Sono circa le nove di un mattino qualunque. Davanti al bancone del bar, vicino casa, aspetto il mio caffé. Siamo lì in tre, per lo stesso motivo.
Tutto normale, quindi, e niente di raccontabile; se non avessi letto la notizia sul televideo:”Un italiano su tre, ha chiesto un prestito di circa due mila euro per i regali di Natale, la settimana bianca o il Cenone”. In teoria, uno di noi tre, davanti a quel bancone, potrebbe essere il prenditore di quel prestito.
Non mi sono certo calato nei panni di Giuseppe De Rita, famoso sociologo. La prima domanda della mia mente stramba è:questo è soltanto uno dei tanti segni della crisi o è qualcosa di più? E, subito dopo, un’altra domanda:il “prenditore” di quel prestito dimostra così fiducia nel futuro, oppure la sua “fiducia” è rivolta solo alla speranza di non restituire più quei soldi, approfittando del caos generale? Godiamoci quest’ultime feste, poi succeda quel che deve succedere.
Il Professore di Varese strapazza, più o meno, i facilmente accessibili, perché lo Stato non ha altra chance immediata di prelievo forzoso.
Ebbene, un italiano su tre reagisce, chiedendo il prestito della speranza, o pensa soltanto alla catastrofe generale e spende soldi altrui attraverso una surrettizia redistribuzione della ricchezza? Immerso in tali interrogativi, sto pensando di prendere a casa i prossimi caffé.
Così, tanto per scacciare i folli pensieri. E cominciare a risparmiare rispetto a quanto Mariuccio da Varese ha deciso di prelevare dalle mie tasche:solo perché è più facile. Pensieri da bar.
La sociologia abita altrove e avrebbe bisogno almeno di 120 italiani su 100 per dare corpo alle sue elucubrazioni.
guglielmo donnini