Euro, Europa, Eurocrati: Mostri al potere

«Tra vent’anni, per campare, dovrete mandare i vostri bambini a lavorare». Parola di Michael Hudson, eminente economista americano della Modern Money Theory. Il problema si chiama: golpe finanziario.

«Vi impongono un nuovo ordine sociale, vi vogliono distruggere», conferma il francese Alain Parguez, il professore che ripudiò come “traditore” il presidente Mitterrand. Scenario cupo: «Ci sarà sangue nelle strade», annuncia Marshall Auerback, altro economista democratico statunitense, “reclutato” per il summit sulla teoria della moneta moderna promosso a Rimini da Paolo Barnard, secondo cui l’unica cosa che il super-potere teme è «la radicalità di Mariarca Terracciano», l’infermiera napoletana che si lasciò morire perché rimasta senza stipendio. Ora il “massacro sociale” è arrivato. La causa? «L’America aveva la schiavitù, voi avete l’euro», dice Stephanie Kelton, dell’università Missouri-Kansas City.

Esasperato e deluso dall’inconcludente movimentismo italiano, Barnard ha denunciato ai carabinieri Monti e Napolitano per “golpismo finanziario”. Il promotore italiano della Modern Money Theory – sovranità monetaria come premessa indispensabile per un’economia democratica – vede un’unica strada: opporre alla super-lobby planetaria della finanza un “esercito” di studiosi, preparati a contrastare le menzogne con le quali l’oligarchia europea impone la sua “dittatura”, sotto forma di austerity, spacciandola come “sacrificio” necessario per occultare il vero obiettivo: smantellare lo Stato, rapinare i beni comuni, retrocedere i cittadini al rango di sudditi, privati dei diritti e condannati alla precarietà del bisogno. Un disegno di dominio, per accumulare profitti stellari.

«La nostra rovina è la loro fortuna», spiega Barnard, che accusa i dominus della finanza di speculare proprio sulla crisi, creata a tavolino per far volare i guadagni di pochissimi, quelli che “scommettono” fior di miliardi sulla nostra recessione, sapendo che nel frattempo i loro amici a Bruxelles truccheranno il gioco, provocando esattamente la catastrofe che fingono di temere.

«La struttura del potere, e soprattutto quella finanziaria e legale – scrive Barnard in un recente post sul suo sito – è una macchina di una mole e complessità tale per cui il migliore di tutti noi, proprio quello più ferrato, ne saprebbe comprendere forse il primo bullone, poi però basta».

Esempio, l’Icsid: l’International Center for the Settlement of Investment, una delle strutture-ombra del potere che ci sovrasta, «potrebbe infilarsi come un aculeo nel mezzo di un ipotetico tentativo di salvezza dell’Italia, se uscisse dal criminoso euro», la “moneta straniera” che lo Stato, in virtù del Trattato di Maastricht, è costretto a prendere in prestito a caro prezzo dalla Bce. Proprio la perdita della sovranità monetaria trasforma in un incubo il debito pubblico, che invece dovrebbe essere il “mestiere” dello Stato, la ricchezza dei cittadini distribuita attraverso il deficit positivo che serve a sostenere aziende, lavoro, occupazione, consumi e benessere diffuso. Un meccanismo virtuoso, che i tecnocrati al servizio dei “predatori” temono, proprio perché garantisce libertà e prosperità.

L’Icsid, osserva Barnard, è una delle tante anonime sigle mediante le quali il super-potere esercita un dominio assoluto, che sfugge totalmente al controllo democratico della politica. E’ un “tribunale” sconosciuto, mai sentito neppure nominare. Eppure, una sua decisione presa da tre oscuri giudici, non si sa da chi nominati, «può significare scenari devastanti per le famiglie del nostro paese, per le aziende, per tutto ciò che è la nostra vita economica», inclusi ovviamente i diritti sociali, oggi bersaglio di un attacco di portata storica, da parte delle oligarchie che dominano il mondo.

Per capire e contrastare una “macchina da guerra” come l’Icsid, dice Barnard, ci vuole come minimo un magistrato, specializzato in diritto privato comparato, internazionale e commerciale, con dottorato di ricerca in Unione Europea e formazione speciale, almeno del livello dell’istituto tedesco Max Planck. C’è qualcuno con questi requisiti, in circolazione, fra quanti protestano sul web per l’infame “dittatura” della finanza?

«I “cattivi”, che cattivi lo sono eccome, sono individui che quando avevano 17 anni hanno smesso di andare in pizzeria e di fare l’aperitivo in piazzetta, e hanno iniziato a studiare come assassini». Gente che non sa neppure come ci si registra su Facebook, perché non ha avuto il tempo di imparare. Vite da robocop: sposati prima dei trent’anni, poco sesso e molti voli – non per le vacanze in Spagna, ma per i master a Francoforte, a Londra, e le cene coi chief executive officer dei colossi d’investimento. Fin dagli anni del college, tutti a lavorare a testa bassa in noiosissime banche o in studi legali, sette giorni su sette, con orari da collasso: col manager che li chiama in Corea appena atterrati, dopo 18 ore di aereo, e gli chiede di scrivere, in appena due ore, 20 pagine di analisi legale su una tipologia di equities. «Sbagliare di 6 minuti la spedizione è il licenziamento lì su due piedi: ma loro non sbagliano, e hanno appena 25 anni».

Poi così per altri 30 anni, e nel frattempo hanno accumulato un dottorato di ricerca presso una top university come Harvard, quattro master con fondazioni prestigiose, insegnamenti e cattedre da visiting professor, incarichi tecnocratici presso la Commissione Europea o la “Bank of International Settlements”. Carriere multiple: tre o quattro poltrone, contemporaneamente, in consigli d’amministrazione di multinazionali o di mega-banche, e infine un bel posto al Bilderberg, «a decidere i destini nostri come fossimo cacche».

E questo, insiste Barnard, è solo l’arsenale standard del “nemico”: il minimo sindacale, per uno qualsiasi degli attori del “vero potere”. E noi cosa abbiamo da opporvi? Politici-fantasma, movimenti effimeri, il popolo dei blog? Il “nemico” è potentissimo perché preparatissimo: fa paura, e vince sempre. E’ l’uomo-macchina, il super-manager progettato per dominare la Terra e plasmare l’economia, riscrivendo persino le leggi.

Per esempio: Axel Weber. Visiting professor all’università di Chicago, “Booth School of Business”, nonché boss del colosso speculativo Ubs. Già presidente della Bundesbank e, al tempo stesso, responsabile delle autorità europee contro il rischio finanziario, l’“European Systemic Risk Board” e il “Financial Stability Board”. Poco prima: rappresentante tedesco nell’Fmi, dirigente della “Bank for International Settlements” e membro dei vari G7 e G20. Una carriera fulminante, cominciata dalla cattedra di economia internazionale a Colonia e da organismi come il “German Council of Economic Experts” e la stessa Bundesbank. Direttore del centro di studi finanziari di Francoforte, insegnante di economia monetaria all’università Johann Wolfgang Goethe. Diplomato a Costanza e specializzatosi con un dottorato a Siegen, da giovanissimo aveva esordito come professore di teoria economica all’ateneo di Bonn. Dettaglio: Alex Weber ha soltanto 55 anni.

Rileggetevi quei curriculum, raccomanda Barnard: quello di Weber e, peggio ancora, quello di Peter Sutherland. Ogni volta, bisogna ripetersi che, «per smontare il lavoro predatorio di un killer economico come questo, dovreste saperne almeno quanto lui». Perché sono proprio quelli come loro, come i mille Weber e Sutherland del mondo, che dettano legge: sono loro che «fanno le regole della finanza distruttrice ma infermabile», e ogni giorno «cementificano l’ideologia economica criminosa in tutti i luoghi che contano».

In più, «scrivono i trattati sovranazionali che piegano e svuotano i governi sovrani». Sono infinitamente potenti, perché «muovono capitali pari a 8 volte il Pil planetario, ricattando il mondo». E sono sempre loro a guidare le nostre povere economie, funestate «dai suicidi degli imprenditori e dell’abbrutimento dei lavoratori, a milioni».

Che fare? Non c’è altra soluzione: studiare. «Sapreste modificare il Trattato di Lisbona? Neanche se rinasceste quattro volte, per rifare quattro volte l’università». Fra di loro, aggiunge Barnard, c’è gente che conosce a memoria quelle 329 pagine. In più, hanno nella testa il sapere di un curriculum-monstre come quello di Weber, dispongono di finanziamenti miliardari e a loro si aprono tutte le porte, dai ministeri in su. «E nelle file del Vero Potere sono a migliaia così».

Barnard è sconsolato: «Sono anni che dico che si deve studiare come pazzi e poi reclutare cervelli eccezionali almeno fin dove ci è possibile. Bisogna reclutare imprenditori e fargli capire che siamo nella stessa barca, noi dipendenti e loro». Per salvarsi, tocca alle imprese finanziare fondazioni e think-tank che finalmente lavorino per noi, e non sempre e soltanto contro di noi.

di  Paolo Barnard