F35 e Eurofighter Typhoon: in Italia gli aerei militari di nuova generazione

ROMA 31 GEN- Gli aerei militari di cui si doterà l’Italia nei prossimi anni sono i prodotti migliori dell’industria italiana e internazionale degli ultimi anni. Dunque, lo Eurofighter Typhoon e l’F35 Jsf sono indispensabili per rinnovare i mezzi dell’Aeronautica e della Marina, consentendo al nostro paese di soddisfare le proprie ambizioni in campo internazionale e di autodifesa.
È la sintesi dell’articolato studio realizzato da Pietro Batacchi e Andrea Falconi del Cesi, il Centro studi internazionali del professor Andrea Margelletti, che Panorama.it  ha letto in anteprima. Margelletti ne parlerà davanti alla commissione Difesa della Camera nel corso di un’audizione mercoledì 8 febbraio. Essendo uno studio tecnico, il lavoro del Cesi non accenna alle polemiche politiche sui costi dell’F35, anche se il numero previsto di 131 aerei sarà probabilmente ridotto a circa un centinaio.

Lo Eurofighter, o Efa, è un caccia bimotore preposto principalmente a missioni di difesa aerea: entrato in servizio nei primi anni Duemila, è prodotto da un consorzio tra industrie di quattro paesi: Italia (Alenia Aeronautica), Germania, Regno Unito e Spagna ed è in costante adeguamento tecnologico. Per le prime due tranche l’Italia ne ha acquistati 75, mentre è in produzione la terza tranche con un investimento di 9,1 miliardi per costruirne altri 112. Alla capacità multiruolo aggiungerà la possibilità di usare il missile aria-superficie a lungo raggio Storm Shadow. Durante l’operazione Unified Protector in Libia, ricorda il Cesi, «l’Eurofighter è stato utilizzato come difesa aerea da Italia e Regno Unito» che a sua volta l’ha usato anche per bombardare.

Il Joint Strike Fighter F35, di cui molto si è parlato nelle scorse settimane, è invece un caccia bombardiere monomotore con caratteristiche «stealth», invisibile ai radar, che consentono di penetrare nelle difese antiaeree senza bisogno di altri mezzi di scorta e quindi «nella massima sicurezza per la vita del pilota». Essere «invisibili» comporta una struttura con meno spazio per le bombe, ma lo studio sottolinea che «quello che 25 anni fa potevano fare 10 bombe, ai giorni nostri è possibile farlo con un ordigno soltanto, a tutto vantaggio della possibilità di contenere al massimo i danni collaterali» come «colpire un piano di un palazzo lasciando intatto tutto il resto».  Non a caso nel conflitto libico, nonostante le numerose missioni compiute, dall’Aeronautica e dalla Marina italiane «non risulta sino ad ora che vi siano state come conseguenze vittime civili».

Sviluppato principalmente dall’americana Lockheed Martin, al progetto F35 partecipa anche l’Italia con la produzione di alcune parti delle ali e della fusoliera nello stabilimento di Cameri (Novara). Il nostro paese è un partner di secondo livello, con un investimento di 1 miliardo di euro a fronte dei 2,5 degli inglesi, e gli F35 sostituiranno tra il 2015 e il 2026 gli Amx e i Tornado dell’Aeronautica e gli AV-8 Harrier della Marina. Lo stabilimento di Cameri costerà circa 800 milioni e la produzione delle ali di 1.251 apparecchi garantirà un ritorno di 540 milioni. Lo stabilimento, però, diventerà «la seconda catena d’assemblaggio mondiale ponendosi in lizza come futuro centro europeo e mediterraneo di manutenzione e per l’applicazione delle tecnologie stealth agli apparecchi».

L’F35 è previsto in tre varianti: decollo e atterraggio convenzionali (Ctol), decollo corto e atterraggio verticale (Stovl) e variante per portaerei convenzionali. La Marina potrà sostituire gli AV-8 solo con gli Stovl perché «gli unici sul mercato con quelle caratteristiche». L’Aeronautica, sottolinea ancora il Cesi, «con il Jsf si dota di uno strumento all’avanguardia, capace di essere utilizzato, in sicurezza, sin dai primi attimi di un conflitto quando ancora le difese aeree nemiche costituiscono una minaccia per i velivoli convenzionali». Dunque, uno strumento operativo che l’Italia potrà «usare» anche sui tavoli della diplomazia internazionale. Si discuterà del fatto che l’Aeronautica avrà anche alcuni F35 Stovl, che viene giustificato con la necessità di «garantirsi maggiore versatilità e adattabilità agli scenari più eterogenei», come in aree dove non ci sono aeroporti sufficientemente sviluppati per ospitare aerei convenzionali.
Nel complesso, l’F35 è un aereo non solo da «prima ora della guerra». Essendo molto flessibile, può essere infatti usato in scenari asimmetrici «a garanzia della copertura di ogni possibile scenario da qui ai prossimi 30 anni». Uno studio, questo del Cesi, che certamente consentirà al Parlamento un dibattito approfondito.