ITALO BOCCHINO – Se il futurista gioca a fare il liberale

Italo Bocchino

di Claudio Romiti

Si sa che fare i liberali dall’opposizione è uno degli esercizi preferiti da molti nostri politici di professione. Tuttavia, come sta accadendo a Italo Bocchino, un simile liberalismo risulta piuttosto loffio. Il braccio destro di Fini, infatti, ha tirato fuori dal suo cilindro una geniale proposta per contenere la spesa pubblica e, contestualmente, sostenere l’occupazione.

La sua idea: mettere mano alle pensioni con un intervento tale da consentire un risparmio di 10 miliardi di euro all’anno, utilizzando almeno metà di questi soldi in un fondo pubblico per il lavoro giovanile e femminile. Naturalmente, a sostegno di questa proposta, Bocchino ha utilizzato a piene mani la demagogia anticasta, dichiarando la bontà di usare le risorse risparmiate dallo Stato in qualcosa di socialmente desiderabile, in questo caso l’incentivo all’occupazione, anziché farle finire, testualmente, nelle auto blu o nei costi della politica.

Quindi gli eventuali soldi sottratti alla voragine previdenziale dovrebbero passare attraverso una ulteriore decisione politico-burocratica per essere spesi. Ora, a Bocchino non viene in mente che forse la strada più corretta, all’interno di un sistema pubblico che intermedia oltre il 53% della ricchezza prodotta, sarebbe quella di utilizzare ogni eventuale risparmio nella direzione di un abbattimento delle tasse, debito pubblico consentendo?

Possibile che il “liberale” Bocchino non comprende che siamo arrivati al punto in cui ci troviamo proprio a causa di un sistema politico che ha preteso di sostituirsi al mercato, ritenendo di pianificare la produzione della medesima ricchezza attraverso tutta una serie di atti deliberati?

Eppure, anche a chi proviene da una solida tradizione statalista di destra dovrebbe essere chiaro che qualunque intervento pubblico diretto nei settori economici, come per l’appunto l’auspicato sostegno all’occupazione giovanile e femminile, non può che determinare un effetto distorsivo, alterando pesantemente l’unico equilibrio in grado di dare prosperità a chi lavora: il mercato e la libera concorrenza.

Soprattutto in Italia la partita di giro prelievo fiscale-spese a sostegno dello sviluppo dà sempre un saldo negativo per l’economia reale, favorendo il parassitismo dei gruppi organizzati e di chi è propenso a scambiare il proprio voto con qualche beneficio. Non ci siamo, non è questa la strada, onorevole Bocchino, per riprendere la strada della crescita.
Ritenti, la prossima volta sarà più fortunato!

Claudio Romiti