, a corto di risorse non ci sono solo i primi cittadini, ma anche le imprese, soprattutto quelle di piccole dimensioni”. asca