Donne kamikaze: da afghane a turche, parita’ e morte

Discriminate dall’islam integralista, ma non solo, alle sempre più numerose donne kamikaze tocca la strana sorte di una parità conquistata con la morte. Sono quasi esclusivamente afghane o cecene e qualche volta, come oggi, turche. Strumentalizzate o volontarie, si fanno saltare in aria per il bene di una causa ‘politica’ e non certo per una questione di genere. Ma morire sotto un burka imbottito di esplosivo, è ancora più sinistro di quando tritolo e simili scoppiano dentro un turbante che, in sistemi più o meno contigui alla sharia, conta qualcosa anche in vita. Due attentati, oggi, hanno per protagoniste due donne: uno in Afghanistan, uno in Turchia. Il posto è Asadabad, capoluogo della provincia orientale di Kunar, Afghanistan; la dinamica evoca un buon addestramento. Un edificio dell’intelligence afghana, per definizione ‘tempio’ maschile e, nei pressi, un’adolescente avvolta nel burqa: la ragazza, con un atteggiamento sospetto, attira l’attenzione degli agenti della sicurezza che, dopo alcuni avvertimenti, sparano. Lei risponde al fuoco con una pistola, poi attiva l’esplosivo che nasconde sul corpo. Ci sono alcuni feriti ma nessuna vittima.

Qualche ora dopo, nella Turchia orientale, a Bingol (area a prevalenza curda), un’altra donna decide di immolarsi e si fa esplodere nei pressi di una sede dell’Akp, il partito del premier Recep Tayyip Erdogan. Le vittime, oltre alla kamikaze, sono due, i feriti almeno 20. Il ministro dell’interno turco, Idris Naim Sahin, precisa che l’attentato non aveva come obiettivo l’edifico dell’Akp. Ma è un fatto che oggi ricorre l’88/o anniversario della fondazione della Repubblica turca, laica e centralista, che sta combattendo in tutti i modi l’indipendentismo del curdo Pkk. Le donne kamikaze fanno notizia. Ma quando la vittima è una bambina, il clamore diventa orrore. Come nel giugno scorso, sempre in Afghanistan, quando la piccola vittima è stata una bimba di otto anni, alla quale i talebani hanno affidato una bomba perché la portasse a un posto di blocco della polizia. Sempre in giugno, è andata bene a Sohana Ali Javaid, 9 anni, fermata nel Pakistan nord-occidentale dalla polizia che aveva notato un rigonfiamento sotto il vestito: un giubbotto esplosivo pronto per essere attivato.

A quanto pare, a sua insaputa. Non si contano poi, anzi sì, le donne kamikaze, per lo più vedove di combattenti ceceni, che si sono sacrificate in funzione anti russa provocando centinaia di morti. Tra il 2002 e il 2010 le kamikaze sono state oltre 20, compre le sei (tre incinte) morte il 23 ottobre 2002 nel teatro Dubrovka di Mosca (129 morti) e le tre dell’assalto alla scuola di Beslan, in Ossezia del nord (331 morti dei quali 186 bambini).

Eloisa Gallinaro