SINISTRA CHIC – I soliti sogni di rivoluzione

di Claudio Romiti

Lo ammetto, da molto tempo provo una viscerale antipatia per il pensiero politicamente corretto di una certa sinistra radical-chic. Quella sinistra salottiera che ritiene sempre di avere il pensiero giusto al momento giusto. In merito alla vicenda libica, la quale sembra oramai nella sua fase conclusiva, queste anime belle, che trovano un ottima sponda mediatica in Rai3 e ne La7, si stanno sperticando in un alto elogio della libertà ritrovata.

In sostanza, attraverso la solita e molto elementare divisione del mondo in buoni e cattivi, le stesse anime belle del progressismo hanno definitivamente condannato Gheddafi nel tribunale dell’ideologia, esaltando a credito ogni virtù futura dei cosiddetti liberatori libici. Tutto questo dimenticandosi che, in passato, molti di questi attempati radical-chic avevano invece eletto il colonnello-dittatore come il baluardo africano contro l’imperialismo occidentale guidato dall’America.

Oggi, invece, costoro trovano più agevole e politicamente funzionale utilizzare l’ex capo della Libia come il più classico dei capri espiatori a cui attribuire le colpe di tutti mali che, reali o presunti, abbiano afflitto il suo popolo. Ma c’è di più. Si coglie in questa delirante esaltazione della rivolta, e non solo nel caso libico, il retaggio mai completamente rimosso del sogno rivoluzionario in cui le amate masse abbattono il palazzo dei potenti, stile presa della Bastiglia o assalto bolscevico del Palazzo d’inverno.
Nella mente di questi fautori di una libertà molto astratta e, francamente, oleografica si coglie una antica aspirazione efficacemente sintetizzata da un sessantottesco motto maoista, secondo il quale “ribellarsi è giusto” a prescindere. Sembra quasi che quando la piazza si arma e combatte contro il potere, secondo una tale visione, abbia ragione per definizione.

In questo schema bianco-nero non c’è spazio per posizioni intermedie: o si per la libertà, molto teorica e spesso inafferrabile, o si sostiene l’oppressione. Pertanto, tornando al caso libico, in quel sommovimento i nostri sinistri radical chic continuano a vederci il trionfo escatologico della innata spinta popolare alla democrazia ed alla libertà.

Ciò presupponendo che da tale, irresistibile spinta dovranno necessariamente scaturire condizioni di esistenza migliori per tutti i membri di quella collettività. Sarà così, ma spesso la storia ha dimostrato che rivoluzioni “popolari” e stravolgimenti violenti di un certo ordine costituito hanno portato i comuni cittadini a cadere dalla padella alla brace.
Staremo a vedere.

Claudio Romiti