GLI ELEFANTI NON POSSONO VOLARE – Al rating! al rating! E’ un film del ter­rore

di Angela Pisci­telli

Avec ma gueule de métè­que
De juif errant de Pâtre grec
De voleur et de vaga­bond
Avec ma peau qui s’est frot­tée
Au soleil de tous les étés
Et tout ce qui por­tait jupon
Avec mon coeur qui a su faire
Souf­frir autant qu’il a souf­fert
Sans pour cela faire d’histoires
Avec mon âme qui n’a plus
La moin­dre chance de salut
Pour évi­ter le pur­ga­toire
Anche all’elefante basta un solo giorno per morire.

Al rating! al rating! E’ un film del ter­rore. L’Europa è bella che morta ma si è tra­sfor­mata in un vam­piro con un dere­tano impo­nente che suc­chia il san­gue ai poveri cri­sti per poter giron­zo­lare di notte con i suoi can­didi canini in attesa di carotidi.

Soprav­vive in forma “zom­bie” solo per­ché le vit­time non si sono ancora orga­niz­zate con i paletti, l’aglio ed i cro­ci­fissi, tutti insieme. Ma pro­vas­sero a fare un refe­ren­dum negli stati fon­da­tori, l’impalamento sarebbe secco ed imme­diato. Nes­suno crede più alla balla sesqui­pe­dale che l’Unione Euro­pea sia uno stru­mento di pace: i rubizzi teu­to­nici con la lat­tina di birra e le cal­zette corte den­tro i san­dali, dei quali sor­ri­de­vamo, anche se ci face­vano bat­tu­tacce, sono tor­nati ad essere i veri nemici della demo­cra­zia e delle iden­tità nazio­nali.

E’ scop­piata  la nuova guerra “fredda” con tutti gli effetti col­la­te­rali — dispe­ra­zione, care­stia, paura, rab­bia, dolore. I coman­danti si sono arresi al nemico senza com­bat­tere: non gli eser­citi, che dopo un momento di stu­pore comin­ciano a chie­dersi “chi” sta dalla parte di “chi” e come orga­niz­zarsi per evi­tare la disfatta. I greci avranno le ele­zioni ad aprile. Chissà che non sia pro­prio lo spi­rito di Peri­cle ad orien­tare la coscienza col­let­tiva verso una vera sag­gezza. Poi sarà la volta dei fran­cesi. Riu­scirà Marine ad averla vinta sull’ostruzionismo dei gat­to­pardi — intenti più che a far cam­pa­gna elet­to­rale — ad impe­dire che rac­colga le firme neces­sa­rie alla can­di­da­tura? Ed in caso con­tra­rio, come rea­gi­ranno i Francesi?

Noi intanto, com­plice il gene­rale inverno e la stampa-tappetino, stiamo a guar­dare. Sap­piamo di essere fritti, bec­chiamo rating sulla zucca, ma siamo così pigri e fata­li­sti. Ci sarà sem­pre qual­cun altro ad arran­giare le cose: i più guar­de­ranno San­remo: saranno in pochi a bru­ciare la tivì.

Dando per scon­tato che l’Europa esplo­derà (pronti a scom­met­tere i pochi cen­te­simi di euri rima­sti in tasca) sarebbe utile comin­ciare ad orga­niz­zarsi per il dopo-guerra, per­ché la genia­lità ita­liana sta sem­pre nel rico­struire, com­bat­tere non è il nostro forte. Con buona pace delle coper­tine del Times, quasi tutto quanto fatto dal governo dei pro­fes­sori è da get­tare nel cestino: da reces­sione pos­si­bile siamo finiti in reces­sione certa. Abbiamo la demo­cra­zia com­mis­sa­riata, ma in com­penso con­ti­nuiamo a forag­giare la mac­china sta­tale, i depu­tati che temono di non arri­vare a fine legi­sla­tura, le opere inu­tili con i costi super­gon­fiati e Celen­tano che poi devolve ad Emer­gency. Solo che in emer­gency siamo noi. Men­tre rom­piamo i sal­va­da­nai rin­col­liamo i cocci e ammas­siamo cen­te­simi per accen­dere il ter­mo­si­fone, va in onda l’assassinio delle pub­bli­che risorse.

Non so quanti di voi abbiano visto il ser­vi­zio di Ian­na­cone l’altra sera: un mega­ga­lat­tico audi­to­rium ad Iser­nia costato decine di milioni di euri, mai finito e già in rovina ed un museo per il più impor­tante gia­ci­mento del paleo­li­tico, sem­pre ad Iser­nia, chiuso e già fati­scente. Vede­vasi il sin­daco giu­livo che allo sbi­got­tito inter­vi­sta­tore magni­fi­cava la sua atti­tu­dine ad osare. Sap­piate, signori e signore che tale “opera al nero” fu finan­ziata con le svan­zi­che per il 150° dell’unità d’Italia: puro arse­nico som­mi­ni­strato alla vegliarda per stec­chirla più in fretta. A nulla sono valse le ripe­tute richie­ste dell’architetto Valente — soli­ta­rio  e bar­buto fusti­ga­tore di gaglioffi — di essere ascol­tato in pro­cura: de mini­mis non curat prae­tor, come puossi par­lare ai sordi di un audi­to­rium? Amplifon.

Ma quanti audi­to­ria, mega­pa­le­stre, ospe­da­lazzi, cro­ni­ca­rioni, monu­menti, piste cicla­bili senza cicli­sti giac­ciono or qui e pure or lì, a sfre­giare il patrio suol e le nostre tor­men­tate tasche? Avete idea di quanti paras­siti igno­ranti pos­sano arric­chire con  simili cri­mini pro­sciu­gando risorse che potreb­bero dav­vero ser­vire a far ripar­tire il benes­sere ed il lavoro? Le cosid­dette “cele­bra­zioni” del 150°, quanto sono costate? E che pil hanno prodotto?

Il mar­cio, quello vero, il vero muro di gomma con­tro cui ogni idea di rina­scita s’infrange è pro­prio nella mac­china dello stato, con i suoi pri­vi­legi, i suoi ingra­naggi far­ra­gi­nosi da oliare, i pres­sap­po­chi­smi, incom­pe­tenze, le com­butte tra con­trol­lanti e con­trol­lati, lo spre­gio di una pia­ni­fi­ca­zione intel­li­gente, l’ignoranza, l’assenza di merito e di mec­ca­ni­smi di risar­ci­mento. E’ lì che il pro­fes­sore dovrebbe met­tere il naso boc­co­niano per vedere  il buco nero che sta inghiot­tendo l’Italia. Ed è cosi che men­tre ven­gono spre­muti e messi alla dispe­ra­zione gli Ita­liani che pro­du­cono — eroi del pil — gli altri con­ti­nuano a spas­sar­sela senza che nes­suno gli abbia fatto manco il sol­le­tico.

E’ vero che sta­ta­li­sta non man­gia sta­ta­li­sta, e buro­crate non man­gia buro­crate. In fondo, basta dare uno sguardo al Par­la­mento euro­peo, e l’immagine del per­fido audi­to­rium viene a sovrap­porsi a quelle laide ban­die­rate stanze del potere. In un’atmosfera sur­reale dove il buon senso è sospeso i nota­bili d’ogni nazione con­ti­nuano a salas­sarci inse­guendo un fetic­cio che dell’idea ori­gi­na­ria non ha più nulla. Gli addetti ai lavori non capi­scono, oppure fin­gono di non capire. Eppure è ele­men­tare: una fami­glia, un’impresa, una nazione, un’insieme di nazioni si for­mano su idee e pas­sioni comuni, l’economia poi si forma sull’idea, non vice­versa. Se que­sta regola viene meno, biso­gna sfa­sciare tutto e, si ha voglia, rico­min­ciare d’accapo.

Guar­diamo allora oltre l’orizzonte di que­sto espe­ri­mento mise­ra­mente fal­lito, guar­diamo dove l’Europa esiste“in spi­rito”. Smet­tiamo di sen­tirci col­pe­voli cicale. Tocca a noi recu­pe­rare cul­tura ed ini­zia­tiva per una pos­si­bile rico­stru­zione euro­pea. Solo man­dando a gambe all’aria lo stato ele­fante tor­ne­remo ad essere pro­ta­go­ni­sti e potremo alzare la voce verso l’elefante più grosso che ha come unica ragione sociale sca­maz­zare  gli ele­fanti più pic­coli. Con il prof o senza il prof, Europa o non Europa, l’unica strada è quella. Non si sono mai visti ele­fanti svo­laz­zare di cespu­glio in cespu­glio per far nascere fiori. Gli ele­fanti non pos­sono volare.

Angela Pisci­telli, 14 feb­braio 2012
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