Pare proprio vero. Gheddafi, il rais, il colonnello per antonomasia, è stato ucciso. Una tacca in più sul calcio del fucile di un
giovane negro irresponsabile, che da Washington gioca a birilli col mondo, col gioioso concorso di inglesi e francesi.
Nelle guerre di aggressione non c’è mai nulla di bello; ma nella guerra contro la Libia si è raggiunto il culmine dell’osceno.
Nessuno ci dirà mai quanti morti sono stati causati dai democratici bombardamenti dei “liberatori”; nessuno ci spiegherà quando nacque l’improvvisa illuminazione, in virtù della quale si scoprì, dopo quarant’anni, che Gheddafi era cattivissimo, ma così cattivissimo da giustificare una guerra, mai dichiarata, contro uno Stato sovrano. Nessuno ci spiegherà come mai il mondo è pieno di regimi che vessano e massacrano gli oppositori, nell’indifferenza della cosiddetta comunità internazionale. Il Presidente Assad da mesi fa sparare sulle folle dei dimostranti? E chi se ne frega? La discriminazione contro i cristiani fa quotidianamente vittime ai quattro angoli della Terra? E chi se frega?
Adesso si può celebrare il festino dei vincitori della guerra vergognosa. Il petrolio libico si potrà spartire ben bene, ma
l’incosciente di Washington e i suoi complici anglo-francesi non sanno ancora se i “liberatori” che hanno finanziato e coccolato saranno tanto disponibili. Possiamo riempirci la bocca quanto vogliamo di parole come democrazia e libertà, facendo finta di credere che i successori di Gheddafi instaureranno un regime angelico e rispettoso della libertà di tutti. Possiamo anche far finta
di credere che i Fratelli Musulmani siano diventati d’un colpo moderati. Quando si è gettato via il pudore, si può credere a qualsiasi bugia che faccia da foglia di fico alla coscienza sporca.
Gheddafi è stato ammazzato, e finalmente il petrolio potrà essere ridistribuito e sarà chiuso lo scandalo della Banca Nazionale Libica, che aveva tolto la monetazione alle grandi banche private. Ma almeno in Italia, tra tanto tripudio internazionale, sarebbe opportuno il silenzio. Il nostro intervento contro Gheddafi, a fianco degli aggressori, ha un solo nome: tradimento. “Un bel tacer non fu mai scritto”, dice un proverbio. E invece, ecco le dichiarazioni di Berlusconi, di Frattini, di La Russa. Lasciamo da parte quelle di Napolitano, tanto ormai ogni giorno “dichiara” su tutto e su tutti. Ma davvero sembra una ricorrente maledizione storica questa Italia del 26 luglio e del 9 settembre, questa Italia spudorata che si crede furbissima voltando le spalle all’amico del giorno prima.
Vi prego, signori del Governo, di quello stesso Governo che ho tante volte difeso su queste pagine, osservate un opportuno
silenzio. Gheddafi è morto, e non è gloria per nessuno. Non è gloria per gli aggressori in prima battuta, ma i pirati agiscono da pirati, è il loro mestiere. Ma chi si associa ai pirati per colpire il “colonnello” a cui l’anno prima aveva dichiarato granitica amicizia, di cosa può vantarsi?
Non potremo neanche vantarci di un ricco bottino, perché i concorrenti alla spartizione sono troppo potenti, e ci riserveranno le
briciole. Tra il “realismo” e la totale immoralità dovrebbe esistere quello spazio in cui si pongono gli uomini seri. Non eravamo certo in grado di impedire l’aggressione alla Libia, ma potevamo ben evitare di leccare gli stivali dei cow boys. Se abbiamo ancora un briciolo di dignità, dimostriamolo con un bel silenzio.
Paolo Deotto