di Claudio Romiti
Ieri a Roma, una città messa a ferro e fuoco, abbiamo assistito ad un vergognoso spettacolo di violenza ideologica che ben conosciamo. In nome della cosiddetta giustizia sociale, un piccolo esercito di contestatori ben poco pacifici ha spaccato vetrine, dato fuoco alle auto e preso d’assalto caserme e blindati della polizia. Naturalmente, ed era scontato che accadesse, chi ha moralmente fiancheggiato una protesta dai contenuti deliranti ha sùbito preso le distanze dalle frange violente di tale contestazione, adottando la classica dicotomia sessantottarda dei famosi “compagni che sbagliano“.
In sostanza, soprattutto dalle parte della sinistra, l’idea sarebbe quella di considerare giusta e sacrosanta questa sorta di abbaiare alla luna contro la crisi, bollando solo i metodi sbagliati di coloro i quali, fattosi dominare dall’esasperazione e dalla frustrazione, hanno impugnato mazze, spranghe e bombe molotov.
Eppure, conoscendo il brodo di coltura in cui si sviluppano da sempre questi movimenti sedicenti democratici, si dovrebbero ben comprendere i motivi che spingono le fazioni più violente a cercare lo scontro fisico con tutto ciò che rappresenta l’autorità costituita. In queste minoranze di giovani contestatori la democrazia e la libertà d’espressione possiede un valore molto relativo.
A tale proposito, ricordo di aver partecipato oltre 20 anni orsono ad alcune assemblee autogestite durante l’occupazione universitaria della famosa Pantera. Ebbene, anche in quella circostanza i temi dell’iniziativa erano gli stessi di sempre: diritti e giustizia sociale, totale avversione per il sistema capitalistico a l’iniziativa privata. E se qualcuno si azzardava poco poco a cercare di portare un punto di vista appena diverso, veniva letteralmente cacciato a calci nel di dietro perché portatore di idee antidemocratiche.
In queste minoranze di contestatori autoreferenziali non è mai stato tollerato alcun punto di vista diverso rispetto ai dogmi del loro confuso egualitarismo che evoca ad ogni passo l’odio sociale. L’idea stessa di scendere in piazza contro immaginari nemici del popolo risulta propedeutica ad alimentare le spinte più aggressive presenti nella psicologia delle masse.
Per questo la pelosa presa di distanza di molti dirigenti della sinistra, in particolare quella che si definisce di governo, solo dalle violenze e non dalle tesi deliranti di chi cerca un capro espiatorio da abbattere non sono accettabili. Una sinistra seria e responsabile dovrebbe evitare di lisciare il pelo ad una minoranza organizzata di estremisti che, in sostanza, non propongono altro che far rientrare dalla finestra quel fallimentare comunismo gettato nella spazzatura dai popoli che lo hanno duramente sperimentato. E per questo noi moderati non possiamo che indignarci, civilmente però.
Claudio Romiti