7 marzo – Sul caso dei 2 marò interviene anche il capo dello Stato Giorgio Napolitano secondo il quale “occorre un’accorta azione sul piano giuridico e diplomatico anche perché abbiamo una magistratura indiana che opera secondo le sue regole e in piena indipendenza“. Si tratta “di un’azione anche molto tenace e riservata, come riservata è stata anche la mia forma di assistenza, in questi giorni sul piano politico e diplomatico”. “Questo è l’unico modo – ha osservato Napolitano – per riportare a casa i ragazzi: evitare incrinature nel rapporto di reciproco rispetto tra Italia e India. Un rapporto che va riaffermato allo scopo di ottenere la migliore soluzione del caso dei nostri marò”.
“Credo che sia stato molto significativo il colloquio telefonico che oggi si è riusciti a realizzare tra il presidente del Consiglio Monti e il primo ministro indiano – ha detto il capo dello Stato -. C’è stato, come ho potuto sapere, un colloquio improntato alla massima cordialità e sforzo di reciproca comprensione”.
“Il presidente Singh, durante la telefonata, ha assicurato che presterà la massima attenzione alle richieste del presidente Monti, a cominciare da quella sul trasferimento dei due marò dalla prigione ad altro luogo di custodia adeguato allo status dei due militari. Il presidente del Consiglio ed il premier Singh hanno espresso, infine, l’intenzione di rimanere in stretto contatto sino alla soluzione della vicenda”.
Allo stesso tempo, però, Nuova Delhi fa sapere – tramite alte fonti governative indiane, citate dall’agenzia stampa Pti e riprese dalla stampa locale – che “la legge indiana è applicabile” alla vicenda in questione perché “i Nuclei militari di protezione non godono di immunità globale sulla base della legge internazionale“.
Da parte sua, il ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi ha rimarcato “l’esigenza di affermare sul piano internazionale il principio dell’immunità dei peace keeper che operano nel quadro delle risoluzioni dell’Onu”.
A proposito di questa vicenda, Marco De Paolis, procuratore militare della Repubblica di Roma, ospite di ‘Una domanda a…’ sul sito Ign/Adnkronos, ha spiegato che ”il fatto è avvenuto in acque internazionali e nel corso di una missione internazionale sotto l’egida delle Nazioni Unite per un servizio di tutela dei traffici commerciali contro la pirateria. Non ci sono dubbi sul fatto che la giurisdizione in questi casi sia del Paese cui appartengono le persone coinvolte. In questo caso l’Italia, perché sono accusati militari italiani”. adnkronos