La sinistra propone il diavolo con l’acqua santa

di Claudio Romiti

Personalmente non ho mai fatto sconti al governo Berlusconi il quale, nonostante le antiche promesse, ha pensato di vivacchiare senza portare avanti quelle necessarie riforme liberali che, a mio avviso, costituiscono l’unica “medicina” per evitare il crollo economico e finanziario del Paese.

Tuttavia le evidenti carenze della maggioranza non stanno ad indicare che automaticamente l’opposizione abbia le carte in regola per fare ciò che serve all’Italia in questo momento; magari sotto la copertura di un esecutivo tecnico o di larghe intese che dir si voglia. In sostanza, per realizzare ciò che ci chiede l’Europa, ossia una serie di scelte piuttosto impopolari, occorrono due elementi: chiarezza di idee e determinazione politica.

Ora, l’attuale ed eterogenea opposizione parlamentare possiede nel complesso queste due importanti prerogative? Francamente nutro molti dubbi in merito. Nello stesso Pd, il quale dovrebbe rappresentare il fulcro di questa sorta di governo di salvezza nazionale, emerge un fritto misto di posizioni che vanno ben al di là della normale dialettica democratica.

Le differenze tra le ricette del responsabile economico Fassina e il rottamatore Renzi, ad esempio, sono enormi. E laddove il primo si esprime nettamente contro le discusse tesi agostane della Banca centrale europea, il sindaco di Firenze, al contrario, porta avanti confusamente una sua personale “rivoluzione” liberale che il segretario Bersani ha rubricato ad antiquariato politico degli anni ’80.

Lo stesso Bersani, autore delle famose liberalizzazioni passate alla storia come lenzuolate, da leader dei democratici sembra aver cambiato pelle, occhieggiando spesso e volentieri ai fermenti collettivistici di chi chiede una rendita vitalizia, sotto le mentite spoglie di un lavoro, pagata con i soldi del contribuente.

Ma la cosa ancora più dubbia consiste nel ritenere che i confusi eredi del più grande partito comunista dell’Occidente, con l’aggiunta della sinistra cattolica, possano coagulare uno schieramento “d’emergenza” che comprenda spezzoni in fuga del Pdl, il Terzo polo e l’area più radicale posta alla sua sinistra.

Perché, ed è questo il problema di fondo, in un così delicato frangente non si tratta di chiamare a raccolta uomini e partiti intorno ad un ricco piatto di poltrone da spartire, cosa che peraltro non ha impedito all’Unione di Prodi di deflagrare. Occorre invece mettere insieme il diavolo e l’acqua santa con lo scopo primario di adottare quella politica di lacrime e sangue che più di una volta ha evocato il capo dell’Udc Casini.

Una politica di lacrime e sangue che sicuramente non potrà mai, neppure in minima parte, venire incontro alle richieste stataliste dell’area radicale. E sebbene in politica spesso risulta possibile ciò che il giorno prima sembrava negato dai fatti, l’idea di un nuovo esecutivo che tagli la spesa pubblica e liberalizzi il mondo del lavoro in concorso con Vendola, Diliberto e Di Pietro mi risulta difficile da immaginare.  Sarebbe come se si chiedesse agli indignados di battersi contro ogni forma di intervento pubblico nell’economia.

D’altro canto, a parte le buone intenzioni dei moderati del Terzo polo e di qualche transfuga pidiellino, è la stessa base elettorale ad est di Matteo Renzi che impedisce di credere alle virtù taumaturgiche di questo mitico governo di salvezza nazionale.
Una base elettorale la quale, a prescindere da qualunque conversione dei suoi leader politici, preme per avere più Stato, più spesa e, conseguentemente, più tasse. Ovvero qualcosa di profondamente incompatibile con quanto il mondo intero si aspetta che l’Italia faccia per salvare se stessa e l’euro.

Claudio Romiti