Andrea Camilleri e Francesco De Filippo
Questo mondo un po’ sgualcito
Casa editrice Infinito
Il primo libro-intervista ad Andrea Camilleri sul Camilleri Maestro, un uomo che a 85 anni ha ancora tanto da dire e da insegnare. Camilleri è un grande Saggio, depositario di una sterminata cultura nazionale e internazionale che, per la prima volta, qui parla a cuore aperto di tutto. Perché il Maestro è la Memoria storica del Paese, ne è Padre morale.
Francesco De Filippo è nato a Napoli nel 1960. Giornalista dell’Agenzia Ansa, è stato corrispondente per Il Sole 24 Ore. All’attività di giornalista associa quello di romanziere e saggista: ha pubblicato cinque libri per Mondadori, Rizzoli, Nutrimenti l’ultimo dei quali è Quasi uguali (Mondadori). Da alcuni libri sono stati tratti spettacoli teatrali. Ha vinto numerosi premi; alcuni suoi romanzi sono stati pubblicati in Germania, Francia e nella Repubblica Ceca.
INTERVISTA A FRANCESCO DE FILIPPO, DOMENICA 11 DICEMBRE 2011 (a cura di Luca Balduzzi)
Di Andrea Camilleri abbiamo avuto la possibilità di conoscere differenti aspetti, ma forse quello del saggio che questo libro-intervista mira a fare risaltare è quello rimasto maggiormente nascosto dietro a tutti gli altri…
E difatti è questo lo scopo del libro. Di Camilleri si conosce ormai praticamente tutto: quante sigarette fuma, quando scrive, come trascorre le giornate. Apparentemente. In realtà di lui non si conoscono oppure vengono taciuti o si sorvola sugli aspetti meno ludici della sua personalità. Pochi sanno che è stato il primo a mettere in scena una rappresentazione di Beckett in Italia; si parla troppo poco del suo impegno sociale, di ciò che è e rappresenta: un intellettuale che a 86 anni non si tira mai indietro, si sporca le mani ed è pronto a scendere perfino in piazza. Vogliamo una cernita per verificare chi -degli autori affermati- escono dalle rispettive torri eburnee? Infine, di lui apprezzo l’enorme rigore morale.
Che genere di lavoro, e immagino anche di rapporto umano, rende possibile la realizzazione di un libro come questo? Tempi, divario d’età, “timore reverenziale” del maestro… che ruolo hanno giocato?
Sono stato un uomo fortunato: ho conosciuto Camilleri in tempi non sospetti, quando aveva pubblicato due libri ed era assolutamente sconosciuto. Il mio rapporto con lui è verticale: quello di un maestro, di un saggio con un discepolo. Sono poche le occasioni nella vita in cui si incrociano persone che possono offrire tanto alla tua formazione personale e culturale, io l’ho avuto e non me la sono fatta scappare. Credo siano questi i presupposti per pensare e realizzare un libro come “Il mondo sgualcito”, così ampio per argomenti trattati. E, dunque, tempi, età, “timori”…
Un mondo un po’ sgualcito… quali sono, secondo Camilleri, i problemi, comuni a ogni latitudine, che lo affliggono? E da che cosa sono derivati?
Una delle realtà che lo preoccupano di più è questo capitalismo corsaro e senza regole. Il libro è stato realizzato in più fasi, la prima delle quali risale a quello che oggi può sembrare un millennio fa, cioè prima della crisi dei subprime e della catastrofe che ne è seguita. Ho volutamente evitato di porre qualunque domanda su Berlusconi, la cui posizione è fin troppo chiara. Lo preoccupa anche, molto, lo stato della cultura in Italia soprattutto e una classe politica che, prima dell’era Monti, gli sembrava genericamente incapace quando non corrotta.
Un mondo che le future generazioni si ritroveranno come pesante eredità del secolo passato e di questi primi anni di nuovo millennio… esistono per Camilleri delle possibilità di miglioramento? E dove le va a cercare?
Proprio lì, nella cultura. La sua è una visione in parte darwinistica, come se i giovani fossero naturalmente portati a migliorarsi nella loro attività di conoscenza del mondo. Dunque, in questo senso, qualunque forma di apprendimento e qualunque cosa si apprenda è un mattone che si aggiunge alla parete in costruzione della loro formazione. Mi ha colpito l’esempio che faceva sull’invenzione del cannocchiale: certo, perfezionato da Galileo ma in realtà costruito da giovani inglesi per guardare in distanze le finestre oltre le quali si spogliavano le ragazze.
Venendo all’Italia, il libro esce nell’anno in cui il nostro paese festeggia il centocinquantesimo anniversario della sua nascita… quanto è forte per Camilleri il bisogno di risvegliare la memoria, tanto storica quanto culturale, e la coscienza di una nostra appartenenza e partecipazione attive alla vita dello Stato?
Enorme, è enorme. E non da oggi. Quanti sono i romanzi e i saggi che ha scritto per contribuire a una rilettura dell’unità d’Italia? Ridicolizzando, mettendo alla berlina i rigorosi funzionari dello Stato piemontesi nella elastica, magmatica realtà siciliana fa un lavoro di pesante critica che è la versione ironica di quanto è stato depredato al Sud con la scusa dell’Unità. Questo senza nulla togliere alle -grandissime- responsabilità dei meridionali. Si tratta di romanzi e saggi ispirati da fatti veri, enunciati nella voluminosa pubblicazione degli atti della Commissione parlamentare che si spinse fino in Sicilia proprio dopo l’Unità.
Perché, nonostante tutto, Camilleri mantiene una sua visione abbastanza pessimistica riguardo al futuro, tanto dell’uomo quanto del mondo?
L’unica ragione, in questi anni così difficili che stiamo attraversando, per essere ottimisti, è riposta nei giovani. Sono la linfa che vivifica, entusiasma il mondo, lo scuote se necessario. In loro crede anche lui, ma temo non sia sufficiente per lasciarsi andare all’ottimismo. Devo però confessare che reputo comprensibile che chi abbia provato sulla propria pelle le conseguenze della prima guerra mondiale, abbia attraversato il fascismo e il nazismo e vissuto una nuova guerra mondiale con il risveglio che ne è seguito e il benessere, vedere il mondo ripiegare su se stesso, la sua generazione lasciare un mondo allo sbando, possa indulgere al pessimismo.
Il libro ha anche –un aspetto altrettanto importante da sottolineare– una finalità benefica (i proventi di questo libro contribuiscono alla costruzione di un ospedale a Bilogo, nel Burkina Faso, ndr)…
E’ una testimonianza, qualcosa che Camilleri intende lasciare ai giovani appunto. Un consiglio, un suggerimento, indicazioni in un percorso difficile in cui è facile perdersi. Non sono iniziative che si fanno per guadagnare: né lui, né io, né l’editore.