15 dic. – Sono le previsioni del Centro Studi di Confindustria a certificare cosi’, ad appena due anni dall’ultima crisi, il nuovo brusco stop nella crescita dell’economia italiana che risultera’ la piu’ colpita nella media dell’Eurozona.
A scatenare il deterioramento del quadro economico globale, gia’ fiaccato dalla caduta nel 2008-2009, “la crisi dei debiti sovrani accompagnata e potenziata dalla frenata dei paesi emergenti, dagli effetti delle politiche di bilancio restrittive e dal peggioramento delle ragioni di scambio causato dai rincari delle materie prime”. E la turbolenza dei mercati finanziari ha “riflesso il peggioramento accelerandone la diffusione nella percezione degli operatori economici la cui fiducia e’ scesa rapidamente, facendo ridimensionare i piani di spesa di famiglie e imprese”.
La gia’ debole crescita italiana, infatti, si e’ contratta a partire dal terzo trimestre 2011 e fino a tutta la prima meta’ del 2012 il Pil e’ previsto scendere ad un ritmo medio dello 0,5%. Ma a partire dalla seconda meta’ del 2012 le variazioni congiunturali del Pil potrebbero tornare positive: “cio’ accadra’ nell’ipotesi piu’ probabile che sia affrontata in modo risolutivo la crisi dei debiti sovrani dell’Eurozona, con il gioco cooperativo tra stati e istituzioni, rientrino rapidamente le tensioni sui tassi di interesse a lungo termine e siano ripristinae le condizioni operative normali del credito e torni la fiducia tra le imprese”.
Falcidiati i posti di lavoro dei giovani: tra la meta’ del 2008 e quella del 2011 per lavoratori di 15-24 anni la perdita e’ stata del 24,4% e del 13,3% quella per la fascia 25-34 anni. Penalizzato chi ha una minore istruzione (-10,6%), dicono gli economisti di viale dell’Astronomia.
Il Centro Studi di Confindustria segnala poi una pressione fiscale record: al 45,1% nel 2012 e al 45,5% del Pil nel 2013. Ma la pressione effettiva “supera abbondantemente il 54%”. Il Csc sollecita una riforma fiscale e lotta all’evasione.
Male anche i consumi, in calo dell’1% nel 2012 e in lieve recupero dello 0,4% nel 2013: un risultato che portera’ una nuova erosione del risparmio, difficilmente comprimibile ancora, visto che “la propensione alla parsimonia ha raggiunto all’inizio del 2011 il minimo storico”.
Confindustria indica così lo scenario peggiore: se crollasse l’euro le quattro maggiori economie dell’Eurozona denuncerebbero un tracollo del Pil tra il 25-50% e svanirebbero tra i 6 ed i 9 mln di posti di lavoro per ciascun paese. Sarebbe un default per tutti, Germania compresa.
Ma c’è spazio per non cedere al pessimismo e “scommettere” sulla possibilita’ di una “ripartenza” tra sei mesi. Con una forte crescita ci potra’ essere “un lieto fine” per l’Italia. “Ci sono i presupposti, ne sono state poste le prime timide basi”, dice, giudicando “adeguate” le prime risposte della politica.
L’Europa “e’ ad un bivio”, concludono gli economisti di Confindustria: o sceglie il dissolvimento dell’euro o imbocca un rientro in tempi brevi dalle insostenbili tensioni sui titoli sovrani per spingere la ripresa per meta’ 2012. “Non ci sono mezze misure” e sono “inconcepibili vie intermedie”.