12 apr – Il contributo dell’Italia al Fondo Europeo per la Stabilita’ Finaziaria (Efsf, il cosidetto fondo salva stati permanente) risulta in percentuale al Pil maggiore di quello della Germania e della Francia.
Un paradosso frutto, non solo della ridotta dimensione del Pil tricolore rispetto a quello di Parigi e Berlino, ma anche della crescita anemica del Belpaese registrata nel 2011, con il Pil nominale a 1.580 miliardi di euro (+1,7%).
Cosi’ la Germania, il primo contributore dell’Esfs con una quota del 29,07%, spende 211 miliardi di euro, una cifra pari all’8,22% del Pil.
La Francia, secondo contributore, con una quota pari al 21,83%, spende 158,4 miliardi, una cifra pari al 7,97%.
L’Italia, terzo contributore, con una quota del 19,18%, spende 139 miliardi pari al 8,78% del Pil.
I maggiori sacrifici per partecipare al Fondo europeo salva stati li hanno fatti i pesi minimi dell’Eurozona che presentato dimensioni estremamente ridotte nel Pil nominale.
L’aspetto interessante dei numeri presentati nel Bollettino della Bce e’ che le economie piu’ piccole sono in realta’ chiamate a un sacrificio maggiore per partecipare al Fondo salva stati, dato che le risorse messe a disposizione sono percentualmente superiori, rispetto ai pesi massimi dell’Eurozona, se calcolate in percentuale alla ricchezza nazionale prodotta. La Bce mostra poi l’impatto netto cumulato sul debito pubblico derivante dalle garanzie statali offerte sulle passivita’ del sistema bancario nazionale.
Invece, l’impatto sul debito pubblico italiano, per il periodo 2008-2011, e’ pari al 2,7% del Pil, il piu’ basso tra i paesi dell’Eurozona che hanno dovuto fornire garanzie governative alle banche. asca