Cristiani cacciati dal Medio Oriente: Europa e Usa scelgono di lasciar fare

Si disegna all’orizzonte il tramonto della bimillenaria presenza cristiana in Medio Oriente, così come il 1948 segnò la cacciata degli ebrei da tutti i Paesi arabi. La Chiesa, l’Europa, chi se non noi, sodali e fratelli nella civiltà giudaico cristiana, dovremmo avere il buon senso di difenderla, di porre condizioni d’acciaio alle famose primavere arabe: se volete fiorire, non lo farete col nostro aiuto se continuate a perseguitare e uccidere i cristiani.
Perché questa è una tendenza per niente episodica ma strutturale, che ha già cambiato la faccia dei Paesi arabi.

Il Papa dette segno di averlo capito bene quando invitò alla tolleranza e alla razionalità all’Università di Regensburg nel 2006. Poi però la Chiesa non ha resistito alle pressioni, l’Europa si è scansata, gli Stati Uniti sono stati presi nella fallace politica di Obama. Tutti abbiamo visto le scene del Cairo che hanno fatto circa 40 morti e più di 200 feriti, quasi tutti copti. È triste che il primo ministro Essam Sharaf abbia commentato: «Qui ci sono mani straniere coinvolte». Un complotto sionista naturalmente. E quell’auto dell’esercito che, passando sulla testa di un copto, gliel’ha ridotta a poltiglia, quel militare che ha gridato entusiasta
«Ho sparato nel petto a un copto», e il suo compagno che entusiasta gli rispondeva «Per Dio, tu sì che sei un uomo» parlano di disprezzo razzista, di pericolo imminente per gli otto milioni di copti. E poiché essi hanno ormai capito che la rivoluzione ha liberato forze autocratiche ed estremiste, se ne andranno per quanto possono.

Non saranno i primi cristiani che lasciano i musulmani, antichissimi coinquilini: al tempo dell’indipendenza del Libano dalla Francia, nel ’46, i cristiani erano la maggioranza, ora sono meno del 30 per cento. In Siria erano metà della popolazione, ora sono il 4 per cento; in Giordania, venticinque anni fa, erano il 18 per cento, ora solo il due. I Paesi musulmani, per la maggioranza, non vogliono i cristiani, o sono preda di chi non li vuole: in Arabia Saudita il cristianesimo è proibito, in Iraq l’anno scorso proprio in questo mese 58 cattolici furono sterminati in una chiesa, dieci anni fa c’erano 800mila cristiani, oggi sono 150mila. In Iran, sotto lo Scià la vita era possibile, poi i cristiani sono stati dichiarati, con i bahai, gli ebrei e chiunque non sia sciita «in guerra contro Dio» e sono soggetti a arresti, torture, morte. Solo dal giugno 2010 sono stati arrestati 250 cristiani. Tutti conoscono l’episodio di Yussef Nadarkhani, un prete evangelico arrestato due anni e condannato a morte per apostasia. Di fronte alla reazione internazionale, è rimasto condannato, ma per stupro. A Betlemme i cristiani, da quando nel ’94 l’Autorità Palestinese governa, dall’80 per cento sono scesi al 20. A Gaza dove sono solo 3000, ci sono omicidi, i luoghi di culto vengono bruciati, la persecuzione è piena. Un po’ più lontano in Pakistan i cristiani vengono aggrediti ogni giorno.

Come reagiamo noi europei? Malissimo se si pensa che il patriarca maronita cattolico Bechara Rai, recatosi da Sarkozy per dire di essere preoccupato per i cristiani di Siria nel caso Assad venga deposto (non è una difesa del rais, ma l’annuncio di una presenza islamista attiva sul campo) è stato trattato come un paria e quando è andato in America Obama non l’ha ricevuto. Il politically correct delle “primavere” è legge. E durante l’ultimo sinodo, qualche mese fa, la Chiesa ha preferito attaccare Israele con gli arabi nazionalisti. L’Europa, gli Usa dove sono? Questo atteggiamento, è evidente, si trasforma in complicità con la persecuzione dei cristiani, che si aggrava quanto più la briglia delle rivoluzioni fluttua libera sul collo degli estremisti islamici.

La Presentazione del rapporto sull’antisemitismo dal titolo:. “Documento conclusivo del  Comitato di Indagine Conoscitiva sull’Antisemitismo” avrà luogo lunedì 17 ottobre 2011 alle ore 10,30 nella Sala della Lupa.

Fiamma Nirestein