In pochi lo sanno, nessuno lo spiega. Il regime iraniano non è granitico e indissolubile come appare. Le relazioni tra il presidente Mahmoud Ahmadinejad e la guida suprema Ali Khamenei non sono più rosee come ai tempi del primo mandato del presidente Iraniano. In questi mesi lo scontro tra i due è diventato sempre più aspro e ne sono prova ad esempio il braccio di ferro tra i due nell’estate scorsa per la sostituzione del capo dei servizi informativi della repubblica Islamica, nomina spettante al presidente ma reclamata dalla guida suprema oppure quando il parlamento sotto la spinta della guida suprema ha quasi messo in stato di accusa il presidente per delle sospette irregolarità nelle elezioni.
Ma il fatto che ha veramente mostrato al mondo la divisione tra i due è l’assalto degli “studenti” all’ambasciata del Regno Unito. Da una parte la polizia controllata dal governo che cercava,anche se in modo “soft” di impedire che quella manifestazione potesse diventare un casus belli, e dall’altra parte gli studenti con le immagini non del presidente ma del grande Ayatollah. Chi è quindi oggi che sta facendo di tutto per rendere l’Iran una potenza regionale anche a rischio di un conflitto? E’ il presidente, o la guida suprema?
Ripercorriamo per un attimo la storia del grande Ayatollah Alì Khamenei: è nato nel 1939 grande studioso del Corano, partecipa attivamente nello stato dall’inizio della rivoluzione, è stato ministro della difesa, aveva grandi legami con i Pasdaran fin dagli inizi degli anni ottanta quando l’organizzazione non aveva il potere che ha oggi, ha subito un tentativo di assassinio è stato per due volte presidente dell’Iran quando al vertice era il grande Ayatollah Khomeini, insomma è un religioso di grande fede ma è anche di fatto un militare, quasi un Pasdaran.
E’ la guida suprema che oggi di fatto controlla il programma nucleare e i progetti missilistici d’avanguardia che sono affidati alle Guardie della Rivoluzione. Il fatto che sia la Guida Suprema a gestire il programma nucleare dovrebbe voler dire che la Repubblica Islamica Sciita non costruirà mai l’arma atomica, in quanto proprio una Fatwa dell’Ayatollah lo proibisce. Ma quella Fatwa è del 2005, oggi la situazione è cambiata, cosa pensa lo stratega Ali Khamenei? Ha osservato la caduta di Gheddafi, che aveva accettato di interrompere i progetti per le armi di distruzione di massa; osserva la Corea del Nord, che ha alcune atomiche e migliaia di missili e che nessuno, militarmente, si sogna di toccare; ha visto la slealtà dell’occidente sempre nei confronti di Gheddafi ed in parte dell’alleato Siriano.
Che farà quindi Khamenei? Annullerà la sua Fatwa per “legittima difesa”? Sembra che il falco a Teheran sia la Guida Suprema e che chi potrebbe dialogare, per assurdo, è il Presidente. Forse sono queste differenze e questi duri confronti che hanno fatto pensare all’amministrazione americana di affrontare la minaccia nucleare iraniana col guanto di velluto, ma ormai il tempo delle parole si è esaurito e forse proprio la forza potrebbe cambiare gli equilibri nei palazzi del potere di Teheran.
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