Il Pdl non è contento, al di là delle dichiarazioni pubbliche di sostegno al governo di Mario Monti. Il “cencellismo” ha trionfato a sinistra – dicono nel partito di Silvio Berlusconi – ha trionfato nel Terzo polo (cui vengono attribuiti i ministeri degli Esteri, dell’Istruzione e dell’Interno), nel Pd (il ministro della Sanità è una cosa sola con Rosy Bindi) e un po’ (ma meno di quanto sperassero) nell’area culturale cattolico-vaticana.
Anzi, pare che la Cei
sia fortemente scontenta della nomina del nuovo ministro della sanità: Renato Balduzzi. Ma il vero centro di questo trasversale governo Monti, che viene affettuosamente chiamato di larghe intese, è Banca Intesa: unico grande potere economico italiano (con l’Eni bombardata in Libia e Fiat in crisi). Per
spiegarlo basterebbe già il nome di Monti, il presidente del Consiglio, ed ex
editorialista del Corriere della Sera, cioè il giornale che ha in Banca
Intesa il proprio punto di equilibrio societario, sotto la sorveglianza di
Giovanni Bazoli. Ma del governo fanno parte anche Corrado Passera, il nuovo
superministro (Sviluppo, Infrastrutture e Trasporti), cioè l’ex consigliere
delegato di Intesa (il capo dei capi), ed Elsa Fornero (ministro del Welfare)
vicepresidente del consiglio di sorveglianza di Intesa, amica di Emma
Marcegaglia (che si è data molto da fare), e moglie dell’economista Mario
Deaglio, editorialista della Stampa.
La malizia diffusa nel Palazzo
è che questo gruppo (ma i legami con la banca non si esauriscono qui) abbia il
compito di gestire “operazioni di patriomonializzazione bancaria da non
discutere troppo in pubblico”. Un asse Intesa-Confindustria, coerente con il
riposizionamento politico della presidente degli industriali, Marcegaglia che,
spiazzata dalla crisi di Giulio Tremonti e scavalcata da Montezemolo (a
sinistra) e Marchionne (a destra), ha trovato nel mondo di Intesa un alleato e
protettore (assieme ai banchieri Luigi Abete e Giuseppe
Mussari)
Gli scarti, al governo, sono andati un po’ a Berlusconi e un po’ alla chiesa. Il Cav. è rassicurato dalla nomina di Paola Severino alla Giustizia: lei è stata l’avvocato di Giovanni Acampora e di Fininvest, conosciuta in casa Previti, difende Francesco Gaetano Caltagirone. Al Cavaliere vengono ricondotti, oltre al ministro della Giustizia – non ostile a Berlusconi ma molto vicina alla famiglia Casini-Caltagirone – anche il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini (antica frequentazione con Antonio Tajani, commissario europeo
del Pdl) e Antonio Catricalà, sottosegretario alla presidenza del Consiglio sponsorizzato da Gianni Letta.
Il resto del governo è di tutt’altra estrazione: a parte Banca Intesa, molte banche in generale (è quasi un pre requisito, il ministro Severino è anche consulente dell’Abi), molto centrosinistra, compresi alcuni prodiani, e due ministri sponsorizzati dalla Cei: Andrea Riccardi (fondatore di
Sant’Egidio e neo ministro per la Cooperazione) e Lorenzo Ornaghi (rettore della Cattolica e neo ministro della Cultura). Ma dicono che il cardinale Angelo Bagnasco aspirasse a qualcosa di più (per Ornaghi): l’Istruzione. Non tutti gli ambienti delle gerarchie, nella chiesa cattolica italiana, sono contenti,
malgrado Riccardi e Ornaghi (assieme a Corrado Passera) siano stati fra gli
oratori del seminario di Todi, quello che ha riunito tutte le associazioni
cattoliche italiane il 16 e il 17 ottobre scorsi. Gli ambienti della Cei soffrono per l’incarico alla Sanità dato a Renato Balduzzi, il collaboratore di Rosy Bindi che scrisse di proprio pugno, ai tempi del governo Prodi, la proposta di legge sui Dico, quella sui diritti delle coppie di fatto. Balduzzi è considerato un elemento di divisione all’interno dell’associazionismo: esponente del cattolicesimo cosiddetto adulto, schierò il Movimento ecclesiale contro il Family Day.
Il centrosinistra e il Terzo polo, secondo l’espressione di un dirigente di prima fila del Pdl, “hanno fatto il pieno” con il nuovo governo tecnico. Anna Maria Cancellieri, che l’Udc voleva sindaco di Bologna, è ora ministro dell’Interno. Fabrizio Barca, ex capo del Dipartimento per la coesione e lo sviluppo durante il governo Ciampi, è adesso ministro per la Coesione territoriale (espressione che ha fatto paura alla Lega). L’ambasciatore a Washington, Giulio Terzi di Sant’Agata, è diventato invece ministro degli Esteri ed è un uomo cristallinamente vicino a Gianfranco Fini sin dai tempi in cui era Fini il titolare degli Esteri. Per il presidente della Camera, Terzi di Sant’Agata – cinque anni spesi anche in Israele – è stato il più prezioso terminale dei contatti con i democratici americani, con l’Amministrazione Obama e con lo speaker della Camera Nancy Pelosi che Fini considera “più che un’amica”.
Francesco Profumo, il rettore del Politecnico di Torino, che ha collaborato in modo costruttivo con Mariastella Gelmini, è un uomo di sinistra, amico di Francesco Rutelli, doveva essere candidato sindaco di Torino dal Terzo polo (Fli, Api e Udc) prima che tutti convergessero su Piero Fassino. Piero Gnudi, ministro del Turismo, è un prodiano storico, oggi vicino all’Udc, membro dell’Aspen e del board di Unicredit. Piero Giarda è quasi un sinonimo di Romano Prodi, l’uomo delle finanziarie dell’Ulivo ai tempi del governo 2006-2008: già sottosegretario alle Finanze, si racconta che quando c’era l’assalto alla diligenza andava all’Opera e spegneva il telefono.
Enzo Moavero Milanesi è il nuovo ministro degli Affari europei, collaboratore storico di Mario Monti dai tempi dell’incarico alla Commissione europea. Ma nel governo di Monti ci sono anche dei tecnici-tecnici: il ministro della Difesa, Giampaolo di Paola e il ministro dell’Agricoltura, Mario Catania. Il primo è stato voluto dai vertici delle Forze armate. Un generale spiega al Foglio, con un po’ di ironia: “Quando ci hanno detto che il ministro sarebbe stato Mosca Moschini abbiamo detto a Monti: ‘Se dobbiamo fare un golpe lo facciamo noi e lo facciamo sul serio’”. Catania è invece il classico euroburocrate di rango, una carriera in Europa e amicizie nel direttorio franco-tedesco.