ISLAM-S NEWSLETTER n°1 di:Valentina Colombo

ISLAM-S EDITORIALE BASTA ALLA PREDICAZIONE CONTRO I CRISTIANI!

PURTROPPO quanto è accaduto al Cairo lo scorso 9 ottobre non rappresenta né una novità per l’Egitto né per il mondo
islamico. Essere cristiani o ebrei, per non parlare di chi appartiene ad altri credi che non sono riconosciuti dalla religione
islamica oppure di chi si dichiara ateo, è estremamente difficile. E’ sufficiente limitarsi ai fatti più recenti.

L’11 ottobre scorso la polizia religiosa saudita ha arrestato Juan Pablo Pino, un calciatore di origine colombiana, perché trovato a fare acquisti in un centro commerciale a Riad indossando una maglietta a mezze maniche dalla qual spuntava il tatuaggio di una croce.

Il 14 ottobre a Islamabad si sono avute manifestazioni di piazza nonostante la sospensione della condanna a morte dell’assassino del governatore pakistano Salman Taseer – che aveva assunto le difese della cristiana Asia Bibi e chiesto la riforma della legge sulla blasfemia.

In Iran il pastore Yousef Nadarkhan sta subendo un processo perché accusato di essersi convertito al cristianesimo. Il vescovo Hubertus Leteng di Ruteng, in Indonesia, ha dichiarato a “Aiuto alla Chiesa che soffre”, che nel paese in cui opera, ovvero nel
paese con più musulmani al mondo, viene sempre più chiesto alle scuole cattoliche l’inserimento di docenti musulmani non appena si iscrivono studenti appartenenti alla religione di Maometto.

Per non parlare della condizione dei cristiani in Iraq e in Palestina. Lo scorso Natale, alla vigilia dell’ennesima strage d copti ad Alessandria, il vescovo della Chiesa copta in Germania, Damian Anba, ha dichiarato al settimanale tedesco Bild: “Più volte la polizia ci ha avvisati che gli estremisti islamici avrebbero potuto irrompere nelle nostre chiese durante le celebrazioni natalizie”.

Significa che i copti sono in pericolo non solo in Egitto, ma anche in Europa?

Ebbene, alcune dichiarazioni di copti residenti in Italia confermano la precarietà della loro sicurezza. Purtroppo i cristiani stanno pagando il prezzo di una predicazione islamica che sottolinea a ogni piè sospinto la propria superiorità, che accetta l’esistenza delle Genti del Libro solo se si sottomettono.

Uno dei capofila di questa predicazione è senza dubbio Yusuf Qaradawi, il teologo di riferimento dei Fratelli Musulmani. Qaradawi è non solo lo sheikh della televisione satellitare Al Jazeera, ma anche il presidente dell’Unione Internazionale degli Studiosi Islamici e ultimo, ma non meno importante, è il presidente del Consiglio Europeo per la Fatwa e la Ricerca, con sede a Dublino.

Nel suo testo fondamentale Il lecito e l’illecito nell’islam (“al-halal wa-al-haram fi al-islam”) nel capitolo riservato a “I rapporti del musulmano con il non musulmano” si legge: “Quelli fra loro che vivono in uno Stato islamico hanno una situazione particolare. I musulmani hanno convenuto di chiamarli gente della dhimma.
Questa parola significa trattato, patto. E’ quindi questo un termine che lascia intendere che godono del patto di Allah, del patto del Suo Inviato, la pace e la benedizione su di lui, e del patto della comunità islamica secondo i quali vivono in tutta pace esicurezza all’ombra dell’islam.” Più avanti Qaradawi aggiunge: “C’è una domanda che turba qualcuno e di cui alcuni discutono,
cioè: come si può esser buoni, gentili e conviviali verso i non musulmani quando il Corano vieta di essere gentili con ì miscredenti e vieta di prenderli come amici intimi o alleati: ‘O voi che credete, non sceglietevi per alleati i giudei o i nazareni sono alleati gli uni degli altri.
E chi li sceglie come alleati è uno di loro. Inverità Allah non guida un popolo di ingiusti’ (Corano V, 51)”. Lo sheikh
spiega che questo è il caso di coloro che sono nemici dell’islam. Quindi se cristiani e ebrei stringono un trattato e, come dice il Corano stesso, “pagheranno il tributo uno per uno, umiliati” (Corano IX, 29), allora vanno protetti, ma nel momento in cui si ribellano vanno combattuti.

E’ evidente che non tutti i musulmani eguono gli insegnamenti di Qaradawi, ma la maggior parte dei musulmani praticanti segue le sue trasmissioni, legge i suoi libri e la maggior parte dei predicatori islamici lo ritengono un’autorità.

Per tornare all’Egitto, Qaradawi il 18 febbraio scorso ha diretto la preghiera del venerdì in Piazza Tahrir, rivolgendosi a musulmani e copti, come a cittadini di un’unica nazione, ma in un’intervista pubblicata sul suo sito www.qaradawi.net ha dichiarato che l’idea di un Presidente egiziano cristiano o laico è “un’ipotesi non realistica […] sarebbe logico e naturale che il presidente d’Egitto fosse un musulmano praticante, non un laico o un cristiano.
Questo perché la maggioranza delle persone sono musulmane praticanti e no sceglierebbero la laicità.” Eppure solo la laicità potrebbe salvare sia i copti sia la maggioranza degli egiziani dal rischio di passare da un regime totalitario a una dittatura  islamica.

ISLAM-S DIZIONARIO: CRISTIANESIMO.

A differenza di quanto è accaduto con l’ebraismo, l’islam ha sin dalla sua nascita cercato di porsi in continuità con il cristianesimo. Il cristianesimo è la religione rivelata appena prima dell’islam, Gesù è il profeta che ha preceduto Maometto, anche se in base al rigido monoteismo islamico non è figlio di Dio, bensì figlio di Maria. La tradizione islamica si spinge ancora più in là perché cerca di stabilire un legame ancora più stretto tra le due religioni.

Nella biografia ufficiale di Maometto, si narra della profezia del monaco Bahira, uneremita che il futuro profeta dell’islam avrebbe incontrato da ragazzo nel deserto siriaco e che riconobbe in lui i segni della profezia.

Così narra la tradizione: “Quando il sole si fece più caldo, una nuvola a forma di scudo venne a fare ombra sulla testa del Profeta. Vedendo ciò il monaco aprì la porta del convento euscì. La gente della carovana si svegliò.
Bahira si strinse Maometto al petto e lo interrogo sulla sua condizione, su suo padre, sua madre e suo nonno. Maometto
gli raccontò tutto, compresa la storia degli angeli che gli avevano aperto il corpo. Bahira gli chiese che cosa vedeva in sogno di notte, e Maometto glielo disse. Tutto ciò collimava con quanto Bahira aveva trovato nei libri.
Gli guardò poi tra le spalle e gli scorse il marchio del Profeta. Allora disse a Abu Talib, zio di Maometto: “Cos’è per
te questo ragazzo?” Quello rispose: “E’ mio figlio”. Bahira rispose: “E’ impossibile che suo padre sia vivo”. Allora Abu Talib disse: “ E’ mio nipote.” Bahira domandò: “Dove lo porti?” L’altro disse: “In Siria”. Bahira disse: “Costui è il migliore fra tutti gli uomini della terra e il Profeta di Dio. La sua descrizione si trova in tutti gli antichi testi, così come il suo nome e la sua condizione.”

Non solo, ma secondo la tradizione islamica Gesù avrebbe persino annunciato la venuta di Maometto, come si evince dal seguente versetto coranico: “E quando disse Gesù figlio di Maria: ‘O figli di Israele! Io sono il Messaggero di Dio a voi inviato, a
conferma di quella Torah che fu data prima di me, e ad annunzio lieto di un Messaggero che verrà dopo di me e il cui nome è Ahmad!” (LXI, 6) In arabo Ahmad ha lo stesso significato di Muhammad ovvero “il più lodato”, “il lodatissimo”. Il riferimento è al Vangelo di Giovanni XIV, 16 e XVI, 7 in cui si preannuncerebbe non tanto l’arrivo di un “paracleto” ovvero di un “consolatore”, così come compare nel testo cristiano, bensì di un “periclito”, ovvero un “lodato”.
Quindi, secondo la tradizione islamica, i cristiani avrebbero alterato, falsificato il brano evangelico per celare l’annuncio
del sigillo dei Profeti, Maometto.

Quando si affronta il tema dei rapporti tra cristianesimo e islam, inevitabilmente si giunge a quello che può e deve essere considerato un nodo cruciale: la reciprocità. E quando si parla si reciprocità il tema della costruzione delle chiese, in modo particolare nella penisola arabica, è inevitabile.

L’intellettuale kuwaitiano Khalil Ali Haidar si domanda “Chi impedisce la costruzione delle chiese nella penisola arabica?” e ricorda il testo della fatwa emessa nel 1989 che così recita: “L’edificazione di qualsiasi luogo di culto appartenente a non musulmani sul territorio dell’islam è vietata, così come è vietato affittare a non musulmani locali da adibire a chiese o templi”. La rabbia di Ali Haidar è incontenibile: “Queste argomentazioni soddisferebbero i salafiti e gli altri islamisti se fossero utilizzati dagli europei, dagli americani e dagli altri ‘cristiani’ contro le ‘minoranze islamiche’ che vivono tra loro? Ne sarebbero forse appagati gli shaikh musulmani nei nostri paesi e in Europa?

Gli scrittori musulmani e le televisioni satellitari dell’islam politico sarebbero soddisfatti?” Ed ecco l’attacco diretto ai Fratelli Musulmani: “L’atteggiamento ostile alla costruzione delle chiese e alla libertà di praticare il proprio culto non è un’esclusiva dei salafiti, è un atteggiamento antico e radicato, talvolta sottaciuto per interessi precisi, nei Fratelli Musulmani.
In una loro rivista si è letto: ‘Nel periodo dell’indipendenza fu concesso, per la prima volta nella storia del Kuwait, anzi nella storia dei paesi del Golfo, anzi nella storia della penisola arabica, ai cristiani cattolici di costruire una chiesa e tutto
questo avvenne nel silenzio e nella calma perché i musulmani dormivano…’.”
Ali Haidar conclude descrivendo qualcosa che accade anche nelle città italiane: “Le ‘minoranze islamiche’ a Londra, Parigi  Berlino non si astengono dall’esibire i loro ristoranti, i loro libri, il loro digiuno, i loro doveri, la loro carne halal, i loro vestiti, le
loro barbe e i loro sentimenti, anzi manifestano apertamente il loro odio nei confronti degli inglesi e dei francesi infedeli… tutto questo è forse consentito ai non musulmani nei nostri paesi… in particolare ai ‘cristiani’?!?”

La condizione dei cristiani è preoccupante anche in Indonesia, nel paese con il maggior numero di musulmani al mondo, dove il “Fronte dei difensori islamici” ha scatenato nel 2005 una campagna culminata nella chiusura di decine di chiese, ufficialmente perché “non autorizzate”. Il primo settembre dello stesso anno a Harguelis, nella Giava Occidentale, un tribunale ha condannato tre donne, Rebekka Zakaria,

Eti Pangesti e Ratna Bangun a tre anni di carcere per aver permesso a dei bambini musulmani di partecipare alle manifestazioni
scolastiche di domenica che comprendevano anche l’ingresso in chiesa. Teniamo presente che tutto ciò è avvenuto, e purtroppo
avviene ancora, in uno Stato costituzionalmente laico, dove è sancita la libertà religiosa. L’esplosione dell’intolleranza islamica ha coinciso con l’arrivo al potere di Abdurrahman Wahid che dal 1999 al 2001 ha guidato il governo. Wahid era considerato dai più un musulmano “moderato”.
Al pari di Omar al Telmessani dei Fratelli Musulmani in Egitto e Ahmad Yassin di Hamas a Gaza negli anni Settanta, Abassi Madani del Fis in Algeria negli anni Ottanta, Necmettin Erbakan del partito Refah in Turchia negli anni

Novanta. Ebbene è un dato di fatto che l’ideologia dello scontro e della violenza religiosa nei confronti dei nonmusulmani hanno puntualmente fatto seguito all’entrata nella scena politica di forze integraliste islamiche che affermano di incarnare il “vero islam”.

Un ultimo spunto di riflessione sui rapporti tra islam e cristianesimo ci viene da Elham Manea, docente all’università di Zurigo, che di rientro dal Meeting di Rimini del 2006, al quale era stata invitata per partecipare all’incontro “Islam e libertà: la donna è la soluzione”, ha scritto un significativo articolo dal titolo “Dov’è l’amore?” in cui si legge: “Dov’è oggi l’amore per l’uomo, l’amore per l’altro, nella nostra religione? L’amore per l’uomo in quanto uomo. Perché appartenente al genere umano.

Perché Dio lo ha creato, come me e come te. Lo ha plasmato dall’argilla. E gli ha dato vita. Ho cercato invano quest’amore. La voceche oggi sentiamo levarsi alta ci dice: ‘Non amate l’altro!’, ‘Odiatelo!’, ‘Non sedetevi con l’altro, non fidatevi!’, ‘Maleditelo
di nascosto!’” E rivolgendosi ai predicatori d’odio che attizzano le folle pone delle domande scottanti: “Quante volte i nostri shaik hanno definito miscredenti i cristiani?”.

“Che cosa accade a un musulmano che vuole convertirsi al cristianesimo?”, “Che cosa accade a una musulmana che vuole sposare un cristiano?”, “Perché volete che gli altri rispettino i nostri sentimentivquando voi non rispettate i sentimenti altrui?” E’ l’appellodi una musulmana che, con coraggio e onestà intellettuale, si batte ogni giorno per affermare la libertà propria e
altrui a favore di un dialogo vero e dovremmo sempre tenerlo presente.

Quindi se il dialogo tra islam e cristianesimo è auspicabile, è comunque doveroso che avvenga partendo dai migliori presupposti
ovvero l’onestà e il reciproco rispetto dell’altro.

COPTI. “Se fossi un copto squarcerei i cieli d’Egitto e del mondo con le mie grida denunciando il clima di oppressione in cui i copti egiziani vivono oggi. Se fossi un copto comunicherei al  mondo intero le ingiustizie che molti copti hanno subito a partire dal 1952 e hanno impedito loro di occupare ruoli amministrativi e politici che meritano. Se fossi un copto griderei con tutto il fiato in gola contro le enormi ingiustizie che fanno sì che io paghi tasse che vengono poi versate dallo Stato a al-Azhar che non ammette i copti in nessuna facoltà”.
Questo è l’appello lanciato da Tarek Heggy, uno dei più importanti pensatori liberali arabi, in un suo tanto toccante quanto coraggioso articolo dal titolo “Se fossi copto” in cui denuncia le terribili condizioni dei cristiani copti nel proprio paese.

A quanto pare è stato preso in parola. In occasione del Natale del 2007, il presidente dell’associazione “Voice of the Copts”, l’architetto Ashraf Ramelah ha inviato una lettera infuocata all’ambasciatore egiziano negli Stati Uniti e a quelli in Italia e presso la Santa Sede in cui si legge: “Ogni anno diplomatici e membri del governo egiziano si recano a rendere visita alle Chiese copte in Egitto e all’estero durante la festività natalizia. Nonostante siano sempre stati ricevuti dai nostri leader religiosi, vorrei chiarire che la loro presenza non è mai stata gradita. E’ per questo motivo, che chiedo a Lei e agli altri diplomatici egiziani di annullare questa visita annuale di ‘facciata’, perché non siete graditi. Per anni, infatti, il governo ha utilizzato il giorno del Natale della Chiesa copta per dimostrare all’Occidente di promuovere il pluralismo religioso. Le visite degli ufficiali egiziani, inoltre, sono sempre accompagnate da messaggi di propaganda, in cui si sottolinea che il governo non fa distinzioni fra i suoi cittadini. Ma così non è. Noi copti (quasi quindici milioni di persone soltanto in Egitto) e altre minoranze, come i bahai, siamo in realtà continuamente discriminati dal governo egiziano sia sul posto di lavoro, sia nella vita quotidiana”.
Purtroppo è la triste ealtà. Arresti ingiustificati. Ragazze copte rapite e costrette alla conversione. Studentesse obbligate a indossare il velo. Discriminazione in seno all’amministrazione pubblica. Il tutto è il frutto di un dilagare inarrestabile del movimento dei Fratelli Musulmani e della conseguente inamovibilità dell’articolo 2 della costituzione egiziana che vede l’islam religione di stato e, soprattutto, la sharia fonte principale della legge.

L’ostilità dei Fratelli Musulmani nei confronti dei copti è confermata da molte dichiarazioni, fatwe e documenti.

Nel dicembre 1980 la rivista al-Daawa, legata ai Fratelli musulmani, ha pubblicato una fatwa
che proibisce la costruzione di nuove chiese in Egitto come denuncia Tarek Heggy: “Se fossi un copto esprimerei tutta la mia rabbia perché devo pagare tasse usate per costruire decine di moschee quando lo Stato egiziano non ha mai pagato una lira per la costruzione di una sola chiesa a partire dal 1952, con l’unica eccezione di una donazione attuata 40 anni fa dal Presidente Nasser per la costruzione della cattedrale di San Marco ad Abbaseya”.

Nel maggio 2005, Mohammed Habib, destinato a diventare la prossima Guida suprema dei Fratelli Musulmani, in un’intervista
al quotidiano al-Zaman ha dichiarato: “Quando il movimento andrà al potere, sostituirà la presente costituzione con una islamica, in base alla quale a un non musulmano non verrà concesso di occupare un posto di potere, sia nello Stato che nell’esercito, perché questo diritto spetta solo ai musulmani. Se gli egiziani decideranno di eleggere un copto alla presidenza, protesteremo perché questa scelta spetta solo a noi.

I Fratelli Musulmani giocano anche sui numeri sostenendo che i copti rappresentino solo il 6% della popolazione egiziana, quando invece ne rappresentano almeno 12,5%. Inoltre non va sottovalutato che negli ultimi anni la maggior parte degli attacchi violenti nei confronti dei copti egiziani siano avvenuti di venerdì, ovvero il giorno della preghiera comunitaria nelle moschee che in Egitto sono per la maggior parte gestite dai Fratelli Musulmani.

Il presidente del Middle East Freedom Forum, Magdi Khalil, ha parlato di “venerdì neri” per i copti

Un’altra denuncia proviene da Amel Grami, docente all’Università della Manouba a Tunisi e membro del Gruppo di Ricerca Islamo-Cristiano (GRIC) con sede a Parigi. Quando il 26 aprile 2007 si è diffusa la notizia che dieci cittadini egiziani copti che, dopo essersi convertiti all’islam, hanno rinnegato la fede musulmana per tornare al cristianesimo, resteranno musulmani ufficialmente e che un tribunale del Cairo ha affermato di non poter certo obbligare il ministero degli Interni egiziano ad emettere per loro nuovi documenti d’identità, sui quali è obbligatorio riportare l’appartenenza religiosa, la Grami che già due anni prima, aveva denunciato che “l’insistenza del governo a ribadire che la costruzione, il restauro di chiese sono attività che richiedono un permesso significa che lo stato non è in grado di accettare i mutamenti della storia”, ha ricordato che ormai “le giovani copte vengono obbligate a convertirsi all’islam” e che alcune di loro sono state costrette persino a indossare il velo “islamico” a scuola.

Il gioco dei Fratelli Musulmani è facilitato anche dal fatto che sulla carta di identità di ogni cittadino egiziano sia obbligatorio specificare ancora oggi la religione di appartenenza con la conseguente discriminazione derivante dal non essere musulmano. A questo punto c’è da domandarsi perché la comunità internazionale chiuda gli occhi innanzi alla negazione dei diritti civili e religiosi fondamentali e non si mobiliti.

I copti stanno chiedendo aiuto al mondo intero. Ora tocca al mondo rispondere affinché si realizzi il sogno espresso di recente da un altro pensatore liberale egiziano, Hesham Eltoukhi: “Sogno che un giorno finisca ogni genere di segregazione, che si fermi ogni genere di oppressione, che tutti gli egiziani siano uguali, e che la ‘religione sia di Dio e l’Egitto degli egiziani”. I fatti dello scorso 9 ottobre confermano purtroppo che il sogno di Eltoukhi non si è realizzato nemmeno dopo la tanto osannata rivoluzione del Loto.