Maxi truffa sui permessi di soggiorno, indagato avvocato imolese

IMOLA – Un imprenditore pakistano, un avvocato di Imola e un ragioniere che per anni ha lavorato in un Caf nella stessa città sono accusati di aver messo in piedi una maxi truffa con cui, grazie a datori di lavoro consenzienti, avrebbero fatto ottenere falsi permessi di soggiorno a circa 200 operai cinesi, albanesi, bengalesi, marocchini e tunisini. I tre sono indagati per favoreggiamento all’immigrazione clandestina alla falsità materiale ed ideologica in atto pubblico, dalla falsità in dichiarazioni rese al pubblico ufficiale al favoreggiamento personale, con l’aggravante di avere agito al fine di trarne profitto e in concorso tra piu’ di cinque persone.

Gli stranieri, secondo l’inchiesta avviata dalla guardia di finanza di Rovigo e coordinata dalla Procura di Bologna, avrebbero ottenuto il permesso di soggiorno venendo spacciati come finti badanti (in base alla sanatoria di giugno 2009) e poi grazie a fittizi contratti di lavoro per extracomunitari nel 2010. Ognuno di loro pagava una somma tra i cinque e i sette mila euro per essere regolarizzato; di questi, a ciascun datore di lavoro consenziente (sarebbero una quarantina), ne andavano circa 1.000. Il resto finiva nelle mani del ragioniere e dell’avvocato, i veri ‘promotori’ dell’organizzazione.

Maria Teresa Caputo, avvocato 47enne di origini pugliesi con studio a Imola, e il 60enne ragioniere della Caf Giuseppe Monaco da ieri sono agli arresti domiciliari ma rischiano anche la radiazione dai propri ordini professionali di appartenenza, avverte la Guardia di finanza. E’ invece sottoposto ad un obbligo di firma il terzo ‘promotore’ dell’associazione, un imprenditore edile pakistano, M.R., residente a Bologna, che secondo le indagini trovava i potenziali clienti ghanesi e pakistani.

Oltre ai tre destinatari di misure cautelari, l’inchiesta conta altri 38 indagati, per lo più datori di lavoro privati e imprenditori, che sulla carta hanno finto di aver regolarizzato una badante o di aver bisogno di manodopera straniera per le proprie imprese (intascando per questo, secondo le indagini, circa 1.000 euro a testa). I falsi datori di lavoro, per metà privati e per il restante 50% imprenditori, sono originari della zona tra Bologna e Imola, compreso Castel del Rio e Lugo di Romagna, ma anche di Forlì.

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