Questo grosso grasso matrimonio greco…quanto costa?

La crisi dell’eurozona è entrata nel suo diciannovesimo mese. Sono molte le proposte sul tappeto per uscire dall’impasse, ma nessuno è in grado di decidere, né ha titolo per decidere. Nella realtà molto dipende dalle intenzioni
tedesche.

La Germania e l’Unione Europea

L’UE non è una creazione della Germania, è un’idea della Francia per garantire la propria posizione nell’Europa postbellica. Ma dalla fine della Guerra Fredda la Francia ha perso la sua posizione centrale in Europa a scapito della Germania, che con la riunificazione ha incrementato il proprio peso demografico, economico e politico.

Negli ultimi anni Berlino ha cercato di rimodellare l’Europa puntando sulla sua forza economica. In cambio dell’aiuto finanziario ora chiede – ovviamente – ai paesi insolventi di modificare le loro economie e le loro politiche fiscali e sociali. Molte parti d’Europa rischiano di essere nei prossimi decenni colonie economiche della Germania.

Sul piano geopolitico la Germania è vulnerabile: la pianura tedesca è ricchissima, ma la costa settentrionale è interrotta dalla Danimarca, i suoi tre fiumi non sono interconnessi e due di questi sfociano fuori della Germania. Il paese ha sempre dovuto reggere a sfide provenienti sia da est che da ovest. Nei periodi di debolezza i suoi vicini l’hanno smembrata, nei periodi di forza i suoi vicini si sono coalizzati per neutralizzarla.

La fine della Guerra Fredda è stato il momento di svolta nella storia tedesca contemporanea: la Germania ha finalmente ritrovato l’unità e,  per la prima volta, non ha dovuto preoccuparsi di preordinare la difesa contro
possibili attacchi dai paesi vicini.
Berlino ha interesse a mantenere la competizione con i vicini sul piano economico,   perché sul campo di battaglia non ha nessuna speranza di ottenere risultati – come dimostra la storia. Espellere dall’eurozona i paesi che circondano la Germania e sono tradizionalmente in competizione con lei alimenterebbe di nuovo astio e voglia
di vendetta.

Ma il trasferimento di fondi dalla Germania agli stati periferici più poveri – alla Grecia nella fattispecie – non può essere una soluzione definitiva – che si tratti di trasferimenti diretti o di ristrutturazione del debito o di default pilotato. I cittadini tedeschi non accetterebbero di sovvenzionare costantemente gli altri stati europei.

La Grecia peraltro ha ben poche possibilità di aumentare il PIL e generare capitale: ha un piccolo territorio povero e periferico. L’economia greca si regge su tre pilastri

1)   Trasporti marittimi: ma l’industria navale greca non può competere con le grandi compagnie  internazionali, che  attualmente si trovano in Norvegia, Cina e Corea;

2)   turismo: è una buona fonte di reddito per le famiglie, ma non è sufficiente per coprire anche i costi di uno stato moderno;

3)   aiuti esterni: grazie alla sua posizione strategica a cavallo fra oriente e occidente, la Grecia è spesso un baluardo difensivo sostenuto da altre potenze. Dopo l’indipendenza la Grecia ricevette grande aiuto economico dall’Inghilterra, che se ne servì in chiave anti ottomana; durante la guerra fredda ebbe l’appoggio degli Stati Uniti, che volevano tenere i Russi fuori dal Mediterraneo. Dopo l’ingresso nell’UE e nell’eurozona ha avuto accesso ai fondi europei e a prestiti a tassi
d’interesse molto bassi. Per questo negli ultimi trent’anni  la Grecia ha avuto il più alto tasso di crescita del tenore di vita nell’eurozona. Ma la festa è finita. La crisi economico-finanziaria ha posto fine ai prestiti a basso costo.

La Grecia è precipitata rapidamente nel baratro, con un debito vicino al 150% del PIL – senza contare i debiti delle banche. Si tratta di un debito insostenibile.

La Grecia non sarà mai una minaccia per la Germania, perciò i Tedeschi vorrebbero farla uscire dall’Eurozona.Ma Atene andrebbe immediatamente in default, non restituirebbe i soldi agli investitori esteri, e molte banche europee che detengono titoli greci rischierebbero il fallimento, scatenando una reazione a catena che metterebbe in ginocchio il sistema bancario europeo, compreso quello tedesco. Occorre impedirlo, ed impedire anche il fallimento delle banche greche che detengono la maggior parte dei titoli di stato greci – circa 500 miliardi – perché coinvolgerebbe l’intero sistema bancario europeo.

Un’uscita problematica

Il debito greco deve essere ‘isolato’ per evitare che il suo fallimento porti al crollo del sistema finanziario europeo: il costo di fare questo, per l’immediato, si aggira sui 400 miliardi di euro. Ma oggi non esiste la possibilità di uscire dall’Euro senza abbandonare anche l’UE – d’altra parte la Grecia ha interesse a rimanere legata all’Europa soltanto se può ottenere ancora prestiti.

Lo scorso agosto la direttrice del Fondo Monetario (FMI) Christine Lagarde ha detto che è necessario iniettare 200 miliardi di euro nel settore bancario prima di  affrontare la prossima fase della crisi greca, per evitare fallimenti che causerebbero un’ondata di panico. Finora gli Europei hanno ipotizzato di stanziare per il Fondo di Stabilità Finanziaria una cifra pari al valore delle obbligazioni (dei paesi con debito eccessivo) in scadenza nei prossimi tre anni. Nel caso dell’Italia, che ha un debito di 1,9 trilioni di euro, si tratterebbe di una cifra che oscilla fra i 700 miliardi di euro – in
base alle statistiche del governo italiano – e i 900 miliardi – secondo statistiche di terzi. Tenendo conto di tutte le variabili,  far fronte al panico dei mercati per l’espulsione o il fallimento della Grecia potrebbe costare circa 2 trilioni di euro.

Come trovare i fondi?

Il fondo salva-stati (EFSF) attualmente dispone di 440 miliardi di euro. Ma nel caso di una teoretica espulsione della Grecia, l’UE dovrebbe avere a subito a disposizione almeno 700 miliardi di euro; l’FMI potrebbe partecipare al salvataggio, stanziando una cifra non superiore ai 150 miliardi.

Il resto dovrebbe essere racimolato sul mercato obbligazionario attraverso l’EFSF, con la garanzia degli stati forti dell’eurozona, soprattutto della Germania. Per raggiungere i 2 trilioni di euro  che metterebbero in sicurezza il sistema, ciascun paese dell’eurozona dovrebbe devolvere allo EFSF il 25% del proprio PIL! Anche il debito pubblico di Francia e Germania raggiungerebbe così il 110% del PIL. (cdf)