Chador addio: nuovo codice di abbigliamento in Iran

Teheran, 27 dic.  – Chador addio. Al suo posto cappotti sbottonati che mettono in mostra il corpo e hijab dai colori sgargianti che coprono a malapena il capo. Le donne iraniane già gridano alla ‘rivoluzione’, per gli analisti è un’operazione per catturare qualche voto del ceto medio in vista delle prossime elezioni. Ma tutti concordano: la linea di moda ‘all’Occidentale’ approvata dal governo di Teheran cambierà il modo di vestire nella Repubblica Islamica, dove vige uno dei codici d’abbigliamento più restrittivi al mondo.

Una ‘svolta-fashion’, quella voluta dal governo, che riflette lo scontro in atto tra il clero ultraconservatore e l’ala ‘laicista’ vicina al presidente Mahmoud Ahmadinead, che viene accusata di deviazionismo e di voler rifondare i valori di riferimento del Paese. Madri e figlie intanto guardano entusiaste gli abiti di velluto e le sciarpe indossate dai manichini nella ‘fashion-show’ organizzata dal ministero della Cultura e della Guida Islamica. Tra le giacche dai colori accesi, il chador nero, l’austero abito tradizionale che copre le donne iraniane fino ai piedi, sembra solo un lontano ricordo.

“La adoro” spiega Shoukoufeh Arabpour, studentessa di fashion design, riferendosi a una mantella di velluto blu tagliata sopra il ginocchio, lontana un abisso dall’abito nero che l’avvolge. Intorno a lei oltre 100 modelli in competizione per il premio di miglior abito ‘islamico’. “Purtroppo – commenta la ragazza, 23 anni, al ‘Washington Post’, – in confronto alle altre Nazioni, non possiamo indossare i vestiti che ci piacciono”.

La linea di moda lanciata dal governo non trasformerà di certo le vie di Teheran in una sfilata di aspiranti Lady Gaga, ma ha l’obiettivo di regolare il codice di abbigliamento femminile, ritenuto una giungla inestricabile. Malgrado le leggi in vigore e i tentativi degli ultraconservatori di renderle più severe, sempre più ragazze indossano abiti occidentali e arrivano perfino a tingersi di biondo platino, giocando sul sottile filo di ciò che è lecito e ciò che non lo è.

Un comportamento biasimato dagli ayatollah che chiedono di rispettare le norme etiche e che può portare anche all’arresto. Lo sanno bene centinaie di ragazze che ogni anno vengono incarcerate per avere l’hijab fuori posto o per non aver obbedito al codice di abbigliamento. La linea approvata dal governo si pone proprio l’obiettivo di conciliare moda e tradizione, permettendo alle donne di indossare abiti simili a quelli che si vedono nelle vetrine delle capitali occidentali a patto che siano in conformità con i valori fondamentali della Repubblica Islamica.

Zahra Ranjbar è l’organizzatrice della ‘fashion show’ e spiega gli scopi dell’iniziativa voluta dal governo. “Vogliamo mettere dei codici sugli abiti approvati ufficialmente dal governo e fornire un permesso scritto alle donne che decideranno di indossarli in modo da impedire che siano arrestate“, sottolinea la Ranjbar. “Stiamo facendo questo per la gente, per proteggerla”, aggiunge.

Intanto, proprio oggi, le autorità hanno annunciato che manderanno in tv uno spot per reclamizzare 32 modelli di chador. Secondo Parvin Salihi, consilgiere della Tv di Stato iraniana, si tratta di modelli disegnati da stilisti iraniani con l’obiettivo di re-islamizzare la società, in accordo con la moda che seguono le più giovani.

Le aperture sul codice di abbigliamento riflettono le trasformazioni in corso nella società iraniana, composta per il 70% da giovani under 35. Sempre più donne, anche quelle filo-conservatrici, oggi guardano su internet video e film occidentali, postano i loro messaggi su Facebook e, nel caso possano permetterselo, trascorrono le loro vacanza sulle spiagge turche o di Dubai. Sono abituate quindi a un certo modello di vita e non vogliono rinunciarvi anche a costo di rischiare il carcere.

Per gli osservatori, la querelle sulla linea di moda del governo sembra invece aprire un un nuovo capitolo dello scontro ai vertici della Repubblica Islamica tra Ahmadinejad e la Guida Suprema Khamenei, sostenuto dai ‘falchi’ dello schiramento ultraconservatore che accusano il presidente e il suo entourage di ‘deviare’ dai valori fondamentali alla base del sistema politico-religioso dell’Iran. Sullo sfondo la lotta già aperta per le elezioni parlamentari di marzo, vero banco di prova dei rapporti di forza nel campo conservatore in visto della ‘battaglia’ per la presidenza dell’anno successivo.

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