“Siamo sconcertati per le misure di contrasto all’evasione fiscale previste dall’emendamento presentato dal governo”. Così Confindustria, preoccupata perché “rischia di penalizzare le imprese corrette nel rapporto col Fisco”. Potrebbe essere la cartina di tornasole delle scelte del governo in una materia tanto delicata.
La confederazione degli industriali ha più volte detto che la mancata lotta all’evasione avrebbe favorito i disonesti presenti in ogni categoria. Se il governo finalmente agisce nel senso più volte auspicato, e gli industriali reagiscono in modo così irritato, qualcosa non funziona. Tutto lascia pensare al dilemma di sempre tra parola e azione. Parlare di lotta all’evasione, nei tanti convegni di categoria che si tengono in Italia, è argomento di assoluto interesse; passare dalle intenzioni ai fatti mi fa venire in mente un vecchio detto:”Parlar di morte è un conto, altro è morire”.
La nostra atavica furbizia ci porta a pensare che le leggi siano fatte per gli altri, ma ci irrita molto vedere che colpiscono anche noi. I principi liberali aborrono il fisco occhiuto e vessatorio poiché un patto tra produttori e Stato deve essere fondato sulla fiducia reciproca, fino a prova contraria. Non può lo Stato agire nei confronti dei produttori di beni e servizi nella presunzione che essi siano dei potenziali delinquenti.
Non possono sostenere questi ultimi che lo Stato sia fiscalmente vessatorio se scrive e applica norme indispensabili al rispetto delle regole date. Un po’ di equilibrio farebbe del bene al Paese, ma sembra merce sempre più rara proprio nei momenti di più assoluta necessità.
Guglielmo Donnini