Dopo la legalizzazione dell’eutanasia in Olanda il piano scivoloso si fa sempre più ripido. Come riportavamo in Ultimissima 21/3/11 il Rapporto Remmelink, primo rapporto ufficiale commissionato dal Governo sulla “dolce morte”, ha rivelato che almeno un terzo dei 5.000 pazienti ai quali è stata somministrata la “dolce morte”, non aveva dato alcun esplicito consenso.
Nel St Pieters en Bloklands invece, un centro anziani di Amerfott, si è deliberatamente deciso di non rianimare i pazienti al di sopra di 70 anni e un movimento politico si batte per ottenere il “suicidio assistito” per quanti, superati i 70 anni, si sentissero “stanchi di vivere”.
Oggi la Royal Dutch Medical Association (KNMG) ha rilasciato nuove linee guida per l’interpretazione della legge sull’eutanasia del 2002 e ora si dovrebbe includere chi ha “disturbi mentali e psico-sociali” come “perdita di funzionalità, la solitudine e la perdita di autonomia “come criteri accettabili per l’eutanasia”. Chi soffre di solitudine dunque può chiedere l’eutanasia.
Le linee guida inoltre, si legge su Lifenewssite.com permettono ai medici di collegare anche la mancanza di “abilità sociali, risorse finanziarie e un social network” a “sofferenza insopportabili e durature”, aprendo così la porta della morte assistita sulla base di fattori “psicosociali” e non più soltanto alla malattia terminale.
Il documento conclude sostenendo che il “concetto di sofferenza” è “ampio” rispetto alla sua interpretazione ed esso dovrebbe includere anche “disturbi della vista, dell’udito e della mobilità, cadute, confinamento a letto, affaticamento, stanchezza e perdita di fitness”.
Alex Schadenberg, direttore e presidente del Comitato Internazionale di Euthanasia Prevention Coalition ha dichiarato che quel che avviene in Olanda è ciò che accadrà ovunque se l’eutanasia e il suicidio assistito venissero legalizzati.
UCCR