I ribelli libici sperano di ”liberare il mondo dall’insetto” Muammar Gheddafi. Lo ha detto oggi il colonnello Ahmed Omar Bani, portavoce militare degli insorti, in una conferenza stampa a Bengasi (est). ”Noi, speriamo che Gheddafi sia sempre in Libia in modo da poter liberare il mondo da questo insetto – ha detto Bani – L’unico modo per venire a capo di questa peste e’ quello di costringerlo a pagare per i crimini che ha compiuto in Libia”.
Ma Vi siete chiesti come si è arrivati, alla situazione attuale?
La situazione attuale in Libia si è generata in seguito alle oscillazioni del colonnello Gheddafi in politica internazionale e per la scarsa chiarezza delle sue posizioni, con i continui spostamenti rispetto ai possibili protagonisti della scena mondiale e rispetto al potenziale petrolifero libico. Probabilmente, anche, per la situazione geopolitica africana che mediterranea. Gheddafi ha cambiato più volte simpatie: da quelle panafricane a quelle fondamentaliste, dopo esserci avvicinato ai paesi della Nato e soprattutto alla Francia, per poi tornare sui suoi passi. All’inizio del 2010 Gheddafi si è allontanato dalle potenze occidentali, lanciando segnali di vicinanza al blocco alternativo che si contrappone all’egemonia statunitense composto da: Russia, Cina, Iran, Venezuela, Brasile e India.
Le differenze con i due blocchi con schieramenti molto netti, sono tante. In primo luogo il fatto che il potere decisionale è molto più nelle mani delle lobbies economiche che in quelle dei governi. Le divisioni, però, esistono. Non si può parlare di Guerra Fredda, ma in un mondo in continua evoluzione le divisioni esistono come esistono i blocchi interstatali e sovrastatali. In una situazione in cui la Nato, non esiste più se non per fare danni, dove la Cina, è ormai padrona di quasi tutte le risorse dell’Africa, i Paesi occidentali non potevano essere indifferenti nei confronti delle riserve petrolifere libiche.
E la similitudine con l’intervento anglo-francese che avvenne nel 1956 a Suez, contro il panarabismo di Nasser è evidente. E anche questa volta, sono intervenuti con i finanziamenti, i media, la politica e la diplomazia, ed anno sostenuto il movimento degli insorti, in Libia, nato a Bengasi, dove è partita la rivolta. Le prove di questo appoggio ai ribelli ci sono, anche se in Italia non ne parla nessuno. La stampa francese (un po’ più libera dei nostri servi pennivendoli), invece, lo sta denunciando da tempo. Lo scenario è da guerra civile. Ma senza l’appoggio della Nato, che ha fatto la forza d’interposizione solo per un paio di giorni, poi è passata a bombardare unilateralmente i lealisti, non ce l’avrebbero mai fatta.
E l’Italia? Traditori!
Quando abbiamo firmato il Trattato di Amicizia, firmato nonostante tutto, è stato disatteso.
La nostra posizione è quella di un Paese che dopo aver firmato un trattato di amicizia l’ha rotto in maniera unilaterale e non si può far finta di finta di niente.
Quando si parla di fedeltà alla parola data e agli impegni non si può privilegiarne alcuni rispetto ad altri. Noi siamo membri della Nato, ma siamo un Paese sovrano e avevamo stipulato un patto con la Libia, governata da Gheddafi o Pinco Pallo non ha importanza. Oggi il tiranno è in prima pagina, ma nessuno può dire che non si sapeva cosa faceva Gheddafi. L’abbiamo sempre saputo.
Ed ora? In questo momento, tutte queste forze hanno un interesse comune, un nemico comune. La fine di Gheddafi, qualunque sia, è l’obiettivo condiviso. Ucciso, processato, suicidato non è importante…
Quello che gli stati occidentali stanno cercando di fare è appoggiare un governo di coalizione tra le diverse anime e le diverse tribù della Libia. Ci sono elementi vicini all’Occidente, ma sono molti anche quelli che guardano con favore a un Islam radicale, compresa quell’area che un po’ genericamente da noi viene definita al-Qaeda.
Le potenze occidentali tenteranno in tutti i modi di tenere unite queste anime, per non far scivolare il Paese nella lotta tra bande. Anche se, in questi giorni, alcune fazioni dei ribelli si sparano già tra loro. Ma di questo sulla stampa italiana non c’è traccia. Lo scenario più probabile è quello di un governo di coalizione, a grandi linee filo occidentale e – almeno per i nostri mass media – democratico. Che si occuperà di spartire le ricchezze del Paese, come dimostra l’Italia, che in tutta fretta ha voltato le spalle a Gheddafi. Riuscendo, come l’Eni, a raccogliere le briciole lasciate dai francesi.