24 APR – Il salone per le conferenze del Centro islamico culturale all’interno della Grande moschea di Roma e’ pieno. C’e’ grande attesa per la visita del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: ci sono gli alti rappresentanti della comunita’ islamica italiana ma anche uomini e donne che vogliono celebrare un momento storico per loro: la visita del capo dello Stato.
Con Napolitano ci sono anche i ministri dell’Interno Anna Maria Cancellieri e quello per l’Integrazione Andrea Riccardi. E proprio quest’ultimo interviene per suggellare un nuovo patto di ”integrazione” e convivenza. Riccardi ricorda gli anni ’70, quando fu deciso di realizzare la moschea romana: ”Tempi e mentalita’ sono tanto, tanto cambiati”, sottolinea il ministro.
”L’integrazione avviene nelle differenze – sottolinea – Qualcuno aveva previsto dopo l’11 settembre lo scontro tra Occidente e Islam. Dieci anni dopo la primavera araba ha disegnato un nuovo scenario: le ragioni della convivenza sono piu’ forti”. Napolitano apprezza il passaggio sulla Primavera araba.
Poniamo ”grande attenzione ai nuovi governi – dice – che si formano nei paesi della Primavera araba, come quello tunisino” e rimarca la volonta’ e i suoi sforzi ”per rafforzare i rapporti tra le due sponde del Mediterraneo” con un riferimento all’ormai prossima visita in Tunisia.
Di ”integrazione positiva, che non significa cancellare le proprie radici”, parla l’imam della moschea Al’a al-Din Muhammad Isma’Il al Ghobashi. E di “fatto storico” parla lo Shaykh ‘Abd al-Wahid Pallavicini della Comunita’ religiosa islamica italiane (Coreis), che ha definito la visita un “segnale di speranza” e di ”vicinanza a tutta la comunità musulmana presente sul territorio nazionale”.
Durante la visita una donna tunisina ha fermato Napolitano, e in francese gli ha chiesto di aiutarla ad avere notizie del figlio immigrato dalla Tunisia in Italia, di cui ha perso le tracce. Il capo dello Stato la ha ascoltata con attenzione e le ha risposto in francese: “Non pianga”. La donna e’ la madre del ventenne Mohammad Rawati, giunto a Lampedusa l’11 marzo 2011 con altri 40 immigrati per poi essere trasferito a Trapani. La donna, in Italia da tre mesi per cercare il figlio, è certa di averne visto le immagini al Tg5 durante un trasferimento in autobus. Da allora la signora non ha alcuna notizia ma – riferisce ai cronisti – due immigrati dicono che fino a poco tempo fa il ragazzo era ancora con loro a Trapani. (ANSAmed).