ITALIA, 25 Aprile – Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286).
TITOLO V
Disposizioni in materia sanitaria, nonché di istruzione, alloggio, partecipazione alla vita pubblica e integrazione sociale
Capo I
Disposizioni in materia sanitaria
Articolo 34
Assistenza per gli stranieri iscritti al Servizio sanitario nazionale.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 32)
1. Hanno l’obbligo di iscrizione al servizio sanitario nazionale e hanno parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti e doveri rispetto ai cittadini italiani per quanto attiene all’obbligo contributivo, all’assistenza erogata in Italia dal servizio sanitario nazionale e alla sua validità temporale:
a) gli stranieri regolarmente soggiornanti che abbiano in corso regolari attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo o siano iscritti nelle liste di collocamento;
b) gli stranieri regolarmente soggiornanti o che abbiano chiesto il rinnovo del titolo di soggiorno, per lavoro subordinato, per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, per richiesta di asilo, per attesa adozione, per affidamento, per acquisto della cittadinanza.
2. L’assistenza sanitaria spetta altresì ai familiari a carico regolarmente soggiornanti. Nelle more dell’iscrizione al servizio sanitario nazionale ai minori figli di stranieri iscritti al servizio sanitario nazionale è assicurato fin dalla nascita il medesimo trattamento dei minori iscritti.
3. Lo straniero regolarmente soggiornate, non rientrante tra le categorie indicate nei commi 1 e 2 è tenuto ad assicurarsi contro il rischio di malattie, infortunio e maternità mediante stipula di apposita polizza assicurativa con un istituto assicurativo italiano o straniero, valida sul territorio nazionale, ovvero mediante iscrizione al servizio sanitario nazionale valida anche per i familiari a carico. Per l’iscrizione al servizio sanitario nazionale deve essere corrisposto a titolo di partecipazione alle spese un contributo annuale, di importo percentuale pari a quello previsto per i cittadini italiani, sul reddito complessivo conseguito nell’anno precedente in Italia e all’estero. L’ammontare del contributo è determinato con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e non può essere inferiore al contributo minimo previsto dalle norme vigenti.
4. L’iscrizione volontaria al servizio sanitario nazionale può essere altresì richiesta:
a) dagli stranieri soggiornanti in Italia titolari di permesso di soggiorno per motivi di studio;
b) dagli stranieri regolarmente soggiornanti collocati alla pari, ai sensi dell’accordo europeo sul collocamento alla pari, adottato a Strasburgo il 24 novembre 1969, ratificato e reso esecutivo ai sensi della legge 18 maggio 1973, n. 304.
5. I soggetti di cui al comma 4 sono tenuti a corrispondere per l’iscrizione al servizio sanitario nazionale, a titolo di partecipazione alla spesa, un contributo annuale forfettario negli importi e secondo le modalità previsti dal decreto di cui al comma 3.
6. Il contributo per gli stranieri indicati al comma 4, lettere a) e b) non è valido per i familiari a carico.
7. Lo straniero assicurato al servizio sanitario nazionale è iscritto nella azienda sanitaria locale del comune in cui dimora secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione.
Articolo 35
Assistenza sanitaria per gli stranieri non iscritti al Servizio sanitario nazionale.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 33)
1. Per le prestazioni sanitarie erogate ai cittadini stranieri non iscritti al servizio sanitario nazionale devono essere corrisposte, dai soggetti tenuti al pagamento di tali prestazioni, le tariffe determinate dalle regioni e province autonome ai sensi dell’articolo 8, commi 5 e 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.
2. Restano salve le norme che disciplinano l’assistenza sanitaria ai cittadini stranieri in Italia in base a trattati e accordi internazionali bilaterali o multilaterali di reciprocità sottoscritti dall’Italia.
3. Ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, non in regola con le norme relative all’ingresso ed al soggiorno, sono assicurate, nei presìdi pubblici ed accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva. Sono, in particolare garantiti:
a) la tutela sociale della gravidanza e della maternità, a parità di trattamento con le cittadine italiane, ai sensi della L. 29 luglio 1975, n. 405, e della L. 22 maggio 1978, n. 194, e del decreto 6 marzo 1995 del Ministro della sanità, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 13 aprile 1995, a parità di trattamento con i cittadini italiani;
b) la tutela della salute del minore in esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176;
c) le vaccinazioni secondo la normativa e nell’ambito di interventi di campagne di prevenzione collettiva autorizzati dalle regioni;
d) gli interventi di profilassi internazionale;
e) la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie infettive ed eventualmente bonifica dei relativi focolai.
4. Le prestazioni di cui al comma 3 sono erogate senza oneri a carico dei richiedenti qualora privi di risorse economiche sufficienti, fatte salve le quote di partecipazione alla spesa a parità con i cittadini italiani.
5. L’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano.
6. Fermo restando il finanziamento delle prestazioni ospedaliere urgenti o comunque essenziali a carico del Ministero dell’interno, agli oneri recati dalle rimanenti prestazioni contemplate nel comma 3, nei confronti degli stranieri privi di risorse economiche sufficienti, si provvede nell’ambito delle disponibilità del Fondo sanitario nazionale, con corrispondente riduzione dei programmi riferiti agli interventi di emergenza.
Articolo 36
Ingresso e soggiorno per cure mediche.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 34)
1. Lo straniero che intende ricevere cure mediche in Italia e l’eventuale accompagnatore possono ottenere uno specifico visto di ingresso ed il relativo permesso di soggiorno. A tale fine gli interessati devono presentare una dichiarazione della struttura sanitaria italiana prescelta che indichi il tipo di cura, la data di inizio della stessa e la durata presunta del trattamento terapeutico, devono attestare l’avvenuto deposito di una somma a titolo cauzionale, tenendo conto del costo presumibile delle prestazioni sanitarie richieste, secondo modalità stabilite dal regolamento di attuazione, nonché documentare la disponibilità in Italia di vitto e alloggio per l’accompagnatore e per il periodo di convalescenza dell’interessato. La domanda di rilascio del visto o di rilascio o rinnovo del permesso può anche essere presentata da un familiare o da chiunque altro vi abbia interesse.
2. Il trasferimento per cure in Italia con rilascio di permesso di soggiorno per cure mediche è altresì consentito nell’ambito di programmi umanitari definiti ai sensi dell’articolo 12, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, previa autorizzazione del Ministero della sanità, d’intesa con il Ministero degli affari esteri. Le aziende sanitarie locali e le aziende ospedaliere, tramite le regioni, sono rimborsate delle spese sostenute che fanno carico al fondo sanitario nazionale.
3. Il permesso di soggiorno per cure mediche ha una durata pari alla durata presunta del trattamento terapeutico ed è rinnovabile finché durano le necessità terapeutiche documentate.
4. Sono fatte salve le disposizioni in materia di profilassi internazionale.
Capo II
Disposizioni in materia di istruzione e diritto allo studio e professione
Articolo 37
Attività professionali.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 35)
1. Agli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia, in possesso dei titoli professionali legalmente riconosciuti in Italia abilitanti all’esercizio delle professioni, è consentita, in deroga alle disposizioni che prevedono il requisito della cittadinanza italiana, entro un anno dalla data di entrata in vigore dalla legge 6 marzo 1998, n. 40, l’iscrizione agli Ordini o Collegi professionali o, nel caso di professioni sprovviste di albi, l’iscrizione in elenchi speciali da istituire presso i Ministeri competenti, secondo quanto previsto dal regolamento di attuazione. L’iscrizione ai predetti albi o elenchi è condizione necessaria per l’esercizio delle professioni anche con rapporto di lavoro subordinato. Non possono usufruire della deroga gli stranieri che sono stati ammessi in soprannumero ai corsi di diploma, di laurea o di specializzazione, salvo autorizzazione del Governo dello Stato di appartenenza.
2. Le modalità, le condizioni ed i limiti temporali per l’autorizzazione all’esercizio delle professioni e per il riconoscimento dei relativi titoli abilitanti non ancora riconosciuti in Italia sono stabiliti con il regolamento di attuazione. Le disposizioni per il riconoscimento dei titoli saranno definite dai Ministri competenti, di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, sentiti gli Ordini professionali e le associazioni di categoria interessate.
3. Gli stranieri di cui al comma 1, a decorrere dalla scadenza del termine ivi previsto, possono iscriversi agli Ordini, Collegi ed elenchi speciali nell’ambito delle quote definite a norma dell’articolo 3, comma 4, e secondo percentuali massime di impiego definite in conformità ai criteri stabiliti dal regolamento di attuazione.
4. In caso di lavoro subordinato, è garantita la parità di trattamento retributivo e previdenziale con i cittadini italiani.
Articolo 38
Istruzione degli stranieri. Educazione interculturale.
(Legge 6 marzo 1998. n. 40, art. 36; legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 9, commi 4 e 5)
1. I minori stranieri presenti sul territorio sono soggetti all’obbligo scolastico; ad essi si applicano tutte le disposizioni vigenti in materia di diritto all’istruzione, di accesso ai servizi educativi, di partecipazione alla vita della comunità scolastica.
2. L’effettività del diritto allo studio è garantita dallo Stato, dalle Regioni e dagli enti locali anche mediante l’attivazione di appositi corsi ed iniziative per l’apprendimento della lingua italiana.
3. La comunità scolastica accoglie le differenze linguistiche e culturali come valore da porre a fondamento del rispetto reciproco, dello scambio tra le culture e della tolleranza; a tale fine promuove e favorisce iniziative volte alla accoglienza, alla tutela della cultura e della lingua d’origine e alla realizzazione di attività interculturali comuni.
4. Le iniziative e le attività di cui al comma 3 sono realizzate sulla base di una rilevazione dei bisogni locali e di una programmazione territoriale integrata, anche in convenzione con le associazioni degli stranieri, con le rappresentanze diplomatiche o consolari dei Paesi di appartenenza e con le organizzazioni di volontariato.
5. Le istituzioni scolastiche, nel quadro di una programmazione territoriale degli interventi, anche sulla base di convenzioni con le Regioni e gli enti locali, promuovono:
a) l’accoglienza degli stranieri adulti regolarmente soggiornanti mediante l’attivazione di corsi di alfabetizzazione nelle scuole elementari e medie;
b) la realizzazione di un’offerta culturale valida per gli stranieri adulti regolarmente soggiornanti che intendano conseguire il titolo di studio della scuola dell’obbligo;
c) la predisposizione di percorsi integrativi degli studi sostenuti nel paese di provenienza al fine del conseguimento del titolo dell’obbligo o del diploma di scuola secondaria superiore;
d) la realizzazione ed attuazione di corsi di lingua italiana;
e) la realizzazione di corsi di formazione anche nel quadro di accordi di collaborazione internazionale in vigore per l’Italia.
6. Le regioni, anche attraverso altri enti locali, promuovono programmi culturali per i diversi gruppi nazionali, anche mediante corsi effettuati presso le scuole superiori o istituti universitari. Analogamente a quanto disposto per i figli dei lavoratori comunitari e per i figli degli emigrati italiani che tornano in Italia, sono attuati specifici insegnamenti integrativi, nella lingua e cultura di origine.
7. Con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono dettate le disposizioni di attuazione del presente capo, con specifica indicazione:
a) delle modalità di realizzazione di specifici progetti nazionali e locali, con particolare riferimento all’attivazione di corsi intensivi di lingua italiana nonché dei corsi di formazione ed aggiornamento del personale ispettivo, direttivo e docente delle scuole di ogni ordine e grado e dei criteri per l’adattamento dei programmi di insegnamento;
b) dei criteri per il riconoscimento dei titoli di studio e degli studi effettuati nei paesi di provenienza ai fini dell’inserimento scolastico, nonché dei criteri e delle modalità di comunicazione con le famiglie degli alunni stranieri, anche con l’ausilio di mediatori culturali qualificati;
c) dei criteri per l’iscrizione e l’inserimento nelle classi degli stranieri provenienti dall’estero, per la ripartizione degli alunni stranieri nelle classi e per l’attivazione di specifiche attività di sostegno linguistico;
d) dei criteri per la stipula delle convenzioni di cui ai commi 4 e 5.
Articolo 39
Accesso ai corsi delle università.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 37)
1. In materia di accesso all’istruzione universitaria e di relativi interventi per il diritto allo studio è assicurata la parità di trattamento tra lo straniero e il cittadino italiano, nei limiti e con le modalità di cui al presente articolo.
2. Le università, nella loro autonomia e nei limiti delle loro disponibilità finanziarie, assumono iniziative volte al conseguimento degli obiettivi del documento programmatico di cui all’articolo 3, promuovendo l’accesso degli stranieri ai corsi universitari di cui all’articolo 1 della legge 19 novembre 1990, n. 341, tenendo conto degli orientamenti comunitari in materia, in particolare riguardo all’inserimento di una quota di studenti universitari stranieri, stipulando apposite intese con gli atenei stranieri per la mobilità studentesca, nonché organizzando attività di orientamento e di accoglienza.
3. Con il regolamento di attuazione sono disciplinati:
a) gli adempimenti richiesti agli stranieri per il conseguimento del visto di ingresso e del permesso di soggiorno per motivi di studio anche con riferimento alle modalità di prestazione di garanzia di copertura economica da parte di enti o cittadini italiani o stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato in luogo della dimostrazione di disponibilità di mezzi sufficienti di sostentamento da parte dello studente straniero;
b) la rinnovabilita’ del permesso di soggiorno per motivi di studio, anche ai fini della prosecuzione del corso di studi con l’iscrizione ad un corso di laurea diverso da quello per il quale lo straniero ha fatto ingresso, previa autorizzazione dell’universita’, e l’esercizio di attivita’ di lavoro subordinato o autonomo da parte dello straniero titolare di tale permesso; (1)
c) l’erogazione di borse di studio, sussidi e premi agli studenti stranieri, anche a partire da anni di corso successivi al primo, in coordinamento con la concessione delle provvidenze previste dalla normativa vigente in materia di diritto allo studio universitario e senza obbligo di reciprocità;
d) i criteri per la valutazione della condizione economica dello straniero ai fini dell’uniformità di trattamento in ordine alla concessione delle provvidenze di cui alla lettera c);
e) la realizzazione di corsi di lingua italiana per gli stranieri che intendono accedere all’istruzione universitaria in Italia;
f) il riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all’estero.
4. In base alle norme previste dal presente articolo e dal regolamento di attuazione, sulla base delle disponibilità comunicate dalle università, è disciplinato annualmente, con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica e con il Ministro dell’interno, il numero massimo dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno per l’accesso all’istruzione universitaria degli studenti stranieri residenti all’estero. Lo schema di decreto è trasmesso al Parlamento per l’acquisizione del parere delle Commissioni competenti per materia che si esprimono entro i successivi trenta giorni.
4-bis. Nel rispetto degli accordi internazionali ed europei cui l’Italia aderisce, lo straniero in possesso di un titolo di soggiorno per studio rilasciato da uno Stato appartenente all’Unione europea, in quanto iscritto ad un corso universitario o ad un istituto di insegnamento superiore, puo’ fare ingresso in Italia per soggiorni superiori a tre mesi senza necessita’ del visto per proseguire gli studi gia’ iniziati nell’altro Stato o per integrarli con un programma di studi ad esso connessi, purche’ abbia i requisiti richiesti per il soggiorno ai sensi del presente testo unico e qualora congiuntamente:
a) partecipi ad un programma di scambio comunitario o bilaterale con lo Stato di origine ovvero sia stato autorizzato a soggiornare per motivi di studio in uno Stato appartenente all’Unione europea per almeno due anni;
b) corredi la richiesta di soggiorno con una documentazione, proveniente dalle autorita’ accademiche del Paese dell’Unione nel quale ha svolto il corso di studi, che attesti che il nuovo programma di studi da svolgere in Italia e’ effettivamente complementare al programma di studi gia’ svolto. (2)
4-ter. Le condizioni di cui al comma 4-bis, lettera a) non sono richieste qualora il programma di studi dello straniero preveda obbligatoriamente che una parte di esso si svolga in Italia. (2)
5. È comunque consentito l’accesso ai corsi universitari e alle scuole di specializzazione delle università, a parità di condizioni con gli studenti italiani, agli stranieri titolari di carta di soggiorno, ovvero di permesso di soggiorno per lavoro subordinato o per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, o per motivi religiosi, ovvero agli stranieri regolarmente soggiornanti da almeno un anno in possesso di titolo di studio superiore conseguito in Italia, nonché agli stranieri, ovunque residenti, che sono titolari dei diplomi finali delle scuole italiane all’estero o delle scuole straniere o internazionali, funzionanti in Italia o all’estero, oggetto di intese bilaterali o di normative speciali per il riconoscimento dei titoli di studio e soddisfino le condizioni generali richieste per l’ingresso per studio. (3)
(1) Lettera così sostituita dal D.Lgs. 10 agosto 2007, n. 154. (2) Comma inserito dal D.Lgs. 10 agosto 2007, n. 154. (3) Comma così sostituito dalla Legge 30 luglio 2002, n. 189 e poi modificato dal D.L. 14 settembre 2004, n. 241.
Art. 39-bis (1)
Soggiorno di studenti, scambio di alunni, tirocinio professionale.
1. E’ consentito l’ingresso e il soggiorno per motivi di studio, secondo le modalita’ stabilite nel regolamento di attuazione, dei cittadini stranieri:
a) maggiori di eta’ ammessi a frequentare corsi di studio negli istituti di istruzione secondaria superiore e corsi di istruzione e formazione tecnica superiore;
b) ammessi a frequentare corsi di formazione professionale e tirocini formativi nell’ambito del contingente annuale stabilito con decreto del Ministro della solidarieta’ sociale, di concerto con i Ministri dell’interno e degli affari esteri, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di cui al decreto legislativo 29 agosto 1997, n. 281;
c) minori di eta’ non inferiore a quindici anni in presenza di adeguate forme di tutela;
d) minori di eta’ non inferiore a quattordici anni che partecipano a programmi di scambio o di iniziative culturali approvati dal Ministero degli affari esteri, dal Ministero della pubblica istruzione, dal Ministero dell’universita’ e della ricerca o dal Ministero per i beni e le attivita’ culturali per la frequenza di corsi di studio presso istituti e scuole secondarie nazionali statali o paritarie o presso istituzioni accademiche.
(1) Articolo inserito dal D.Lgs. 10 agosto 2007, n. 154.
Capo III
Disposizioni in materia di alloggio e assistenza sociale
Articolo 40
Centri di accoglienza. Accesso all’abitazione.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 38)
1. Le regioni, in collaborazione con le province e con i comuni e con le associazioni e le organizzazioni di volontariato predispongono centri di accoglienza destinati ad ospitare, anche in strutture ospitanti cittadini italiani o cittadini di altri Paesi dell’Unione europea, stranieri regolarmente soggiornanti per motivi diversi dal turismo, che siano temporaneamente impossibilitati a provvedere autonomamente alle proprie esigenze alloggiative e di sussistenza. [Il sindaco, quando vengano individuate situazioni di emergenza, può disporre l’alloggiamento nei centri di accoglienza di stranieri non in regola con le disposizioni sull’ingresso e sul soggiorno nel territorio dello Stato, ferme restando le norme sull’allontanamento dal territorio dello Stato degli stranieri in tali condizioni] (1)
1-bis. L’accesso alle misure di integrazione sociale è riservato agli stranieri non appartenenti a Paesi dell’Unione europea che dimostrino di essere in regola con le norme che disciplinano il soggiorno in Italia ai sensi del presente testo unico e delle leggi e regolamenti vigenti in materia. (2)
2. I criteri di accoglienza sono finalizzati a rendere autosufficienti gli stranieri ivi ospitati nel più breve tempo possibile. I centri di accoglienza provvedono, ove possibile, ai servizi sociali e culturali idonei a favorire l’autonomia e l’inserimento sociale degli ospiti. Ogni regione determina i requisiti gestionali e strutturali dei centri e consente convenzioni con enti privati e finanziamenti.
3. Per centri di accoglienza si intendono le strutture alloggiative che, anche gratuitamente, provvedono alle immediate esigenze alloggiative ed alimentari, nonché, ove possibile, all’offerta di occasioni di apprendimento della lingua italiana, di formazione professionale, di scambi culturali con la popolazione italiana, e all’assistenza socio-sanitaria degli stranieri impossibilitati a provvedervi autonomamente per il tempo strettamente necessario al raggiungimento dell’autonomia personale per le esigenze di vitto e alloggio nel territorio in cui vive lo straniero.
4. Lo straniero regolarmente soggiornante può accedere ad alloggi sociali, collettivi o privati, predisposti secondo i criteri previsti dalle leggi regionali, dai comuni di maggiore insediamento degli stranieri o da associazioni, fondazioni o organizzazioni di volontariato ovvero da altri enti pubblici o privati, nell’ambito di strutture alloggiative, prevalentemente organizzate in forma di pensionato, aperte ad italiani e stranieri, finalizzate ad offrire una sistemazione alloggiativa dignitosa a pagamento, secondo quote calmierate, nell’attesa del reperimento di un alloggio ordinario in via definitiva.
[5. Le regioni concedono contributi a comuni, province, consorzi di comuni, o enti morali pubblici o privati, per opere di risanamento igienico-sanitario di alloggi di loro proprietà o di cui abbiano la disponibilità legale per almeno quindici anni, da destinare ad abitazioni di stranieri titolari di carta soggiorno o di permesso di soggiorno per lavoro subordinato, per lavoro autonomo, per studio, per motivi familiari, per asilo politico o asilo umanitario. I contributi possono essere in conto capitale o a fondo perduto e comportano l’imposizione, per un numero determinato di anni, di un vincolo sull’alloggio all’ospitalità temporanea o alla locazione a stranieri regolarmente soggiornanti. L’assegnazione e il godimento dei contributi e degli alloggi così strutturati è effettuata sulla base dei criteri e delle modalità previsti dalla legge regionale.] (3)
6. Gli stranieri titolari di carta di soggiorno e gli stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di permesso di soggiorno almeno biennale e che esercitano una regolare attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo hanno diritto di accedere, in condizioni di parità con i cittadini italiani, agli alloggi di edilizia residenziale pubblica e ai servizi di intermediazione delle agenzie sociali eventualmente predisposte da ogni regione o dagli enti locali per agevolare l’accesso alle locazioni abitative e al credito agevolato in materia di edilizia, recupero, acquisto e locazione della prima casa di abitazione. (4)
(1) Periodo abrogato dalla Legge 30 luglio 2002, n. 189. (2) Comma inserito dalla Legge 30 luglio 2002, n. 189. (3) Comma abrogato dalla Legge 30 luglio 2002, n. 189. (4) Comma così sostituito dalla Legge 30 luglio 2002, n. 189.
Articolo 41
Assistenza sociale.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 39)
1. Gli stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, nonché i minori iscritti nella loro carta di soggiorno o nel loro permesso di soggiorno, sono equiparati ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale, incluse quelle previste per coloro che sono affetti da morbo di Hansen o da tubercolosi, per i sordomuti, per i ciechi civili, per gli invalidi civili e per gli indigenti .
Capo IV
Disposizioni sull’integrazione sociale, sulle discriminazioni e istituzione del fondo per le politiche migratorie
Articolo 42 (1)
Misure di integrazione sociale.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 40; legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 2)
1. Lo Stato, le regioni, le province e i comuni, nell’ambito delle proprie competenze, anche in collaborazione con le associazioni di stranieri e con le organizzazioni stabilmente operanti in loro favore, nonché in collaborazione con le autorità o con enti pubblici e privati dei Paesi di origine, favoriscono:
a) le attività intraprese in favore degli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia, anche al fine di effettuare corsi della lingua e della cultura di origine, dalle scuole e dalle istituzioni culturali straniere legalmente funzionanti nella Repubblica ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 389, e successive modificazioni ed integrazioni;
b) la diffusione di ogni informazione utile al positivo inserimento degli stranieri nella società italiana in particolare riguardante i loro diritti e i loro doveri, le diverse opportunità di integrazione e crescita personale e comunitaria offerte dalle amministrazioni pubbliche e dall’associazionismo, nonché alle possibilità di un positivo reinserimento nel Paese di origine;
c) la conoscenza e la valorizzazione delle espressioni culturali, ricreative, sociali, economiche e religiose degli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia e ogni iniziativa di informazione sulle cause dell’immigrazione e di prevenzione delle discriminazioni razziali o della xenofobia anche attraverso la raccolta presso le biblioteche scolastiche e universitarie, di libri, periodici e materiale audiovisivo prodotti nella lingua originale dei Paesi di origine degli stranieri residenti in Italia o provenienti da essi;
d) la realizzazione di convenzioni con associazioni regolarmente iscritte nel registro di cui al comma 2 per l’impiego all’interno delle proprie strutture di stranieri, titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore a due anni, in qualità di mediatori interculturali al fine di agevolare i rapporti tra le singole amministrazioni e gli stranieri appartenenti ai diversi gruppi etnici, nazionali, linguistici e religiosi;
e) l’organizzazione di corsi di formazione, ispirati a criteri di convivenza in una società multiculturale e di prevenzione di comportamenti discriminatori, xenofobi o razzisti, destinati agli operatori degli organi e uffici pubblici e degli enti privati che hanno rapporti abituali con stranieri o che esercitano competenze rilevanti in materia di immigrazione.
2. Per i fini indicati nel comma 1 è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per gli affari sociali un registro delle associazioni selezionate secondo criteri e requisiti previsti nel regolamento di attuazione.
3. Ferme restando le iniziative promosse dalle regioni e dagli enti locali, allo scopo di individuare, con la partecipazione dei cittadini stranieri, le iniziative idonee alla rimozione degli ostacoli che impediscono l’effettivo esercizio dei diritti e dei doveri dello straniero, è istituito presso il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, un organismo nazionale di coordinamento. Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, nell’ambito delle proprie attribuzioni, svolge inoltre compiti di studio e promozione di attività volte a favorire la partecipazione degli stranieri alla vita pubblica e la circolazione delle informazioni sulla applicazione del presente testo unico.
4. Ai fini dell’acquisizione delle osservazioni degli enti e delle associazioni nazionali maggiormente attivi nell’assistenza e nell’integrazione degli immigrati di cui all’articolo 3, comma 1, e del collegamento con i Consigli territoriali di cui all’art. 3, comma 6, nonché dell’esame delle problematiche relative alla condizione degli stranieri immigrati, è istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie, presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o da un Ministro da lui delegato. Della Consulta sono chiamati a far parte, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri:
a) rappresentanti delle associazioni e degli enti presenti nell’organismo di cui al comma 3 e rappresentanti delle associazioni che svolgono attività particolarmente significative nel settore dell’immigrazione in numero non inferiore a dieci;
b) rappresentanti degli stranieri extracomunitari designati dalle associazioni più rappresentative operanti in Italia, in numero non inferiore a sei;
c) rappresentanti designati dalle confederazioni sindacali nazionali dei lavoratori, in numero non inferiore a quattro;
d) rappresentanti designati dalle organizzazioni sindacali nazionali dei datori di lavoro dei diversi settori economici, in numero non inferiore a tre;
e) otto esperti designati rispettivamente dai Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della pubblica istruzione, dell’interno, di grazia e giustizia, degli affari esteri, delle finanze e dai Dipartimenti della solidarietà sociale e delle pari opportunità;
f) otto rappresentanti delle autonomie locali, di cui due designati dalle regioni, uno dall’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), uno dall’Unione delle province italiane (UPI) e quattro dalla Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
g) due rappresentanti del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL);
g-bis) esperti dei problemi dell’immigrazione in numero non superiore a dieci.
5. Per ogni membro effettivo della Consulta è nominato un supplente.
6. Resta ferma la facoltà delle regioni di istituire, in analogia con quanto disposto al comma 4, lettere a), b), c), d) e g), con competenza nelle loro materie loro attribuite dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato, consulte regionali per i problemi dei lavoratori extracomunitari e delle loro famiglie.
7. Il regolamento di attuazione stabilisce le modalità di costituzione e funzionamento della Consulta di cui al comma 4 e dei consigli territoriali.
8. La partecipazione alle Consulte di cui ai commi 4 e 6 dei membri di cui al presente articolo e dei supplenti è gratuita, con esclusione del rimborso delle eventuali spese di viaggio per coloro che non siano dipendenti dalla pubblica amministrazione e non risiedano nel comune nel quale hanno sede i predetti organi.
(1) Articolo così modificato dal D.lgs. 13 aprile 1999, n. 113.
Articolo 43
Discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 41)
1. Ai fini del presente capo, costituisce discriminazione ogni comportamento che, direttamente o indirettamente, comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l’ascendenza o l’origine nazionale o etnica, le convinzioni e le pratiche religiose, e che abbia lo scopo o l’effetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o l’esercizio, in condizioni di parità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale e culturale e in ogni altro settore della vita pubblica.
2. In ogni caso compie un atto di discriminazione:
a) il pubblico ufficiale o la persona incaricata di pubblico servizio o la persona esercente un servizio di pubblica necessità che nell’esercizio delle sue funzioni compia od ometta atti nei riguardi di un cittadino straniero che, soltanto a causa della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalità, lo discriminino ingiustamente;
b) chiunque imponga condizioni più svantaggiose o si rifiuti di fornire beni o servizi offerti al pubblico ad uno straniero soltanto a causa della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalità;
c) chiunque illegittimamente imponga condizioni più svantaggiose o si rifiuti di fornire l’accesso all’occupazione, all’alloggio, all’istruzione, alla formazione e ai servizi sociali e socio-assistenziali allo straniero regolarmente soggiornante in Italia soltanto in ragione della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalità;
d) chiunque impedisca, mediante azioni od omissioni, l’esercizio di un’attività economica legittimamente intrapresa da uno straniero regolarmente soggiornante in Italia, soltanto in ragione della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, confessione religiosa, etnia o nazionalità;
e) il datore di lavoro o i suoi preposti i quali, ai sensi dell’articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificata e integrata dalla legge 9 dicembre 1977, n. 903, e dalla legge 11 maggio 1990, n. 108, compiano qualsiasi atto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando, anche indirettamente, i lavoratori in ragione della loro appartenenza ad una razza, ad un gruppo etnico o linguistico, ad una confessione religiosa, ad una cittadinanza. Costituisce discriminazione indiretta ogni trattamento pregiudizievole conseguente all’adozione di criteri che svantaggino in modo proporzionalmente maggiore i lavoratori appartenenti ad una determinata razza, ad un determinato gruppo etnico o linguistico, ad una determinata confessione religiosa o ad una cittadinanza e riguardino requisiti non essenziali allo svolgimento dell’attività lavorativa.
3. Il presente articolo e l’articolo 44 si applicano anche agli atti xenofobi, razzisti o discriminatori compiuti nei confronti dei cittadini italiani, di apolidi e di cittadini di altri Stati membri dell’Unione europea presenti in Italia.
Articolo 44
Azione civile contro la discriminazione.
(Legge 6 marzo 1988, n. 40, art. 42)
1. Quando il comportamento di un privato o della pubblica amministrazione produce una discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, il giudice però, su istanza di parte, ordinare la cessazione del comportamento pregiudizievole e adottare ogni altro provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a rimuovere gli effetti della discriminazione.
2. La domanda si propone con ricorso depositato, anche personalmente dalla parte, nella cancelleria del tribunale in composizione monocratica del luogo di domicilio dell’istante.
3. Il tribunale in composizione monocratica, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai presupposti e ai fini del provvedimento richiesto.
4. Il tribunale in composizione monocratica provvede con ordinanza all’accoglimento o al rigetto della domanda. Se accoglie la domanda emette i provvedimenti richiesti che sono immediatamente esecutivi.
5. Nei casi di urgenza il tribunale in composizione monocratica provvede con decreto motivato, assunte, ove occorre, sommarie informazioni. In tal caso fissa, con lo stesso decreto, l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé entro un termine non superiore a quindici giorni, assegnando all’istante un termine non superiore a otto giorni per la notificazione del ricorso e del decreto. A tale udienza, il tribunale in composizione monocratica, con ordinanza, conferma, modifica o revoca i provvedimenti emanati nel decreto.
6. Contro i provvedimenti del tribunale in composizione monocratica è ammesso reclamo al tribunale nei termini di cui all’articolo 739, secondo comma, del codice di procedura civile. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737, 738 e 739 del codice di procedura civile.
7. Con la decisione che definisce il giudizio il giudice può altresì condannare il convenuto al risarcimento del danno, anche non patrimoniale.
8. Chiunque elude l’esecuzione di provvedimenti del tribunale in composizione monocratica di cui ai commi 4 e 5 e dei provvedimenti del tribunale di cui al comma 6 è punito ai sensi dell’articolo 388, primo comma, del codice penale.
9. Il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza a proprio danno del comportamento discriminatorio in ragione della razza, del gruppo etnico o linguistico, della provenienza geografica, della confessione religiosa o della cittadinanza può dedurre elementi di fatto anche a carattere statistico relativi alle assunzioni, ai regimi contributivi, all’assegnazione delle mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera e ai licenziamenti dell’azienda interessata. Il giudice valuta i fatti dedotti nei limiti di cui all’articolo 2729, primo comma, del codice civile.
10. Qualora il datore di lavoro ponga in essere un atto o un comportamento discriminatorio di carattere collettivo, anche in casi in cui non siano individuabili in modo immediato e diretto i lavoratori lesi dalle discriminazioni, il ricorso può essere presentato dalle rappresentanze locali delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale. Il giudice, nella sentenza che accerta le discriminazioni sulla base del ricorso presentato ai sensi del presente articolo, ordina al datore di lavoro di definire, sentiti i predetti soggetti e organismi, un piano di rimozione delle discriminazioni accertate.
11. Ogni accertamento di atti o comportamenti discriminatori ai sensi dell’articolo 43 posti in essere da imprese alle quali siano stati accordati benefìci ai sensi delle leggi vigenti dello Stato o delle regioni, ovvero che abbiano stipulato contratti di appalto attinenti all’esecuzione di opere pubbliche, di servizi o di forniture, è immediatamente comunicato dal tribunale in composizione monocratica, secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione, alle amministrazioni pubbliche o enti pubblici che abbiano disposto la concessione del beneficio, incluse le agevolazioni finanziarie o creditizie, o dell’appalto. Tali amministrazioni, o enti revocano il beneficio e, nei casi più gravi, dispongono l’esclusione del responsabile per due anni da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie o creditizie, ovvero da qualsiasi appalto.
12. Le regioni, in collaborazione con le province e con i comuni, con le associazioni di immigrati e del volontariato sociale, ai fini dell’applicazione delle norme del presente articolo e dello studio del fenomeno, predispongono centri di osservazione, di informazione e di assistenza legale per gli stranieri, vittime delle discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
Articolo 45
Fondo nazionale per le politiche migratorie.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 43)
1. Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri è istituito il Fondo nazionale per le politiche migratorie; destinato al finanziamento delle iniziative di cui agli articoli 20, 38, 40, 42 e 46, inserite nei programmi annuali o pluriennali dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni. La dotazione del Fondo, al netto delle somme derivanti dal contributo di cui al comma 3, è stabilito in lire 12.500 milioni per l’anno 1997, in lire 58.000 milioni per l’anno 1998 e in lire 68.000 milioni per l’anno 1999. Alla determinazione del Fondo per gli anni successivi si provvede ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lett. d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni. Al Fondo affluiscono altresì le somme derivanti da contributi e donazioni eventualmente disposti da privati, enti, organizzazioni, anche internazionali, da organismi dell’Unione europea, che sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere assegnati al predetto Fondo. Il Fondo è annualmente ripartito con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri interessati. Il regolamento di attuazione disciplina le modalità per la presentazione, l’esame, l’erogazione, la verifica, la rendicontazione e la revoca del finanziamento del Fondo .
2. Lo Stato, le regioni, le province, i comuni adottano, nelle materie di propria competenza, programmi annuali o pluriennali relativi a proprie iniziative e attività concernenti l’immigrazione, con particolare riguardo all’effettiva e completa attuazione operativa del presente testo unico e del regolamento di attuazione, alle attività culturali, formative, informative, di integrazione e di promozione di pari opportunità. I programmi sono adottati secondo i criteri e le modalità indicati dal regolamento di attuazione e indicano le iniziative pubbliche e private prioritarie per il finanziamento da parte del Fondo, compresa l’erogazione di contributi agli enti locali per l’attuazione del programma.
3. Con effetto dal mese successivo alla data di entrata in vigore della legge 6 marzo 1998, n. 40, e comunque da data non successiva al 1° gennaio 1998, il 95 per cento delle somme derivanti dal gettito del contributo di cui all’articolo 13, comma 2, della legge 30 dicembre 1986, n. 943, è destinato al finanziamento delle politiche del Fondo di cui al comma 1. Con effetto dal mese successivo alla data di entrata in vigore del presente testo unico tale destinazione è disposta per l’intero ammontare delle predette somme. A tal fine le medesime somme sono versate dall’INPS all’entrata del bilancio dello Stato per essere assegnate al predetto Fondo. Il contributo di cui all’articolo 13, comma 2, della legge 30 dicembre 1986, n. 943, è soppresso a decorrere dal 1° gennaio 2000.
Articolo 46
Commissione per le politiche di integrazione.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 44)
1. Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per gli affari sociali è istituita la commissione per le politiche di integrazione.
2. La commissione ha i compiti di predisporre per il Governo, anche ai fini dell’obbligo di riferire al Parlamento, il rapporto annuale sullo stato di attuazione delle politiche per l’integrazione degli immigrati, di formulare proposte di interventi di adeguamento di tali politiche nonché di fornire risposta a quesiti posti dal Governo concernenti le politiche per l’immigrazione, interculturali, e gli interventi contro il razzismo.
3. La commissione è composta da rappresentanti del Dipartimento per gli affari sociali e del Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri degli affari esteri, dell’interno, di grazia e giustizia, del lavoro e della previdenza sociale, della sanità, della pubblica istruzione, nonché da un numero massimo di dieci esperti, con qualificata esperienza nel campo dell’analisi sociale, giuridica ed economica dei problemi dell’immigrazione, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Ministro per la solidarietà sociale. Il presidente della commissione è scelto tra i professori universitari di ruolo esperti nelle materie suddette ed è collocato in posizione di fuori ruolo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Possono essere invitati a partecipare alle sedute della commissione i rappresentanti della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, della Conferenza Stato-città ed autonomie locali di altre amministrazioni pubbliche interessate a singole questioni oggetto di esame. (1)
4. Con il decreto di cui al comma 3 sono determinati l’organizzazione della segreteria della commissione istituita presso il Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché i rimborsi ed i compensi spettanti ai membri della commissione e ad esperti dei quali la commissione intenda avvalersi per lo svolgimento dei propri compiti.
5. Entro i limiti dello stanziamento annuale previsto per il funzionamento della commissione dal decreto di cui all’articolo 45, comma 1, la commissione può affidare l’effettuazione di studi e ricerche ad istituzioni pubbliche e private, a gruppi o a singoli ricercatori mediante convenzioni deliberate dalla commissione e stipulate dal presidente della medesima, e provvedere all’acquisto di pubblicazioni o materiale necessario per lo svolgimento dei propri compiti.
6. Per l’adempimento dei propri compiti la commissione può avvalersi della collaborazione di tutte le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, degli enti pubblici, delle regioni e degli enti locali.
(1) Comma così modificato dal D.lgs. 13 aprile 1999, n. 113.