13 mag – ”Sono dieci anni che arrivano queste rivendicazioni del Fai, l’impressione è che si sia perso tempo”. Ad affermarlo in un’intervista al ‘Corriere della Sera’ Sergio Cofferati.
L’ex sindaco di Bologna, nel 2005, durante il suo mandato ricevette un pacco bomba rivendicato da quel gruppo. Ma cosa è cambiato rispetto ad allora? “Mi sembra ci sia qualcosa in più pedinare, studiare il luogo dove abita e infine ferire una persona è una faccenda che presuppone l’esistenza di un’organizzazione, seppur minima”. E’ vero che “indagare avendo come unico riferimento un timbro postale è faccenda alquanto complicata”. Ma “il fatto che non si sia mai trovato un bandolo della matassa è davvero preoccupante”.
Il fatto che ”siano passati anni tra un’azione e l’altra può avere indotto gli inquirenti a considerare il Fai come un fenomeno poco preoccupante” con ”a mio avviso conseguenze nefaste. Sono convinto che proprio questa certezza di non essere mai individuati abbia rafforzato nelle persone che si nascondono dietro la sigla Fai la convinzione di avere ampio margine per altre iniziative”.
E aggiunge: ”Sono rimasto colpito da un paio di passaggi della rivendicazione. Quello dove sembrano parlare ai movimenti e quello in cui mostrano l‘intenzione di avvicinarsi ai luoghi della produzione. Alle fabbriche, insomma”. “Queste due pratiche – sottolinea Cofferati – non sono molto anarchiche almeno non nel senso classico di questa definizione. Ma è vero che forse queste categorie sono vecchie, non hanno più senso. Bisogna guardare a certi fenomeni con occhi nuovi”. Con “molta, moltissima” preoccupazione. adnk